La diversità crea risate e traumi ma basta un pizzico di umanità e tutto può risolversi (chi vuol intendere in tenda, gli altri …)

Una bellissima vignetta trovata in facebook che mi ha riportato alla mia infanzia. Avevo se non ricordo male sette anni. Con mamma e papà abitavamo fuori mura, in un appartamento all’ultimo piano di una zona dove ancora abbondavano i campi, via IV Novembre. Eravamo agli inizi degli anni ’60, gli anni del boom economico, della speranza di un futuro migliore. Un giorno, sul balcone, papà mi indicò la strada dicendo che tutte quelle gru erano l’indicazione di un futuro appunto di progresso, di espansione, di benessere. Io strabuzzai gli occhi e chiesi “quali gru, papà?“. Così in famiglia si scoprì la mia “pesante” miopia. Inevitabile la visita da un oculista, la prescrizione di lenti, l’acquisto di un bel paio d’occhiali (in realtà d’una fattura decisamente orribile). Dopo qualche giorno con quegli inusuali strumenti visivi che mi avevano permesso di vedere le famose gru venendo a contatto con il grande sviluppo edilizio della città, sono andato a scuola, era la prima o seconda elementare. Tenendoli nell’astuccio rigorosamente chiusi nella cartella. Giornata normale: il maestro insegnava, gli amici con regolare giacchetta nera e girocollo bianco un poco facevano attenzione alla lezione un pò pensavano alle farfalle e ai giochi. Le bambine (e soprattutto la mia ragazzina coi capelli rossi – in realtà castano chiari, forse biondini – stile Charlie Brown), a loro volta col grembiulino nero, stavano nell’aula dopo, unica possibilità d’incontro all’ingresso e al termine delle lezioni agli attaccapanni al muro, confinanti i nostri coi loro. Ad un certo punto tornando al maestro che parlava e ai compagni che si distraevano tranne un unico secchione, ho estratto gli occhiali, li ho indossati e, considerato che stavo nel primo banco, mi sono alzato in piedi girandomi verso gli amici. Grande sorpresa. Un improvviso silenzio calò sulla classe. Un lungo silenzio attonito, stupito. Poi lo scoppio di risate. Sonore, sguaiate, incontenibili, feroci. Mi sentii morire. Travolto dalla vergogna. Mentre il Maestro invitava alla calma e riportava una parvenza d’ordine, rimisi gli occhiali nel loro astuccio e lì sono rimasti ad ogni uscita pubblica per 11 anni. Fino al compimento dei 18, quando con l’arrivo della patente mi erano indispensabili per guidare e finalmente scoprii un mondo diverso, un mondo dove riconoscevo e salutavo anche chi passava sul marciapiede dell’altro lato della strada non più semplice ombra colorata avvolta nella nebbia. Sì, i bambini sanno essere crudeli. Magari inconsapevolmente. Ma crudeli, addirittura feroci. Per questo credo utile proporre la vignetta che riporta un grande esempio di umanità. Per quanto al mio maestro invitò i bambini al silenzio ma il giorno dopo non si presentò con gli occhiali. Peccato.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.