“Alpini 1918, luogo qualunque tra le valli alpine”, poesia premiata a Cortemaggiore

Nasce così, dall’ispirazione di un momento, e la penna vola sul foglio bianco mentre le mani sembrano sprofondare nel magma profondo dei ricordi, delle sensazioni magari per anni rimaste latenti negli abissi della memoria. Come aprire uno, due, tre cassetti e i ricordi fluiscono, s’intrecciano, si scompongono, liberi della polvere, ritornano splendenti, luminosi, emergenti da un lontano passato vogliosi d’essere presente. E la penna corre, un verso, un collegamento, il senso, l’insieme, il bianco del foglio lascia spazio al segno e i versi si dan forma.

 

Così, così nasce la poesia.

 

Sinceramente, non riesco a concepire [ e li guardo con ammirazione ] quanti scrivono come valanga, una poesia al giorno e anche più e chi scrive poesie quasi “a comando”, su richiesta, magari per partecipare a concorsi col tema definito. Io no, io non so, non so fare così. Forse scrivo 10, forse 12 poesie all’anno e la frequenza non è mai mensile, regolare, costante. Lunghi silenzi, come un deserto arido con la terra rotta in zolle secche dove vivono ratti e serpenti con le ossa biancheggianti degli sventurati mammiferi di passaggio in quel deserto del mio poetare spento.

 

Poi, improvvisamente, l’oasi, l’acqua limpida, la vegetazione con le palme a regalare ombra, insomma la poesia che nasce, incontenibile, inarrestabile e le sabbie, aride, del deserto, diventano natura lussureggiante.

 

Così, sul finire dell’estate, è nata “Alpini 1918, luogo qualunque tra le valli alpine”: i cassetti aperti?

 

Le emozioni delle serate ‘contro tutte le guerre’, a Piacenza, Borgonovo, Gropparello, da ultimo a Pontenure, rap-presentazioni con Fausto per il nostro libro “Scendea fischiando feroce sorella morte Poesie e note di guerra 1937 1945”, serate nelle quali abbiamo parlato (e il pubblico ha interloquito, ha approfondito, ha raccontato, ha integrato, da Carmelo Sciascia a Vittorio Melandri, da Ferruccio Braibanti ai tanti dei quali ignoro nome e cognome) della seconda ma anche della prima guerra e di quelle che ci sono e di quelle che verranno ricordando che “la guerra giusta e bella della retorica non esiste, in guerra semplicemente si muore”.

I miei ricordi di naja, da Alpino con la penna nera, a Cuneo e poi ad Aosta, le esercitazioni, le giornate a pulire la caserma, la marcia del Cervino tra la tempesta di neve, sorpresi a 2400 metri con, in breve, la neve fino al ginocchio ed era il 1° d’agosto. L’esercitazione tra i monti di Cuneo, forse a Limone Piemonte, in marcia di notte in un bosco e, una volta addentrati nella gola dove scorreva un rio, i “nemici” a lanciare lacrimogeni senza che fossimo dotati di maschere antigas sparando a raffica con i traccianti delle mitragliatrici. Tutti morti. Le sere nella taverna, il vino, la grolla col caffè e molta grappa, il latte di suocera e in mente la ragazza bionda con la gonna e i fiori blu. Il ritorno in caserma a notte fonda con la complicità del presidio di guardia, capoposto e sergente inclusi, portando a peso il soldato in coma etilico. Alla  mattina il caporal maggiore saltava il nome all’appello e lui dormiva, dormiva, dormiva. Per fortuna la grappa, il vino, il cordiale non uccidono. Di solito.

 

Il ricordo del nonno in quel lontano 1918. Ultimi giorni di guerra, ultimi colpi col cannone. Col consenso del tenente s’allontanò un attimo e la postazione venne colpita. Morirono tutti. Tranne il nonno. Restò immobile, senza fiato, sudando copiosamente nonostante in quel lontano ottobre 1918 non era il caldo del sole a far compagnia. Tornò a casa, solo, lasciando i commilitoni tra i monti. Fu fortunato, lui tornò a casa, a rivestire i panni da contadino.

 

Così nasce una poesia. Era luglio ed ecco poche settimane dopo un concorso a tema sull’anniversario dei cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia. Hosteria della Immagini, un circolo Fenalc a Cortemaggiore, la professoressa Carla Maffini quale ispiratrice e promotrice. Era agosto quando, con l’aiuto di un’amica, Carla Fornasari, fatte le copie, tutto è stato spedito.

 

Siamo tanti a scrivere poesia. Difficile emergere, difficile farsi notare, difficile essere letti. Credo importante, per uscire dal coro e dall’anonimato dell’uno vale l’altro e nessuno legge, avere un proprio stile, uno stile che ti renda riconoscibile. Io prendo a riferimento i trovatori, i cantori del medioevo, i menestrelli che raccontavano storie, emozioni, girando di corte in corte, di piazza in piazza. Per questo scrivo in quartine e bado alla ‘musicalità’ del verso. Venne un tempo che un noto critico scrisse che le mie sembravano più parole per musica che per poesia da leggere. Mi piace quell’amica, Enrica, che mi chiama cantastorie e a me piace sentirmi contastorie. In poesia.

 

Di solito tutto questo nei concorsi non viene apprezzato gran chè. In molti concorsi dove stile e temi affrontati non sono in linea con il comune sentire dei giurati. Talvolta invece il mio poetare, invece, viene capito. Magari ascoltato, magari premiato. Quando mi è arrivata la mail, a metà settembre, che quel 27 settembre sarei stato in piazza a Cortemaggiore a cercare la sede dell’Hosteria delle Immagini per ricevere il primo premio (una coppa e un diploma con medaglia dorata), che avrei letto “Alpini 1918, luogo qualunque tra le valli alpine“, in una sala (non grande) affollata, che dopo gli applausi collettivi sarei stato avvicinato da altri premiati per dirmi che la poesia davvero meritava il premio, beh, sono motivi per un buon sorriso.

 

Per ammirare le fotografie in mostra contemporanea, immagini delle nebbie, dei salumi, delle pianure delle terre verdiane e subito dopo perdersi tra i banchi del mercato del paese trovando anche vestiti a buon mercato. Ah, la poesia, ah, l’aria di Cortemaggiore, placidamente assiso nel verde della pianura padana.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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