Roma città d’angosce: “ho perso tutto” grida quell’uomo spogliato al tavolo delle tre campanelle dei soldi del treno

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Roma, 11-13 ottobre,suggestioni notturne sognando Anita Ekberg

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Piazzale dei Cinquecento, in quel finire degli anni ottanta sul far della sera diventava luogo di raccolta di gente dalla pelle olivastra con le giacche della misura sbagliata. Cento, centocinquanta, forse di più, manovali, disoccupati, spacciatori, venditori di rose, strappati dalla polvere della Tunisia e del nord africa, ad annegare i ricordi e le nostalgie in troppe bottiglie di Heineken collo lungo. Inevitabile, per chi sbarcava dai treni e per chi tornava dal centro in bus o in metrò, passare tra le fila di quell’umanità dagli occhi penetranti. Inevitabile il senso di disagio, la sensazione di minaccia, la paura strisciante per il futuro immediato prossimo. Quella sera la rottura dell’ordinario arrivò dall’esterno.  Quell’auto, forse una Simca d’antiche glorie dimenticate, con la marmitta scoppiettante e il rombo del motore sofferente arrivava da via Cavour, girò seguendo il senso del traffico lanciata a velocità troppo sostenuta per quanto poteva sostenere una via cittadina, verso Largo di Villa Peretti. Lentamente, usando un eufemismo, la si vide tendere verso destra, verso il marciapiede, creando un lungo istante di timore e di scompiglio, qualche urlo in lingue sconosciute e qualcuno che faceva la mossa d’alzarsi temendo l’autista avesse perso il controllo. Invece l’auto si allineò al cordolo del marciapiede, frenò bruscamente, un uomo dalla pelle olivastra, un uomo d’apparente età oltre i cinquanta, i capelli grigi, aprì la portiera, uscì barcollando, portandosi verso l’aiuola, lasciandosi cadere sull’erba. Nessuno pensò d’avvicinarsi, pensando alla pubblicità sull’Aids che invitava ad evitare rapporti non sicuri, semplici contatti compresi non si sa mai. Paura strisciante, psicosi collettiva. Pochi istanti dopo passava un’auto della Polizia, sbracciando ho chiesto ai vigilanti dell’ordine di fermarsi e quell’uomo ha avuto assistenza. Le “giacche blu”, guanti di gomma a proteggere le mani, mascherina ad evitare germi lungo le vie aeree, non hanno avuto difficoltà a verificare la situazione: troppo alcol, quell’uomo aveva bisogno d’un lungo sonno. Riportato alla realtà, costretto in piedi, aveva gli occhi persi di chi non capiva dove si trovasse. Infine,  appoggiandosi al palo del lampione, vomitò. Un anno dopo, sotto i portici alla sinistra del piazzale, finalmente venne aperta una postazione di Polizia permanente. Sceso dal treno mentre m’incamminavo verso l’albergo Diana, mi sfuggì un sorriso passando in un piazzale tornato dominio dei turisti alla ricerca d’avventure romane.

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Roma, 11-13 ottobre,là dove s’affaccia Sua Santità il Papa

