“San Corrado e la Via Francigena”, l’intervento di Carmelo Sciascia al convegno organizzato nel Romitorio ospitale di ‘Kalendasco’

10 febbraio 2024, Romitorio ospitale di Calendasco, conferenza storica su ‘San Corrado e la via Francigena’: Umberto Battini, storico di San Corrado, Claudio Arzani, giornalista e poeta, Carmelo Sciascia, scrittore

Testo dell’intervento di Carmelo Sciascia pubblicato dal quotidiano on line ‘IlPiacenza.it’ che ha aperto la conferenza storica su “San Corrado e la via francigena”, che si è svolta sabato 10 febbraio 2024 nella chiesa presso il romitorio di Calendasco, gestito fin dal 1280 dai frati laici francescani. Il romitorio-hospitale è censito come il più antico finora accertato. L’incontro è stato organizzato nell’ambito della mostra che si tiene dal 6 al 20 febbraio nello stesso romitorio di proprietà del maestro Bruno Grassi, cultore e custode di antiche vestige. All’incontro organizzato da Umberto Battini, studioso di San Corrado, ha partecipato e portato il suo contributo il poeta e giornalista Claudio Arzani. 

San Corrado Confalonieri, eremita francescano

L’INTERVENTO DI CARMELO SCIASCIA AL CONVEGNO “SAN CORRADO E LA VIA FRANCIGENA”

Grazie ad Umberto Battini, San Corrado torna spesso a tenerci compagnia. Battini ha vissuto e continua a vivere i luoghi dei Confalonieri, possiamo dire che continua a dialogare con il personaggio storico più importante della casata, il nobile cavaliere Corrado. Questo dialogo gli riesce facile e spontaneo per diverse ragioni, che pian piano vedremo. In primis c’è un’evidente affinità territoriale, Battini abita la stessa Kalendasco, nome d’origine longobarda che diede i natali al Santo. In secondo luogo per le continue ricerche e scoperte documentali, che riescono a rendere sempre contemporaneo un dialogo senza tempo con il Santo eremita. Ecco, questo secondo aspetto è forse il più rilevante. Di tanto in tanto appaiono nuove scoperte documentali sui mass media locali, è il solito Battini che ci presenta ora questo, ora quell’altro aspetto della civiltà feudale nel piacentino. Sappiamo così della generosità dei longobardi durante la loro permanenza nel territorio piacentino e come la più antica pergamena longobarda sia piacentina: la “Charta de accepto mundio” scritta nel 721. Dal documento si evince come dietro pagamento di tre soldi d’oro ci si potesse mettere sotto protezione, cioè si veniva a far parte di una “fara”, l’unione di più famiglie, che garantiva una sicura protezione militare. Praticamente noi, che storici non siamo, veniamo a conoscere tutto del medioevo piacentino grazie alle pagine che Umberto ci sottopone incessantemente all’attenzione. Calendasco ha probabile origine celtica, l’etimologia ci suggerisce il significato di “luogo vicino ad una foresta”. Fu sicuramente villa romana, sorta come tante altre ville per assolvere il compito di stazione (mansio) nelle vicinanze del grande fiume: Apud Padum. Come tale, Calendasco era collegata alla via Postumia da una bretella che conduceva, attraverso il passo di Sigerico, verso Pavia e collegandosi al Lambro conduceva verso Milano. Queste terre nel 1154 avevano visto l’accampamento dell’imperatore Federico Barbarossa in lotta con i comuni, lotta che si era conclusa nel 1158 con la famosa Dieta di Roncaglia. A due passi di Calendasco troviamo la frazione di Cotrebbia, la sua etimologia deriva dal latino caput trebiae, luogo dove il Trebbia versa le sue acque nel Po. In queste vicinanze troviamo la frazione di Malpaga da dove si giunge in località Puglia, qui troviamo l’ex Oratorio del Mastruzzo.  Con molta probabilità è quel che rimane del Monastero di San Pietro, che ospitò ai tempi del Barbarossa i quattro cardinali inviati dalla Curia romana per trattare con l’imperatore. Interessanti al riguardo le ricerche storiche e le pubblicazioni dell’architetto Fabio Bianchi sul territorio di Calendasco, come di primaria importanza rimangono le ricerche di Umberto Battini su San Corrado in relazione alle vicende religiose che lo hanno visto protagonista. 

