“Alabama song”, romanzo biografico sulla vita di Zelda Sayre Fitzgerald, di Gilles Leroy, Baldini Castaldi Dalai editore





.

scritture.blog.kataweb.it/…/

.

.

Zelda Sayre, figlia di un integerrimo giudice, profondo sud statunitense, Montgomery, Alabama, minore di sei figli, bussa e viene all’onor del mondo il 24 luglio 1900. Anticonformista, femminista antelitteram quantomeno per il rifiuto del consueto, del ruolo di donna, moglie, madre che vive all’ombra di un marito uomo padrone. Nessuna esitazione nell’ignorare lo scatenarsi di pettegolezzi, nessuna esitazione nello scatenarsi al ballo al quale partecipano i soldatini in attesa di partenza per il fronte europeo. Tra i quali quello splendido tenentino un po’ imbranato ma dagli occhi incantevoli, Francis Scott Fitzgerald. Originario del Maryland, il padre un gentiluomo del Sud, cattolico. Due famiglie, due ambienti talmente ingessati nella più retriva conservazione da far gettare di stomaco. Americani. Due figli di vecchi, come dichiara Zelda nel romanzo biografico che le dedica Gilles Leroy. E i figli di vecchi spesso sono tarati. O quantomeno ribelli. Come ribelle è la gonna svolazzante di Zelda mentre vola sulla pista abbracciata al bel soldatino in procinto di partire per il fronte. Il ballo infuocato, l’alcol, la scopata in piedi. Fascino della divisa? Nientaffatto: quel tipo di romanticismo lei lo lascia ai guerrieri, alle vedove, agli orfani e agli storpi. Il bel Francis se ne va a giocare alla guerra? Buon viaggio e chi s’è visto s’è visto. Ma la guarnigione non ha il tempo di sbarcare in terra d’Europa che ecco, la grande carneficina della prima guerra mondiale finisce, il bel soldatino torna in Patria in abiti borghesi. Inizia la carriera che lo renderà uno degli scrittori americani più celebrati degli anni venti ma nella foto d’accompagno al primo racconto pubblicato Zelda è lapidaria: peccato per quell’aria da idiota. Il suo bel viso mortificato dalla messa in piega, tutto smorfie come una diva del cinema, le occhiaie ritoccate, troppo ombretto grigio sulle palpebre e troppa matita nera sotto le ciglia: dovrebbe mostrare più dignità, non lasciarsi manipolare così e poi, perché è così beneducato, perché la sera non mi porta in auto? Cosa corre nelle sue vene, sangue di rapa? Dopo il racconto pubblicato il giovane Scott propone il primo romanzo ad un editore, una stroncatura senza appello e per Zelda nessuna esitazione, non ha nessuna intenzione di vivere con un uomo senza danaro, rompe immediatamente il fidanzamento informale. Tre settimane da ubriaco, la risposta di Francis, ma alla fine il 26 marzo 1920 quel romanzo, rivisto e corretto, vede la luce, Fitzgerald diventa lo scrittore della generazione perduta, quella dell’età del Jazz, ritorna trionfante a Montgomery e il 3 aprile convola a fantastiche nozze con Zelda. Sarà una vita alla grande, condotta tra dispendiose, fastose e grandiose feste, lunghi soggiorni in Europa, lusso sfrenato, tracolli economici e grandiosi recuperi. Già in luna di miele vengono cacciati dall’albergo per ubriachezza. Nel 1924 sono a Parigi e Zelda s’innamora di Edward Jozan, un aviatore francese, condannando Fitzgerald al consumo d’alcol. Fino alla fuga a Roma, per ritrovarsi, per dimenticare quell’aviatore francese e il suo petto caldo che si estendeva come un continente. Genova, Nizza, Antibes, nuovamente Parigi, il ritorno negli Stati Uniti. Sono del 1926 le prime allucinazioni e quattro anni dopo, diagnosticata la schizofrenia, il ricovero. Eh, sono comunque io, nipote di un senatore e di un governatore, figlia del giudice presidente della Corte suprema, svogliata a scuola con un grosso zero in condotta, e alla fine consorte del grande scrittore del momento. Entra ed esce dalle cliniche, prima in Europa, quindi l’ennesimo definitivo ritorno negli Stati Uniti. 1932, ricoverata a Baltimora, nello stesso anno esce il suo primo romanzo, lo specchio del fallimento dell’unione con Scott. Di nuovo in ospedale ad Asheville nel 1936, quattro anni dopo un infarto stronca il marito che non vedeva Zelda da oltre un anno e mezzo. Più mi confesso al giovane medico dell’Highland Hospital e più accerto l’incapacità della mente di cogliere la sua essenza. Ho visto tanti di quei medici (“Almeno cento!” dichiara Scott, e capisco che fa il conto degli onorari). Questo è giovane e dolce, il suo sguardo azzurro cupo mi guarda senza dissezionarmi né sospettarmi. Per tredici anni della mia vita – sembra poco ma è già troppo – mi sono dovuta nascondere per scrivere. Avevo trentuno anni. Eppure mi lasciavo conquistare e dominare da un marito geloso, nevrotico e perduto. Fino al giorno in cui la cosa è diventata invivibile. E per una volta, in dieci anni, dopo almeno venti cliniche nei due continenti, questa volta finalmente il giovane dottore mi ha detto: “le credo”. Scott, sbronzo, piscia nel lavabo. A volte fuori. La mattina sul pavimento ci sono delle goccioline secche di urina e delle strie gialle sulla ceramica. Vivo forse in un porcile? Lo scopo della gloria è nascondere il porcile? Eppure era questo il nostro patto permettersi tutto nella massima pulizia. Certi dicono che me la sono cercata, che ho voluto e fomentato il mio decadimento. Imbecilli! Il romanzo, condotto secondo un lungo monologo che attraversa l’intera vita di Zelda, conclude con il 1948, quando un furioso incendio nella clinica Highland di Asheville, nel North Caroline, scrive la parola fine ad un’esistenza irrisa dagli adulti dell’epoca ma esempio per i giovani “ribelli” che, come capita a tutte le generazioni, ambivano ad una vita oltre le righe, fuor del consueto. Non sempre convincente comunque un romanzo da leggere, per riflettere sulla vita dei protagonisti della mondanità, in questo caso letteraria.

.

.

Pescara, 26 novembre 2009, declamazione in riva al mare

.

Consigli di lettura

.

Vietato attraversare i binari

Servirsi del sottopassaggio

Cronache di viaggi sul treno toccato in sorte

Racconti poetici in versi e in prosa

di Claudio Arzani

.

Da richiedere alla casa editrice

Vicolo del Pavone

(clicca qui)

.

oppure

.

nelle migliori librerie di Piacenza

e in particolare

alla Libreria Farenheit in via Legnano

.

infine

.

direttamente all’autore

telefonando al 3478143598

soprattutto qualora

qualcuno

volesse acquistare anche il primo libro

E’ severamente proibito servirsi della toilette

durante le fermate in stazione


Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.