Era il 1990, da qualche mese avevo lasciato Piacenza per un incarico dirigenziale all’Asl 15 di Mirandola (Mo). Una telefonata mi avvertì che avevo ottenuto la docenza in ‘Legislazione sociale’ alla Scuola per Infermieri a Fiorenzuola d’Arda (Pc) ovvero la mia città natale. Un’esperienza che si rivelò importante grazie ad un rapporto eccellente con le “ragazze”, una trentina di allieve.
Un rapporto non sempre lineare: un giorno, viste le intemperanze della classe, con tutte che parlavano tra loro disinteressate alla lezione, semplicemente, stanco di urlare, me ne sono uscito annotando sul registro l’impossibilità di governare la classe. Come ho poi saputo intervenne la direttrice castigando le ragazze che, nelle successive lezioni sembravano mute come e più dei pesci.
Solo quando rivelai la mia gioia perché finalmente mi avevano “regalato la lavastoviglie“, sgranarono gli occhi e a bocca aperta chiesero “ma come, lei lava i piatti?“. Già erano ancora tempi che i piatti di casa erano riservati di precetto alle mogli mentre i babbi affrontavano la poltrona del salotto per leggere il quotidiano o guardare la tv. Da quel momento diventai un loro eroe.
Insomma, comunque un bel rapporto, una bella esperienza. Come ho scritto lavoravo all’Asl di Mirandola e dormivo in una bettola a pochi chilometri dal paese, bagno in comune, un maledetto gallo in piena forma (specie canora), talvolta in compagnia di qualche cimice che veniva dalla campagna. Mi ero comprato una Fiat 126 usata così arrivavo in ufficio di prima mattina, alle 7.30 circa.
Alle 13.00 di quei mesi se ben ricordo tra febbraio e maggio lasciavo l’ufficio, andavo a 120 all’ora per percorre i 30 chilometri necessari per raggiungere la stazione di Modena. Alle 13.35 ero sul treno, alle 14.30 entravo in aula, a Fiorenzuola, trafelato, un pò sudato per la corsa dalla ferrovia alla sede della scuola, ma soddisfatto. La docenza durava 3 ore. Di nuovo di corsa fino alla stazione del paesello natio, alle 20.00 circa ero a casa, da Dalila e dai due figli allora piccoli. Il giorno dopo sveglia alle 4.30, treno poco dopo le 5.00, la 126 mi aspettava in stazione a Modena, se non alle 7.30, alle 8.00 ero in ufficio.
Una bella tirata, ma ci credevo, l’insegnamento era tra le mie corde, decisamente molto più del lavoro d’ufficio ordinario: avevo scelto, in cambio di una posizione dirigenziale, di abbandonare le illusioni di fare giornalismo ed ero partito alla volta di Mirandola per un pendolarismo non certo leggero. Partenza alle 5.00 del lunedì, ritorno al sabato. Con l’eccezione appunto del giorno settimanale di docenza a Fiorenzuola.
Non sapevo che, dopo l’estate, la mia vita sarebbe cambiata di nuovo. A fine dicembre di quel 1990 avevo salutato Mirandola per entare nel nuovo ufficio all’Asl 1, a Castel San Giovanni. Decisione condizionata dal fatto che questo avrebbe favorito la continuità della docenza alla sezione di Fiorenzuola della scuola a partire da febbraio 1991.
Invece sorpresa: non arrivavano avvisi di conferma dell’incarico così, preoccupato, telefonai alla segreteria di direzione della scuola. Amara sorpresa: nessun rinnovo, un’infermiera di segreteria mi informò che “si è resa disponibile una dottoressa, laureata in legge, molto brava“. Quindi io ero uno scarto? “Ma no, solo che lei lavora all’Asl di Fiorenzuola“. Lei si chiamava dottoressa Graziana Orlandi.
Il nostro primo ‘contatto’. In realtà ci saremmo poi incontrati di persona e conosciuti circa sette anni dopo quando l’Asl di Piacenza (che aveva inglobato sia l’Asl di Castel San Giovanni che l’Asl di Fiorenzuola) e da lì sarebbe iniziata la nostra collaborazione. Fino ad oggi, fino al suo ‘collocamento a riposo’.
Una precisazione per completezza di ricordo: persa la docenza a Fiorenzuola all’ultimo minuto ho avuto un incarico alla sezione della scuola di Castel San Giovanni, incarico che poi avrei perso nel 1992 per essere infine nominato per l’insegnamento alla scuola di Piacenza dove sarei poi rimasto fino al 2012, prima di ‘appendere la toga al chiodo‘ (la toga poichè la scuola dopo essere diventata diploma di laurea si sarebbe ulteriormente trasformata in corso di laurea). Insomma, alla fin fine non posso far altro che ringraziare Graziana per quello che il tempo rivelò un favore mentre, per quanto al futuro, “buon tempo e mille crociere per te, cara collega e amica“.