Calendasco fa parte delle terre dove sorgeva il Castrum novum del Ronchalia, località che darà il nome alla Dieta di Roncaglia del 1158. Roncaglia, non una frazione come si potrebbe intendere oggi, ma una striscia di territorio compresa tra il comune di Calendasco e di Somaglia. Le Diete in verità furono più d’una, e vanno dal 1154 al 1158. A questo punto ricordiamo come i preliminari della pace di Costanza del 1183, che segnò la sconfitta dell’imperatore ad opera dei comuni, vennero sottoscritti nella basilica di Sant’Antonino a Piacenza. 

La conferenza di oggi, è un incontro corale a tre voci, che ha per titolo “San Corrado e la via francigena”.  Un titolo che si presta ad infinite interpretazioni. Investe cioè la figura di un nobile piacentino, diventato santo in terra siciliana a furore di popolo e la storia della via francigena. E scusate se vi sembra poco! Sono argomenti, l’uno e l’altro, che si prestano ad infinite chiavi di lettura. C’è praticamente, racchiusa in questi due argomenti, la storia dell’intero medioevo. E quando parliamo di medioevo ci riferiamo alla storia della Chiesa, al travaglio spirituale e politico che ha interessato il soglio pontificio e di rimando la storia dell’intera Europa. 

Le vicende politiche e militari di quell’epoca di mezzo hanno costituito la base dell’Europa moderna, una storia comune che riguarda tutti i popoli disseminati nelle terre del vecchio continente.

Temi, il religioso ed il politico, che comunque si concatenano e si incastrano tra loro senza discontinuità, e come vedremo sono temi peculiari del territorio stesso di Calendasco, del luogo dove stiamo svolgendo questo incontro.

Il vecchio ospitale è il romitorio che ospitò tantissimi pellegrini e dove Corrado proprio qui prese i voti di frate francescano per espiare le sue colpe di nobile peccatore.

un’opera dell’artista Bruno Grassi in mostra nel Romitorio ospitale di Calendasco

La via francigena, che da Canterbury arrivava a Roma, attraversava il Po. Dalla sponda lombarda di Corte Sant’Andrea, ci si imbarcava per giungere a Soprarivo, in territorio di Calendasco, questo passaggio costituiva il famoso guado di Sigerico.   

A questo punto sorge spontanea una domanda: era solo questo il tragitto della via francigena, o vi erano altri passaggi? La via francigena era una o erano tante? Semplificando credo si possa dire che la via francigena è una e plurima allo stesso tempo, quasi partecipasse dell’essenza soprannaturale del Salvatore. Il passaggio dalla sponda lombarda alla sponda emiliana seguiva anche altre strade oltre al famoso guado di Sigerico, basta ricordare come solo in territorio piacentino ce ne fossero tre o quattro, ricordiamo tra questi l’attraversamento del Po che da San Rocco, sponda lombarda, portava direttamente al centro della città di Piacenza. Di solito si indica con il termine di via francigena una medesima direzione, da nord Europa verso Roma e la terra Santa. Quindi una direzione, dettata dalle mete della spiritualità di allora ma costituita da un fascio di sentieri ed attraversamenti, non un’autostrada come si potrebbe pensare, ma un insieme di strade comunali, provinciali o statali come diremmo oggi.

Con la caduta dell’impero romano le grandi vie di comunicazioni lastricate erano state abbandonate e senza manutenzione erano state riassorbite dalla vegetazione perdendo qualsiasi visibilità ed importanza. Ma la gente continuava a muoversi, i trasporti e lo scambio delle merci avveniva a dorso di muli o asini, nel migliore dei modi con qualche carro trainato da buoi. Allora ecco la necessità di luoghi di sosta e di riparo, la notte era impossibile spostarsi per le condizioni delle strade e la presenza di banditi.