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Il giorno del compleanno val bene qualche regalia che ci si possa permettere. Tanto più se lontani dai propri affetti, dal proprio quotidiano nella piccola cittadina di provincia. Il Messaggero lo annunciava a titoli cubitali: nel pomeriggio la Magica Roma di Falcao e di Conti si giocava la speranza del passaggio del turno in Coppa Italia contro la grande avversaria, la “Gobba bianconera che scendeva in campo con la formazione al completo. Dodici giocatori, undici a tirar la palla ed uno con la casacca nera divisa d’obbligo per la terna arbitrale. La squadra di Agnelli aveva vinto a Torino con un golletto di scarto e il consueto strascico di polemiche per l’inevitabile aiutino arbitrale. Olimpico indisponibile, la lunga coda dei tifosi si era allungata verso il vecchio campo, il Flaminio. Ingresso 50mila vecchie lire ma un compleanno valeva pure la speranza di veder in ginocchio la vecchia Juve come promettevano gli striscioni dei lupi di curva. Non senza un senso di dissenso verso quel presidente rossonero, Silvio Berlusconi, che inseguendo il mito del vincere tutto, aveva acquistato giocatori su giocatori forse con i guadagni del cemento colato a Milano 2 con il beneplacito del Presidente del Consiglio socialista, Bettino Craxi . Panchina lunga, la chiamavano i giornali e tutte le squadre ad imitare l’esempio: 20, 25, 26 professionisti a contratto e qualcuno che non avrebbe mai avuto la possibilità di entrare in formazione. A pagare, il pubblico con i prezzi dei biglietti a lievitare di anno in anno, di coppa in coppa, in qualche caso di partita in partita quando s’annunciava un cartellone ad alto interesse. Ma una sconfitta sperata della Juve ed un compleanno di mezzo valevano bene il sacrificio, per una volta. Tifo infernale, partita ad alta intensità, Gobba annichilita in difesa, assalita, travolta, inferno di lacrimogeni nella giornata d’azzurro primavera, tamburi a ritmo ossessivo, si consumava il sacrificio tribale, un goal, due goal, tripudio, qualificazione garantita, Falcao scivolò sul pallone che chiudeva la partita e con un colpo all’italiana d’un tratto capovolgendo il fronte, la vecchia indomita truffaldina Signora infilò la porta giallorosa. Inaspettatamente. Meritatamente. Tragedia. Silenzio degli spalti. Stordimento. Poi d’un tratto di nuovo, forza lupi, tamburi, lacrimogeni, petardi, fischi, maledetto Bruno che picchia come un mastino e l’arbitro resta indifferente. Tragedia. Pareggio. Fine dei sogni. Colpo di coda, gollonzo romano, la faccia salva, partita vinta ma valeva la regola dei goal in trasferta, passaggio del turno alla Juve, vittoria platonica, mesto ritorno verso il bus per il centro. Nessun scompiglio per i romani, in attesa d’un 3 a 0 contro i laziali, invadendo chi a piedi, chi in auto strombazzanti, chi in vespa con grandi bandiere, via del Corso e via del Babuino, direzione la grande festa in piazza del Popolo. Ed un anno dopo, a parti invertite, Lazio che infilò i lupi 3 a 0, botta e risposta.

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Roma, 11-13 ottobre,tempi di spiritualità, alla ricerca d’indulgenze

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Dicono siano sporchi, gli zingari, vivendo nei campi dei nomadi ma le ragazze, le ragazze con quelle gonne a fiori lunghe fino a coprire le caviglie e il foulard colorato a raccogliere stupendi capelli corvini, sono solo bellissime. Ti sfiorano, ti sorridono, ti fanno sognare, prendono per mano attraverso gli occhi la tua anima e sanno mostrarti un altro mondo, un mondo di tempi antichi. A seguire una donna più anziana, che mentre ancora seguivo gli occhi pieni d’infinito di quella ragazza nomade, mi prese con fermezza e dolcezza la mano,  iniziò l’accenno del racconto del futuro, scrutando la linea della vita, ammonendo per i passi sbagliati nei campi verdi del mondo degli amori ma se ne volevo sapere di più “devi fidarti, dare 50mila lire” ed ascoltarla è un piacere, una canzone, un canto di dolce sirena. Son troppe 50mila lire, te ne bastino 20mila, ma stai tranquillo, dice la ragazza giovane riccioli neri che sgorgano dalla bandana, stai tranquillo, te le restituisce. Bene, ma te ne bastino 20mila e allora, appresi, il canto si commisura al gettone che sparisce tra le pieghe della gonna, ti basti l’ultimo sorriso. Scendendo la scalinata che porta al Colosseo per poco non fummo travolti da tre zingarelli col muso nero per le sedimentazioni d’uno sporco che forse d’acqua aveva conosciuto al massimo quella piovana. Ad inseguirli un uomo al grido “zingari, bastardi”. Ne raggiunse uno afferrandolo per i capelli, costringendolo a terra, colpendolo a calci. Intervenimmo, contro quel pestaggio di natura razzista d’un ragazzino inerme e l’uomo, colto di sorpresa, mollò la presa. Il ragazzino dal muso sporco scappò lesto raggiungendo i compari, tutti insieme dileguandosi velocemente tra la folla ai piedi della scalinata. Col portafoglio di quell’uomo. “Ma voi siete fortunati”, ci disse. Tranne 10mila lire e la tessera del Partito, soldi e documenti li teneva altrove.

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Roma, 11-13 ottobre,alla ricerca d’una luce

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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