La cosa più strana è sentire ancora il mio peso, come se avessi gravità, invece non lascio più impronte, neppure nella polvere. Tutti i film che ho visto non mi hanno insegnato niente, niente di tutto questo è immaginabile. Attraversare i muri è solo un gioco, neppure troppo divertente. A lei i giochi sono sempre piaciuti, come se fosse rimasta bambina, ma non può più gridare e ridere con me. Quando ho preso la pistola dal tavolo e me la sono puntata alla tempia, pensavo di vincere ancora per uno sparo contro il destino, l’avevo fatto altre volte. Ho vissuto sentendomi un eroe e sono morto da scemo. Credevo nella mia fortuna e questo era il mio coraggio, ero innamorato di lei e questo mi dava la sensazione di essere eterno, ma era un amore che non sapevo riconoscere e che non potevo mostrarle. Ho perso il mio corpo e ogni sentimento, ora posso solo ricordare. La tristezza è nel vuoto. La felicità è l’aria che fa muovere l’erba dei prati. L’odio è un fulmine che cade e brucia l’albero più alto. L’amore è proprio come il Paradiso in cui non ho mai creduto. Adesso sento una distanza, come il gelo di una stagione che non ne aspetta altre. La neve è nel silenzio ovattato dei miei movimenti, il buio è un luogo senza un sole che illumini la mia forma. Ma c’è qualcosa che mi tiene ancora vicino a lei, non riesco a lasciarla. Forse è l’amore dei morti, quello che provo. Non ho mai amato la vita. Lei è stata il mio unico amore e lo è anche adesso. L’aspetto a casa ogni sera e veglio il suo sonno quando si addormenta. Vorrei essere la brezza della notte, che in estate entra dalla finestra socchiusa per accarezzarla. Non ho mai voluto sapere quanto mi amasse, ma ho raccolto le sue lacrime tra le mani come fossero l’ultimo tesoro che potesse darmi la vita terrena, un attimo prima di diventare impalpabile. I fantasmi possono adornarsi di lacrime, farne collane e corone, per asciugare il pianto di chi hanno amato. Per me, la realtà dei vivi è una percezione sfuocata. Lei si muove tra le stanze e si confonde nell’acqua di un abisso lontano. È la dissolvenza di un sogno, come se ogni volta che la vedo stessi per svegliarmi, come se fossi solo nel sogno e solo nel letto al risveglio. Ma non riesco a lasciarla. Sussurro senza voce il suo nome, piccole bolle vuote di suoni mi escono dalle labbra e le girano intorno senza toccare i suoi sensi. Siamo entrambi fantasmi, io per lei e lei per me. Anche questo amore sbiadito, senza un cuore che batte, è ancora amore. Ho labbra mute di dolcezza e di baci, ho braccia che stringono l’illusione solo per trovare il ricordo del calore di un corpo, ma ancora, anche l’amore di un morto, è proprio come il Paradiso. In questo limbo prezioso dove adesso mi cullo, esploro tutto quello di cui non mi sono mai accorto. Lei ha una luce propria, quando si muove e anche nella notte. È la sua pelle bianca e il mondo che si specchia nei suoi occhi chiari, come sul cristallo di un calice che non posso toccare. È il colore indefinibile dei suoi capelli, fatti del filo di sabbia con cui si ammanta la più bella delle sirene. È una luce di cui io non ho mai avuto merito. In questo mare scuro, ho nuotato verso il fondo per ritrovare la meraviglia di un tesoro che ho lasciato cadere dal mio battello. Ero re e mi sono perso nel labirinto che io stesso ho costruito, senza prendere per mano la mia regina. Proprio adesso lei mi siede di fronte, con i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani tra i capelli, sembra fatta di cenere, come se l’inverno in cui vivo fosse riuscito a passare sotto la sua porta e avesse spento il suo fuoco. Raccolgo ancora una volta le sue lacrime in un nodo di perle e gliene faccio dono, come un pegno per un amore che ho ignorato. Il paradiso è proprio come l’amore che avevo accanto.
Grazie, Conte, per trovare sempre uno spazio per me!