Prospero Cravedi, fotografo dell’anima di Piacenza, ci ha lasciati

Prospero Cravedi, fotografo dell’anima della città (Piacenza) ci ha lasciati. Personalmente non ho avuto molti incontri, con lui, la nostra era una di quelle conoscenze occasionali legate al fatto di condividere la stessa città e talvolta interessi ed eventi in qualche modo comuni più che altro (ma non solo) per il fatto del suo lavoro. In realtà nemmeno ci si salutava salvo un modesto cenno del capo o un increspare delle labbra simil sorriso. Nessuno ci ha mai presentati. Che mi ricordi il primo incontro è stato in occasione del mio libro, un saggio sulle proposte di legge in materia di diffusione delle sostanze stupefacenti con un’appendice sulla situazione piacentina. Era il 1982. Incaricato dal quotidiano locale, Libertà, semplicemente mi diede appuntamento non ricordo in quale via. Il tutto si risolse in uno scatto. Peraltro io avevo il sole dritto negli occhi per cui il risultato fu un’immagine riprodotta sul quotidiano nella quale sembravo praticamente cieco. Insomma, non certo un gran bel lavoro. Diciamo la verità: un pessimo lavoro. La sensazione era che quello per lui fosse un incarico di routine. Niente di particolare, assolutamente legittimo. Salvochè non ci fosse anche qualche problema di tipo politico. Non mi è mai parso, lui vicino al PCI, tenero con i socialisti ed io, all’epoca segretario della giovanile socialista, ero additato sulla stampa della Federazione di via Chiapponi (impegnata sulla linea del compromesso storico con il biancofiore) come eretico attiguo ai movimenti extraparlamentari. Il fratello, Mario, parlamentare, qualche anno prima mi aveva tacciato di fascismo per essermi opposto alla linea del compromesso storico e in un famoso 1° maggio mi ero preso in piazza un’ombrellata in testa quando semplicemente mi ero messo di mezzo per evitare lo scontro tra i manifestanti del PCI e quelli extraparlamentari del MLS (peccato non esista documentazione fotografica dell’episodio – salvochè, pur avendo lui immortalato quei momenti il rotolino non sia stato ‘secretato’ -). Invero nientedichè, semplicemente dialettica divergente rispetto all’obiettivo dell’alternativa di sinistra. Purtroppo poi venne Craxi e l’infame caf (il patto d’acciaio Craxi, Andreotti, Forlani), io m’allontanai dalla città e da quel degenerato PSI e con Prospero non ho più avuto occasione di contatti. Lo ritrovai quasi dieci anni dopo, sul finire degli anni 90, nel Pds prima e nei Ds poi. Altri dieci anni, 4 congressi fino al 2007 e lui puntuale arrivava ad immortalare i momenti di dibattito più significativi. Non abbiamo mai avuto confronti dialettici approfonditi, al massimo un paio di battute che evidenziavano le nostre diverse posizioni all’interno del movimento operaio: anche se ormai eravamo nello stesso partito le differenze erano marcate, in fondo io restavo socialista e lui comunista, problema che non era certo circoscritto solo a noi due ma era di tutti i ‘reduci’ confluiti nei DS ma certo senza rinnegare le rispettive storie. Non per questo eravamo avversari, anzi. In fondo ci dividevano i mezzi per arrivare al fine comune, non certo il fine. Per questo ad ogni pur casuale ed ormai occasionale incontro non mancavamo il solito cenno col capo e il mezzo sorriso. Tantochè, passato un altro decennio, arrivati al finire dei primi anni duemila, quando alla Cavallerizza è stato proiettato un cortometraggio di Fabrizio, mio figlio, e naturalmente lui era lì con la sua macchina fotografica, l’ho avvicinato e con l’orgoglio di padre (e di compagno) a lui, proprio a lui ho confidato facendo riferimento al contenuto sociale del cortometraggio, “hai visto, l’ho cresciuto bene”. Lui, come sempre, uomo di poche parole, avvolto nel suo eskimo, ha sorriso. Sono certo che però ha pensato, canzonandomi, in lotta come sempre sui mezzi per raggiungere il fine (lui era confluito col PD mentre io avevo abbandonato quel partito un istante prima che nascesse perché … non sarei mai morto democristiano) “sì, però speriamo non sia socialista”. Non ho altri ricordi significativi, salvo il fatto che per un breve periodo Fabrizio ha lavorato con suo figlio Ettore e salvo qualche incontro alle mie rap-presentazioni poetiche (l’ultimo pochi mesi fa in Fondazione) ma questo rientrava nella norma e sarà proprio questo a mancarmi di più: la certezza di vederlo immortalare un istante, uno dei tanti che rappresentano la vita della nostra città con gli occhi di compagno attento ai valori comuni della giustizia e dell’equità sociale. Mi mancherà. Il saluto col cenno del capo e quel sorriso che non ci siamo mai negati pur nella diversità dei mezzi per raggiungere il fine comune.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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