Ai lati delle maggiori vie di comunicazione sorgevano gli xenodochi, luoghi preposti a dare ospitalità ai viaggiatori, luoghi gestiti da frati capaci di prestare anche cure mediche.

A Calendasco sorge uno dei luoghi preposti ad ospitare pellegrini, mercanti e militari: l’hospitale o più comunemente inteso il romitorio. Il romitorio di Calendasco era detto anche del “gorgolare” perché sorgeva nei pressi di un mulino ad acqua. (Gorgolare da gorgogliare voce onomatopeica che ricalca il rumoreggiare dell’acqua che scorre).

E noi siamo fortunati oggi a poterci incontrare in questo luogo dove Corrado, nato Confalonieri nel 1290 nel castello di Calendasco, rinasce all’età di 25 anni a nuova vita diventando francescano penitente. 

Tutti conosciamo le vicende che portarono Corrado alla conversione, che comunque riassumiamo molto brevemente. 

Romitorio ospitale di Calendasco attualmente struttura privata: interno

Durante una partita di caccia, per sventare la selvaggina, Corrado fa appiccare il fuoco in un bosco, colpevole dell’incendio venne riconosciuto dal Vicario Imperiale Galeazzo Visconti un contadino del luogo. Fu allora che il nobile Confalonieri proclamata la sua colpa, rinuncia alle prerogative nobiliari, rinuncia a tutti i suoi beni e si converte. Seguirà il suo esempio la moglie Eufrosina che entrerà nel convento di Santa Chiara a Piacenza. 

Dopo 5 anni di permanenza in questo Hospitio di Calendasco, vissuti con spirito di sacrificio ed abnecazione, Corrado vestirà l’abito dei penitenti francescani. La storia delle religioni è un continuo susseguirsi di sottolineature, lasciando da parte le eresie e gli scismi, assistiamo a dei precisi distinguo che hanno caratterizzato gli stessi ordini religiosi ortodossi a volte lo stesso Ordine.

I francescani si divideranno ben presto in due grandi famiglie: gli spirituali ed i conventuali. Chi, fedele alla Regola di San Francesco, doveva rimanere povero, vivere di elemosina in una condizione di semi eremitaggio e chi credeva si dovesse vivere nelle comunità conventuali dedicandosi alla cura delle anime in una condizione di sicurezza data dal proprio status religioso. Corrado, dopo aver preso i voti sceglie in povertà di andare pellegrino a Roma, prima sede ambita per un pellegrino dell’epoca. Lo troveremo in seguito in Terra Santa ed a Malta, infine approda in Sicilia. Ma perché in Sicilia lo troveremo proprio a Noto?

Nel 1296 era stato assegnato ad un nobile piacentino dei Landi il feudo di Curmaracchia in val di Noto. Di questa presenza piacentina in terra siciliana con molta probabilità Corrado ne era a conoscenza, non dimentichiamo le sue origini, e nulla vieta pensare sia stato questo uno dei motivi determinanti che lo hanno portato a Noto. Il feudo perso dai Landi in seguito sarà richiesto tramite intercessione papale ma senza nessun risultato positivo.

