“Covid, 433 giorni dopo il contagio, 334 giorni dalla “liberazione” ma ancora non é finita”

Domenica 13 giugno 2021, si festeggia la nuova dimissione

Anzi, per la precisazione 424 giorni dopo il ricovero (durato 87 giorni passando dal Pronto Soccorso, Malattie Infettive, Rianimazione, Terapia Intensiva, Recupero fisico e respiratorio) e circa 433 dopo il contagio. Subito dopo “la liberazione” (17 giugno 2020) é iniziata la terapia di recupero fisico, prima con l’assistenza domiciliare da parte di due graziose fisioterapiste asl, Isabella e Valentina (oggi in dolce attesa) e un’infermiera, Marica, che ancora, tanti mesi dopo, settimanalmente bussa alla porta. Poi, da fine agosto, riabilitazione nella palestra asl presso il Centro Inacqua. Dove, a settembre, mentre i piedi (lesioni ai nervi SPE) mostravano segni di vita, le dita mostravano un colore violaceo: problemi di circolazione. Invano chiedevo una visita tempestiva alla diabetologia a dicembre. Ottenevo la prenotazione per la fine di aprile. Tuttavia, grazie alla dottoressa Amelia Zannino del reparto appunto di fisiatria, a febbraio, peggiorando la situazione, ottenevo la visita in urgenza ma l’esito era tranquillizzante: non si trattava di piede diabetico. Purtroppo la buona notizia non era giustificata. In breve la situazione é degenerata, si è sviluppata un’infezione ossea (osteomielite) che ha interessato il 3° dito del piede destro con situazione a rischio anche per i due alluci. A questo proposito si rendeva necessaria la rivascolarizzazione (ottimizzazione della circolazione del sangue) della femorale destra con inserimento di stent che ho fatto il 17 marzo per poi restare in attesa di analogo intervento per la femorale sinistra. Nell’attesa mi imbottivo di antibiotico diciamo aspecifico e passavano i mesi senza risultati rilevanti. Anzi. Ai primi di maggio la prima crisi: febbre altissima, tremori terribili, un giorno e una notte in Pronto Soccorso quindi in un letto nel reparto di Medicina dove si é continuato a pensare all’infezione ossea (osteomielite) al dito del piede come causa della reazione, cambiando l’antibiotico che sarebbe stato confermato fino al momento della operazione alla femorale sinistra. Operazione che purtroppo, mentre venivo dimesso, subiva vari ritardi per indisponibilità e problemi organizzativi della struttura. Ma finalmente tutto sembrava sbloccarsi, con definizione della data dell’intervento a martedì 8 giugno. Purtroppo il 1° giugno di nuovo una crisi: febbre a 39°, tremori spontanei, difficoltà a muovermi, ambulanza, Pronto Soccorso, Medicina d’urgenza. Iniziavano le verifiche per accertare le cause dell’infezione e fortunatamente veniva esclusa l’infezione aggiuntiva alle vie urinarie. Nell’attesa della verifica dell’infezione ossea venivano ridefinite le terapie antibiotiche con l’osservazione da parte del medico infettivologo (tardiva? Poteva essere richiesta prima?). Dopo due giorni venivo trasferito in Medicina Interna e dopo altri 3 giorni (ormai senza febbre) finalmente in Chirurgia Programmata. Domanda: potevo essere sottoposto alla femorografia oppure saltava tutto? Ebbene, per fortuna nessun ostacolo: lunedì 7 entravo in camera operatoria per la “bonifica chirurgica” del famoso 3° dito (meglio quello che non il rischio del propagarsi dell’infezione ossea) e martedì 8 é stata la volta della femorale con posizionamento di tre stent e un quarto di tipo Bentley. I risultati in miglioramento sono stati immediati, tanto per l’alluce piede destro quanto per l’alluce piede sinistro. Insomma, tra uno stent e l’altro non vivrò di stenti. Bene l’orrenda battuta, indice di un buon morale, tuttavia la liberazione, prevista già per mercoledì 9, su richiesta dell’infettivologo veniva rinviata. Immaginate il carico psicologico di un rinvio per chi già alle spalle aveva avuto 87 giorni di “segregazione”? Per fortuna i tempi sono stati ridottissimi, giovedì 10 mi veniva comunicata la dimissione per venerdì 11 giugno. Quando ecco la sorpresa rivelatrice che mi lascia a bocca aperta: il medico infettivologo sospende la terapia antibiotica domiciliare: vien dichiarata l’innocenza di quanto avvenuto ai piedi e all’osso. Dunque quell’infezione non era il problema. Viene invece accertata la presenza di un batterio, la Klebsiella pneumoniae, ad altissimo grado di resistenza, riconducibile al lunghissimo ricovero del 2020 compresa Rianimazione per grave polmonite Sars-cov 2 correlata. Ora spetta al mio corpo reagire. E se perde la battaglia? Al riapparire della febbre devo tornare in Pronto Soccorso per essere ricoverato stavolta in Malattie Infettive 15 giorni ed essere sottoposto a terapia antibiotica da cavallo per via endovenosa, terapia che richiede appunto la costanza del ricovero. Ve l’immagine far passare il tempo in isolamento 15 giorni in piena estate (non si sa neanche se e quando) con mille altre cose da fare? Una prospettiva da incubo! Ma intanto venerdì 11 giugno eccomi all’uscita dal reparto di degenza, breve sosta di festeggiamento alla macchinetta del caffè, incontro per 4 chiacchiere all’ascensore con Emilio, ex collega fattorino, e, nel grande atrio dell’ospedale, con la bella Sara, impiegata al Centro Dichiarazioni di Nascita, e un caffè in compagnia per quattro chiacchiere al bar non può mancare. Così, il fato generoso vuole, passa anche Emanuela, caposala stupenda, generosa e capace di grandi sorrisi ma purtroppo la visita in dermatologia mi chiama: é apparsa sulla schiena una misteriosa abrasione, qualcuno ipotizza possa trattarsi di fuoco di Sant’Antonio! Per fortuna, pericolo scongiurato, arriva Dalila, si torna a casa. Il giorno dopo, sabato, gran festa con Fabrizio, Elettra e le due bambine che mi chiamano nonno domandandosi “ma perché il nonno va sempre in ospedale?”. Diamine, é quello che vorrei sapere anch’io. In attesa di domenica, altra festa di festeggiamento al ristorante Vecchia Cambusa di San Polo con Edoardo dove il morale é alle stelle, come documentato dalla foto. Peccato per quella spada di Damocle che pende sul futuro. A causa del contagio, del Covid? Macché: a causa e come conseguenza delle terapie di cura salvavita applicate 424 giorni fa.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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