“Un tappeto di nubi di zucchero filato”, lirica di Emanuela Arlotta

Il papavero, olio su tavola di Lucia Cocchi

Un tappeto di nubi di zucchero filato,
bianche e dense dalle sfumature cerulee
si distende sospeso nell’aria tiepida
rabbuiando i contorni di un giorno comune.
Immagino, allora, tra quei filamenti candidi,
i passi frettolosi di tanti piedi fini e rosati
che si intrecciano in quegli intricati rovi gustosi
sciogliendosi, poi, svelti svelti, in quella corsa affannosa
condita di chiassose risa.

Li scorgo in lontananza, quei rudimenti di vita,
che si affacciano ridenti
lasciando scoperto solo il viso,
che, come una piccola luna, trapassa leggero
il tappeto di nubi,
intenti a spiare un luogo di cui non c’è ricordo.
Non più sangue sulla pelle bruna, bianca,
ora si scorgono nuovamente i lineamenti ,
non più labbra contratte, né pianto, né paura.

Un sorriso scoppia come bolla di sapone e
ne imbratta le bocche di tante razze
senza distinguerne il colore, né la lingua,
in una terra senza i confini, che quaggiù, eretti e imponenti
scrivono silenziosi le differenze.
Immagino che per l’aria risuoni l’eco di un coro
e che urla strazianti frapposte al boato della morte imminente
si sciolgano come zucchero al calore di un fuoco vitale.
Scorrono fiumi, lassù, su letti di seta bianca
sui quali neri o bianchi, quei piedi, affondano
nell’acqua pura, che è la stessa per tutti.

I corpi distesi, esanimi, in posizioni innaturali,
sono solo le carcasse lasciate come zavorre
dalle anime leggere che di lassù sorridono
e si beffano di questa nostra piccolezza,
che tirano ai sicari cartocci spumeggianti di zucchero filato
nascondendo gli occhi furbi tra le nubi compatte,
ridacchiando incoscienti tra le dune che le accolgono.

Così immagino, in una mattina come tante,
che quel cielo brulichi di gioia e non nasconda,
sotto la sua coltre, un immenso silenzio,
immagino che non risuoni, lassù, la sirena del terrore
ma una melodia che macchi di colore una speranza,
quel tenue bagliore di cui i nostri occhi sono ancora in cerca,
ciechi e bramosi di pace in questo luogo colmo di assenze.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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