“A Calendasco si cercava l’oro nel Po”, un articolo di Umberto Battini pubblicato sul quotidiano on line ‘IlPiacenza’

Barcaiolo medievale

L’epopea dei cercatori d’oro nell’America dell’Ottocento ha un connotato anche tutto piacentino. Girava “voce” che il fiume Lambro riversasse nel Po tracce d’oro

L’epopea dei cercatori d’oro nell’America dell’Ottocento ha un connotato anche tutto piacentino. Infatti abbiamo potuto rintracciare tra i carteggi della Reale Ducale Camera del 1785, nei fogli del Registro di Piacenza per il Po relativo alle “sicurtà” (tassa) questo dato storico particolare.

Era stato stabilito con un’ordinanza che da quell’anno “il Sig. Cancelliere dell’Ufficio della Darsena di questa Città, ritenute le sovrane disposizioni” avrebbe dovuto tenere “un esatto registro” che segnasse “tutti i portinari, barcaiuoli, molinari ed altri” che avevano a che fare con “le acque del Po piacentino”.

E così si inizia il nuovo “Registro” del censimento dei natanti sul Po, autorizzati a navigare o ad essere ancorati alla sponda e qui descritti, che però hanno pagato licenza. Sono ovviamente decine le barche elencate in acqua riguardo all’alveo che interessa la nostra zona piacentina: da Parpanese e fino ad oltre Roncarolo di Caorso.

Ma nell’elenco ecco apparire il pagamento della “sicurtà” in data 17 aprile 1785 di un certo “Michele Sordo, abitante a Calendasco, per un battello da timone per cercare l’oro”. Passando voce per voce il registro, questo è l’unica citazione di un cercatore d’oro sul Po, e abitava nel borgo di fiume, da dove ogni giorno si spingeva poco a monte verso la foce del fiume Lambro.

Approdando col suo battello, di buone dimensioni, vicino ai sabbioni e ghiaioni semisommersi, lui ed i suoi sottoposti si davano a setacciare con i crivelli i detriti, alla “caccia” di pagliuzze d’oro e nei rari casi più fortunati, di piccole pepite.

Girava “voce” che il fiume Lambro riversasse nel Po tracce d’oro e così per un certo periodo d’anni il tratto in questione divenne “famoso” per questa particolarità, ma anche il torrente Tidone si diceva che “portasse particelle d’oro in Po”. L’unico “cercatore” per ora messo agli atti, perché pagava la sua bella tassa per questo lavoro, è il citato Michele Sordo, e leggendo da altri resoconti ufficiali abbiamo intuito che questo durò pochi anni.

Speranza vana poter far fortuna cercando l’oro del Po, ma bisogna dar atto a quest’uomo d’essere stato intraprendente e per poter sbarcare il lunario, con il suo battello tornò a far trasporti via acqua: faticoso ma permetteva di vivere.

Dei “cercatori d’oro di Calendasco” lo abbiamo letto anche in resoconti storici affidabili della metà del 1800: la “voce” si sparse in tutto il ducato di Parma e Piacenza. Si sapeva che a Calendasco vivevano cercatori d’oro, che col loro carretto trainato da un cavallo si portavano al fiume per questo insolito lavoro, anzi si parla anche di “alcuni contadini” improvvisati cercatori nei tempi morti del lavoro, per arrotondare.

Emerse però la certezza che il tutto era miseramente fallito e da Parma sede del nostro governo, questo lavoro improduttivo veniva ricordato per metter in guardia qualche nuovo sprovveduto: era più facile trovare un ago nel pagliaio che oro in Po. Intanto negli stessi anni, il Grande Fiume sicuramente rendeva più moneta sonante ad esempio a “Giacomo Pastorini, abitante a Calendasco, per un molino posto sulla piarda del Mezzano Vigoleno”. Oppure a “Domenico Tosca, molinaro abitante al Boscone, per un molino posto sulla piarda di detto luogo”, e tanti altri barcaioli locali proprietari di “battello da timone” le grandi magane per trasporto merci di qualsiasi genere.

Anche questo fatto però fa parte della storia piacentina del nostro Po, che nei secoli passati vide “tempi d’oro” per la vitalità che si svolgeva sulle sue acque e tra le due sponde.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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