Oggi siamo nei luoghi che ci vedono ogni anno riuniti nel ricordo di San Corrado. Ed ogni anno si scopre qualcosa di nuovo, si aggiunge un piccolo tassello, alla storia del Santo ed alla storia di Calendasco. Questo piccolo centro, nonostante la sua posizione defilata rispetto allo sviluppo della moderna logistica continua a far parlare di sé. Anzi proprio per questo, perché riesce a mantenere vivo il legame con il suo passato, a far tesoro della sua storia. Il castello dei Confalonieri che ha dato i natali a San Corrado è stato recuperato, grazie ad un impegno costante degli amministratori ed aperto alla cittadinanza è oggi un preciso punto di riferimento, un nevralgico centro culturale. Altra presenza che nobilita il territorio di Calendasco è oggi la presenza di “Libera” che sfrutta per le proprie iniziative un grande capannone sottratto alla mafia. Molti giovani si prodigano ogni giorno per portare avanti le tante iniziative di promozione sociale, con il sostegno del direttore Gaetano Rizzuto è stata creata una testata giornalistica, un organo di indagine sociologica e di diffusione della cultura della legalità. Sono stati tenuti numerosi incontri dove importanti personalità che si sono distinte per il loro impegno nell’antimafia hanno portato la loro testimonianza. Calendasco non dimentichiamolo è anche questo!

Romitorio ospitale di Calendasco: teca votiva, al centro la chiave medievale per l’apertura del portone

La damnatio memoriae che aveva investito la casata dei Confalonieri in seguito all’assassinio di Pier Luigi Farnese, aveva tenuto lontano dagli onori degli altari proprio Corrado. Per molto tempo la figura di questo Santo eremita è rimasta ignota a Piacenza. Ancora oggi, ai nostri giorni, in ambito religioso c’è chi dubita dell’esistenza e della santità di San Corrado, basta leggere il Nuovo Giornale, organo della Curia piacentina del 18 febbraio del 2021. In quell’articolo ci si chiedeva: “San Corrado nacque davvero sulle rive del Po a Calendasco da una famiglia nobile? Era un Confalonieri come molti sostengono? Davvero sostò presso l’eremo che, nel piacentino, oggi porta il suo nome? Domande suggestive destinate a restare senza risposte, considerando la scarsa reperibilità di materiali e fonti storiche attendibili che scandiscano le varie tappe della vita del Santo”. Allora bene ha fatto Battini, di fronte a tanta ignoranza ad allestire dal 6 al 20 febbraio di quest’anno l’ennesima mostra documentale su San Corrado e la via francigena. Si spera che lo scettico ed improvvisato giornalista sia venuto o venga quanto prima a verificare “de visu” quanto esposto, onde evitare di continuare a perpetuare quella damnatio memoriae cui è stato condannato per tanto tempo Corrado Confalonieri da Calendasco!

Nessuno è profeta in Patria. Noi siamo qui forse anche per questo, per ribadire, ce ne fosse ancora di bisogno, la storia e la figura di San Corrado Confalonieri, nato nobile a Calendasco e morto da eremita a Noto, in odore di santità. 

Il culto di San Corrado è stato imposto a Piacenza dallo slancio devozionale dei netini.

Così come tutti noi oggi crediamo che lo slancio e l’entusiasmo dei giovani emiliani possa sconfiggere qualsiasi tentativo di infiltrazione mafiosa, liberare le forze sane della società per un’epoca di pace e solidarietà.

Per finire mi piace riprendere le affermazioni che feci qualche anno addietro in un incontro titolato “Apologia di San Corrado” proprio qui, in questo luogo.

San Corrado è stato un uomo del suo tempo: un ricco nobile, un peccatore, un povero frate francescano, un pellegrino, un eremita. Se ci soffermiamo un attimo capiamo presto che il suo esempio va al di là di qualsiasi epoca, perché in termini moderni si può dire che è stato un curioso del mondo, un viaggiatore che nato in condizione agiata ha scelto di morire in assoluta povertà. Si sa che nascere ricchi aiuta a diventare santi ma è anche difficile rinunciare alle comodità ed agli agi se non si è motivati da una grande forza interiore, da una forte convinzione ideologica. San Corrado rappresenta il capovolgimento di qualsiasi riferimento storico e geografico: un uomo ricco del Nord che ha scelto di morire povero al Sud. E dal Sud è tornato al Nord, al suo paese per continuare a manifestare la sua santità ed imporsi, malgrado tutto, anche a Piacenza!

Romitorio ospitale di Calendasco: stemma della Compagnia Templare

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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