Rifondazione socialista? Sì, ma a sinistra, per un governo riformista, non come banderuole al vento buone per tutte le stagioni

Quando Valdo Spini e Gavino Angius, a settembre 2007, annunciarono l’addio a Sinistra Democratica, la formazione nata dalla decisione di non seguire i compagni D.S. nell’avventura dell’incontro con i cattolici della Margherita, ho avuto moltissime perplessità.

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Certo, la decisione di Fabio Mussi di andare verso l’abbraccio con Rifondazione Comunista e Diliberto significava un definitivo abbandono del percorso affermato il 5 maggio 2007 all’Eur, alla costituzione di SD: aderire alla Sinistra Arcobaleno significava abbandonare il riferimento al Socialismo europeo ed un ritorno alla nostalgia per il comunismo che fu e soprattutto alla cultura del no (sempre e comunque No Tav, No Mose, No dalMolin, No Ponte, No tutto).

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La scelta alternativa di Valdo e Gavino, aderire alla Costituente Socialista, però, sembrava un percorso altrettanto denso di dubbi proprio per la volontà dichiarata di superare la diaspora riportando sotto lo stesso tetto sia compagni coerentemente da sempre impegnati nell’ambito dell’Ulivo e del centrosinistra, sia quei socialisti o presunti tali che, pietendo posti poi negati, non avevano esitato all’indomani dello scioglimento del PSI ad accodarsi sin dal 1994 al carro dell’allora vincitore Berlusconi.

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Spini e DelBue, Angius e DeMichelis allo stesso tavolo? Una convivenza difficile tanto più poi se ricondotta dal vertice alle periferie e le contraddizioni, latenti per tutti questi mesi, dopo il risultato elettorale per certi versi inferiore alle aspettative, emergono, come era inevitabile.

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La campagna elettorale era difficile: troppo poco il tempo per recuperare una credibilità svanita con le mani in pasta di Bettino Craxi ed ulteriormente minata dall’impressione (certo ingenerosa ma largamente diffusa nella coscienza collettiva) che i socialisti italiani siano banderuole al vento, pronti cioè a porre il sedere sulla prima poltrona che si renda disponibile vendendosi, per questa, al miglior offerente.

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Ed ora, dopo il risultato uscito dall’urna, i nodi vengono al pettine e a rialzar la testa sono proprio i transfughi della deludente esperienza berlusconiana (deludente nel senso che alla fine nemmeno il generoso Silvio è stato disposto ad un trattamento diverso da quello poi garantito anche a Mastella: l’esclusione dalle spartizioni di chi rappresentava poco più di sé stesso, da Gianni DeMichelis fino a Bobo Craxi).

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Succede a livello nazionale e lo schema si ripropone anche in sede periferica: riemergono metodi da “signori delle tessere”, personaggi senza più alcuno spazio politico tentano di riproporsi contando sull’innegabile sconcerto derivante dal risultato elettorale. Potersi fregiare della rappresentanza anche di un misero 1% può essere utile al piccolo cabotaggio di chi sopravvive nel sottobosco del potere illudendosi di poter tornare al gioco antico dell’ago della bilancia. Così si scopre che qualche vecchio esponente ha fatto veri e propri investimenti iscrivendo al PS voluto da Boselli e Angius personaggi utili a fini personalistici ma che mai e poi mai hanno pensato o sognerebbero di votare socialista o perlomeno di votare un Partito in linea con il socialismo europeo, ineluttabilmente alternativo alla destra moderata di Berlusconi e soci.

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«La presenza di molti ex Ds non è stata gradita dai nostri sostenitori che si sono allontanati – ha addirittura sostenuto a Piacenza Federico Scarpa, gruppo DeMichelis, in una conferenza stampa post elettorale del tutto fuori luogo, utile solo al personaggio politicamente inaffidabile e inattendibile per la nota attitudine a saltare dall’un cavallo all’altro, possibilmente quello vincente.

