“Primo giorno di scuola: alle superiori!”, lettera di A., ragazzo con sindrome di down, ai nuovi compagni

Down’s high five, olio su tela di Diedrik Boyen

Cari professori , cari nuovi compagni ,
Oggi si comincia.
Un nuovo importante passo. Accompagnato dai timori che ogni grande cambiamento comporta.
Carico delle aspettative che sempre io e i miei genitori riponiamo nei nuovi inizi.
Oggi è il mio primo giorno di scuola superiore e io e i miei siamo davvero emozionati nel compiere questo grande passo (va bene, forse loro lo sono ancora più di me!). Quante paure, incertezze, quando sono nato! E invece eccoci qua!

Mi chiamo A., ho 14 anni, e sono un ragazzo con la sindrome di Down.
Non sono un ragazzo down, tantomeno sono affetto dalla sindrome di Down, perchè la mia non è una malattia ma una condizione genetica che mi accompagnera’ per tutta la vita.
Una mia speciale caratteristica.
Ci tengo a precisarlo perchè le parole sono importanti, soprattutto per i miei compagni (e i loro genitori) che in questi anni mi hanno accolto sempre con il retropensiero che fossi strano, malato, incapace, e come tale mi hanno trattato fingendo un’inclusione che non esiste ma che va tanto di moda. Magari avessero fatto domande per meglio comprendere le mie peculiarità!!! Avrei spiegato loro che questo cromosoma in più è come un gancetto invisibile che mi porto sempre dietro.E’ come se fosse attaccato a me con un filo, e me lo trascinassi dietro: a volte si incastra tra le cose perchè ingombrante o pesante, a volte non mi permette di andare veloce, o di capire bene cosa mi stanno chiedendo, a volte mi fa proprio arrabbiare, ma al contempo mi rende speciale.
Ma non è una cosa cattiva, un mostro da combattere o qualcosa per cui essere triste: è soltanto una piccola parte del mio essere semplicemente Ale.
Posso fare tutto ciò che fate voialtri , come parlare, giocare, correre, imparare a leggere, scrivere e disegnare, vestirsi, mangiare da solo, viaggiare, suonare, ascoltare musica, andare a ballare, scegliere amici del cuore con i quali condividere maggiormente le mie giornate in aula e fuori. Ma a volte ho bisogno di un po’ più tempo, o di un aiuto extra da parte di insegnanti e compagni di classe, o di un programma scolastico fatto apposta per me proprio perchè possa essere orgoglioso del mio imparare. E questo non è un vantaggio, come molte stupide mamme hanno lamentato con la mia in passato, ma un modo per non farmi restare indietro. Quando ero piccolo,
molti genitori degli altri bambini della scuola si informavano su nazionalità ed eventuali BES perché secondo loro queste “categorie” rallentavano il ritmo delle classi. Lo hanno fatto anche alla scuola calcio, e io non ho potuto mai giocare a pallone. Questo scremare, classificare, selezionare, inizia a fare tanta paura alla mia mamma, al mio papà, a chi mi ama e a volte li ho sentiti preoccupati tanto, o piangere per me, ma lottando sempre e non mollando mai. Ora però un certo modo di fare inizia a far paura anche a me. Mi pare si stia ritornando pericolosamente indietro, in un passato lontano che alle medie ho studiato e capito, ma di nuovo presente nelle nostre quotidianità fatte di finta perfezione. Mi spaventa questa non accettazione di quello che voi percepite come diverso, soprattutto se la forma di razzismo si rivolge ai ragazzi con disabilità come me. Un compagno con un ritardo non dovrebbe essere accolto perché così prevede la legge. Mamma e papà sono convinti che più comprensione su qualcosa che non si conosce porterebbe ad una maggiore accettazione, lealtà e rispetto. Ma non è stato spesso così. Soprattutto poi gli amici si sono scocciati e alla fine mi hanno sempre lasciato solo: ero un pupazzetto tenero con cui giocare un po’ e poi ,come tutti i bambolotti ,messi in soffitta. O ci sono stati quelli che davanti scuola mi prendevano in giro: beh non fatelo perché so difendermi abbastanza bene…..
Ora sono cresciuto e ho più consapevolezza di me , e di questo soffro, e così a volte chiedo alla mamma se sono diverso e lei mi dice che ognuno di noi è diverso, unico ed irripetibile.
Non so se mi convincono queste sue parole, ma ci sto lavorando. Questa mia diversità mi turba,mi preoccupa, io provo a inseguirvi tutti ma non sempre riesco. Però so di essere molto bravo nel capire quando le persone sono tristi e nei miei abbracci silenziosi sento il loro cuore parlare; so aver cura di tutti;so essere sincero e leale; sono attento e rispettoso.

Credete in me! Fissate per me grandi obiettivi e aspettatevi grandi risultati, come alunno e come amico. Non fate al posto mio, siate pazienti e anche se qualche volta mi scoraggerò e deciderò di non provarci da solo, ricordatemi che ce la posso fare, dando il mio meglio. Posso farcela! E se avrò bisogno di una spiegazione in più, vorrà dire che tutti potranno godere di un altro punto di osservazione. Le difficoltà dovrebbero unire, non dividere.
Che’ poi, dove dobbiamo andare con tutta questa fretta, che non possiamo aspettare chi ha un passo diverso? È come se durante un viaggio, non ci fermassimo mai ad ammirare il panorama…E io sono un orizzonte spesso inesplorato ma che vale la pena avvicinare.

Il mondo l’hanno salvato i “diversi” o no??? I poveri che non si sono rassegnati alla loro condizione di svantaggio sociale, i matematici schizofrenici, i poeti maledetti, i pittori depressi e gli inventori visionari.
Il mondo è di tutti, soprattutto degli ultimi, perché ci insegnano a non scavalcare la fila, ma a guadagnarci il traguardo senza possibilità di dopare gli eventi.
E allora insegnatemi tutto. Rispettatemi e vogliatemi bene. E siate disposti ad imparare voi stessi da me. Sarò un bellissimo , inatteso, viaggio.
Come diceva Maria Montessori, spesso è l’ adulto che deve farsi umile ed imparare dal bambino ad essere grande.
E io, insieme a voi, so di essere in buone mani.
Vi voglio già bene.
A..

La lettera di A. è stata pubblicata ieri in facebook dalla mamma, come tutte le mamme un pò timorosa per l’avvio della nuova ‘gloriosa’ avventura, un pò orgogliosa del traguardo raggiunto dal figlio.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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