“Sul potere e la libertà di stampa”, intervento di Carmelo Sciascia

Non è sicuramente un bel periodo per la libertà di stampa. L’editoria italiana ha una forte tendenza ad uniformarsi alla politica governativa. L’autocensura viene attuata nelle grandi testate nazionali ancor prima che possa imporla qualsiasi intervento governativo. È avvenuto così fin dal fascismo, quando le maggiori testate nazionali si erano autocensurate ed uniformate al regime fascista ancor prima che entrasse in vigore qualsiasi legge limitativa della libertà di stampa. A parte le leggi, in Italia abbiamo, in tempi recenti, avuti vari “editti” tendenti ad escludere personalità scomode dagli organi di informazione di massa. Direttive, note e meno note, cui si sono immediatamente adeguati i dirigenti responsabili di testate giornalistiche e televisive. Sarà per questa serie di motivi che le classifiche mondiali sulla libertà di stampa assegnano all’Italia un posto poco lusinghiero nella relativa classifica. Infatti, il rapporto del World Press Freedom Index del 2022 a commento della situazione dell’anno appena trascorso così si esprime: “i giornalisti a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, o per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, o per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale, o per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata”. Il rapporto ci poneva al 58 posto, a metà classifica sulla stampa mondiale, dietro ai tanti paesi europei ma anche di Stati del cosiddetto terzo mondo.

La stampa nazionale esprime un’opinione unanime ed appiattita sui grandi temi della politica nazionale ed internazionale, opinioni che non sono assolutamente maggioritarie nell’opinione pubblica, vedi l’invio di armi a paesi belligeranti o le operazioni militari all’estero. I popoli in difficoltà si aiutano con un forte senso  di solidarietà politica e prestando loro assistenza umanitaria. Le armi e l’esercito, come prevede la nostra Costituzione, servono solo a scopo difensivo, a difendere cioè i nostri confini nazionali, è questo il nome ed il ruolo che dovrebbe avere un Ministero come quello della Difesa (nome proprio assegnato non a caso). Le parole hanno un loro significato e sappiamo bene purtroppo come l’uso e l’abuso della terminologia è un esercizio comune alla politica di oggi come di tutti i tempi. La difesa di interessi economici viene camuffata come difesa della libertà, l’esportazione della democrazia con l’intervento militare, la solidarietà con l’invio di armi, la fine di una latitanza trentennale come un successo dell’apparato repressivo dello Stato. Un linguaggio distorto ed artefatto, cioè creato ad arte, con scopi e finalità precisi, porta ad un maggior distacco dalla politica. Perché in fondo il cittadino non è così stupido come ce lo vogliono far credere, capisce cosa c’è dietro un linguaggio edulcorato e distorto, e non avendo armi sufficienti ed incisive per difendersi ed imporre l’imparzialità del giusto linguaggio che dovrebbe esprimere la realtà, rinuncia ad essere parte attiva di questo sistema politico. La mancata partecipazione dei cittadini alla gestione di questo sistema aumenta sempre di più, lo si nota ad ogni tornata elettorale, la maggioranza politica di questo Paese è oramai una maggioranza minoritaria, perché ridotta ad una maggioranza espressione di sola minoranza.  Gli organi di stampa riportano e fanno proprie le opinioni dei politici, fungono da loro cassa di risonanza, diventano spesso, anziché liberi organi di informazione, strumenti per educare i cittadini ad uniformarsi al volere del potere.  Il pensiero unico è il sogno di ogni classe politica, cioè la capacità di potere governare un paese in nome di una democrazia senza più popolo. Il lupo che si veste d’agnello. Il potere che si esercita in nome del popolo, dove il popolo è costituito da sudditi e non più da cittadini. Il giornalismo d’inchiesta, fiore all’occhiello di molta stampa nazionale, è un lontano ricordo. Si salva solo qualche piccolo giornale locale. Forse perché essendo locale ha più prossimo il senso del sentire comune, conosce la situazione di certi eventi più da vicino, ha il polso della situazione, senza mediazioni culturali e politiche. Sulla grande manifestazione della “staffetta della pace” non c’è stata nessuna ripresa televisiva, nessun titolo in prima pagina, un’iniziativa politica che ha interessato ed attraversato l’intera Italia è stato volutamente ignorato. Le sentenze sulla famosa trattativa Stato mafia ci dicono che la trattativa c’è stata ma che, pur riconosciuta, non è soggetta a nessun provvedimento repressivo. I soggetti interessati sono stati dalla prima sentenza  riconosciuti e condannati, in secondo grado sono stati condannati solo i mafiosi ed assolti gli altri soggetti (militari e politici) coinvolti, nella sentenza definitiva non c’è stato nessun colpevole, nemmeno i mafiosi che sono stati assolti per prescrizione.

Le motivazioni del giudice Fiammetta Modica del tribunale di Piacenza di qualche anno addietro qualcosa ci avevano detto sul tessuto sociale, sul perbenismo e sulla corruzione di una singola città.  Caratteristiche che si possono estendere a tante altre città dello stivale. A livello nazionale a tutto ciò va aggiunto il problema di una politica gestita da politici che esercitano il potere   come un organismo sociale a sé stante, autoreferente, che non tiene conto della volontà popolare. Tant’è che quando la gente non condivide le sue scelte la ritiene immatura e degna solo di attenzione pedagogica. Un popolo che va perciò educato, oltre che con le televisioni, anche con la stampa e con tutti quei mezzi che, creati per esprimere confronto e libertà di idee, si sono trasformati in portavoce del potere ed organi di indottrinamento di massa. Esempio di questi giorni le esclusioni e gli spostamenti nelle televisioni del servizio pubblico nazionale. L’articolo 21 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Peccato che molti volontariamente per autocensura vi abbiano rinunciato mentre altri… sono stati invitati a farlo!

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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