Il fatto è che abito negli agi:
cinque stanze e via dicendo,
che mai saprò cosa sia aver fame,
cosa sia aver freddo (la notte col sole sorge);
il fatto è che accanto al caminetto
ci sono attimi frementi di avemaria,
che il mio sforzo si scioglie nel riposo
come miele nella bocca (la notte sorge col sole).
Io
ho sedici anni.
Mi ha scolpito il corpo l’armonia,
mi ha scolpito i lineamenti l’orgoglio.
Si può conquistare l’amore come il mondo
in trasognamenti, in dolci meditazioni
e in meli che fioriscono in primavera
quando un fiore cade
dopo l’altro.
Diranno forse le statistiche:
come una linea di confine
con il marciapiede di legno
un vicolo ha separato
me
e
lei?
Lei
ha sedici anni.
Le ha deturpato il corpo la gonorrea,
le ha sfigurato i lineamenti
la sifilide.
Non so nemmeno come sia il suo mondo
(immersa in dolci meditazioni
e in meli che fioriscono in primavera,
quando un fiore cade
dopo l’altro)
So soltanto che ha già avuto un bambino,
che un carro le ha tranciato quattro dita,
che ha una tradizione nobile e antica:
come la madre e la nonna anche lei è
una puttana
Il fatto è questo: (il giorno col sole cala)
bisogna saziare lo stomaco ogni giorno
quando come l’esile stelo di un giglio
dal dolore si contorce il duodeno;
il fatto è questo: (il giorno cala col sole)
bisogna trovare i soldi per la legna
quando come un fiore di lillà
al gelo il piede diventa duro e viola.
Quando ci incrociamo nel vicolo,
in realtà non c’è più alcuna differenza:
ci incrociamo con lo stesso passo,
ci incrociamo con lo stesso sguardo
e uguale è la vergogna che ci fa arrossire
due sconosciute sedicenni,
lei
e
me,
per caso.
Lo sguardo fugge sul marciapiede
e zoppicando lo insegue la coincidenza:
io sono nata su questo lato,
lei invece sull’altro lato
del vicolo.
29 gennaio 1934 (Zuzanna Ginczanka)