“Cari papà Teo e mamma Gegia Di Maio”: la lettera di Emilio Rubbi pubblicata nella pagia di fb ‘l’ennesima opinione non richiesta’

Se mio figlio ha fame e mi chiede di dargli da mangiare secondo voi io rispetto le regole di Bruxelles o gli do da mangiare? Secondo me viene prima mio figlio, i miei figli sono 60 milioni di italiani“.

Posto il fatto che io non sono tuo figlio e neanche voglio esserlo, Teo, il discorso è un altro.
Ti piace la metafora del padre di famiglia?
Ok, allora usiamo quella.

Ci sono padri che non lavorano e fanno debiti che non possono pagare, per far campare la famiglia.
Tu sei uno di quelli.
Uno di quelli che vanno in giro in Mercedes e d’estate portano i figli in vacanza alle Maldive, ma in banca sono in rosso da tempo.
Adesso la banca ti ha chiamato per dirti che lo scoperto è finito e che nei prossimi tempi non andrai a guadagnare di più, come invece avevi promesso, quindi non puoi chiedere altri soldi in prestito.
E tu che fai?
Gli rispondi che vuoi fare altro debito, come l’anno scorso, perché i tuoi figli meritano di campare meglio.

Così torni a casa e, assieme a tua moglie Gegia Di Maio, dici ai pargoli: “State tranquilli, adesso ci pensa papà, adesso papà va in banca e batte i pugni sul tavolo del direttore, tanto ho degli amici nel CDA della banca che mi appoggiano”.

Ma non è vero neanche quello.
I tuoi amici, nel CDA, non contano niente.
E, quando glielo chiede il direttore, rispondono che no, non puoi mica fare altro scoperto.

Così finisce che la banca ti blocca il conto e ti pignora la Mercedes, il divano e la tv da 600 pollici che tenevi in salone, appena sopra la foto di Bossi che si pulisce il culo col tricolore.

A quel punto, papà Teo, puoi decidere solo due cose: o ti metti finalmente a lavorare e inizi a guadagnare quello che spendi, altrimenti tu, mamma Di Maio e i vostri 60 milioni di figli finite a vivere per strada.

E non potete neanche occupare un appartamento disabitato per andarci a vivere, perché al governo c’è uno stronzo che fa campagna elettorale sgomberando la gente.

Questo è quanto, papà.

 

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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