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A Piacenza, come altrove, dovremo essere un soggetto libero, che si confronterà con tutti solo sulla base dei programmi”, ha insistito rivelando quel che già si sapeva: non importa quel che si fa, conta chi paga in termini di potere distribuito.

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Per fortuna politicamente Scarpa, come Del Bue e DeMichelis, contano per sé stessi (oltre magari per qualche pacchetto di tessere di aficionados del tutto assenti nella recente campagna elettorale come rileva lo stesso Scarpa) ma certo non è facile credere esista un futuro per un Partito che ospita simili incoerenze.

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In diverse occasioni è emerso con chiarezza durante la campagna elettorale: esiste potenzialmente un grande spazio per la cultura socialista e riformista nel nostro Paese ma se questo spazio vuole essere occupato da un Partito Socialista rifondato e rinnovato, occorre liberarsi di un passato, dei metodi, degli uomini che il Paese ha già in più occasioni condannato con sentenza definitiva.

Un percorso non facile per il quale sarebbe indispensabile il contributo di energie nuove, di quanti in questi mesi sono rimasti alla finestra in attesa di conferme e sviluppi, a partire proprio da quella Sinistra Democratica che, a sua volta, all’indomani del risultato elettorale altrettanto deludente, dovrà con chiarezza definire la scelta tra un antagonismo nostalgico senza prospettive ed una chiara progettualità nell’ambito riformista del socialismo europeo.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

3 Risposte a “Rifondazione socialista? Sì, ma a sinistra, per un governo riformista, non come banderuole al vento buone per tutte le stagioni”

  1. se proprio bisogna fare la caccia alle streghe

    De Michelis dovrebbe fare parecchia autocritica

    ionon lo avrei mandato mai e poi mai nei programmi televisivi a rappresentare il partito

  2. tutto tranne quella frase sui no a tutto:

    notav-15 miliardi di euro per 40 km di tunnel che distrugge un ambiente naturale dove c’ è amianto, questo è il problema. inoltre in altre zone fanno il tav senza alcun rispetto dell ambiente, distruggendo l assetto idrogeologico…e poi ci lamentiamo della siccità e della carenza di acqua che è un bene prezioso.

    no mose-un opera faraonica e supercostosa che…potrebbe non servire a nulla. il prgetto è ideato in base alle attuali condizioni dell acqua, se aumenta il livello i miliardi di euro e le migliaia di tonnellate di cemento del mose sarebbero buttati al vento. ci sono alternative piu efficaci e efficienti, e meno costose.

    no dal molin-craxi per lo meno si faceva sentire a sigonella…la base a vicenza è una vergogna ma se proprio la si deve fare bisogna avere garanzie che sarà lultima base americana costruita, e che a breve se ne andranno in altri posti. un socialismo patriottico dovrebbe avere le palle di farlo.

    no ponte-il ponte di messina costa tanto, però quei soldi non li si volgiono investire per le infrastrutture fondamentali per sicilia e calabria. il ponte arricchirà la mafia. il ponte starà su un area sismica molto instabile. il ponte creerà problemi alla flora e la fauna marina.

    ogni no è motivato, ed ha delle alternative da chi dice no.

    se il socialismo non vuole fare gli stessi errori di 20 anni fa è il caso di limare questi errori fin da subito, visto il manifesto ecosocialista che ho apprezzato.

    Rigitans

  3. Caro Rigitans, lungi da me sostenere che tutti i No citati debbano diventare si. Il problema però è l’impressione d’una sinistra aprioristicamente per il no a prescindere e, su questo, non sono d’accordo. Ti osservo peraltro che nel programma dell’Unione, pur con specifici distinguo, molti di quei progetti erano compresi e accettati dalla sinistra alternativa. Come spiegare dunque che quei “sì, a condizione che” si siano trasformati in campagna elettorale in “assolutamente e comunque no”? Una contradizione che l’Arcobaleno, a mio parere, ha pagato duramente.

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