Nonostante poco prima dell’inizio della manifestazione piovesse, eravamo in 4mila per dire no al caporalato, allo sfruttamento dei lavoratori, a quelle cooperative che specie nell’ambito della logistica nascono, spariscono, agiscono senza considerare le regole di solidarietà e di comunione tra lavoratori che dovrebbero essere alla base del movimento cooperativistico.
Logiche che basano il rapporto tra società appaltanti e appaltatori esclusivamente sulla logica produttivistica ed economica, laddove il fattore lavoro deve inevitabilmente essere sfruttato, vengono meno reali garanzie di stabilità specie di lungo periodo.
Una manifestazione di dimensione regionale (molto folta la delegazione reggiana) organizzata a Piacenza sia per la rilevanza del settore della logistica presente sia per ricordare il lavoratore deceduto per essere stato investito da un camion all’uscita dello stabilimento dove si stava svolgendo una protesta sindacale: “si lavora per vivere, non per morire” diceva un cartello scritto a mano, di fatto simbolo della manifestazione.
Manifestazione che, oltre ai sindacati Cgil, Cisl, Uil, promotori, ha visto la partecipazione di molte associazioni (per esempio l’Associazione Ambiente e Lavoro con in testa l’irriducibile Nanda Montanari, simbolo dell’impegno a favore del diritto del lavoro e dei lavoratori) ed anche delle istituzioni rappresentate da diversi Sindaci presenti in corteo, in testa il Sindaco di Piacenza, Paolo Dosi.
La situazione infatti è ormai insostenibile. Come rilevato dal palco in piazza Cavalli, in Regione crescono le ore di cassa integrazione, la disoccupazione, l’utilizzo dei voucer. Nell’ultimo anno sono morte sul lavoro 74 persone, 20 in più rispetto all’anno precedente. Non crescono i consumi, il governo sta perdendo la scommessa dell’occupazione dei giovani sempre più legati ben che vada alla precarietà. Da anni i contratti, specie nel pubblico impiego, non vengono rinnovati.
Il presidente del Consiglio e i ministri sembrano più impegnati a fare slide che a incidere veramente sui problemi importanti del lavoro. Si assumono provvedimenti che favoriscono le grandi imprese riducendo tasse e balzelli che in realtà finiscono con l’essere pagati dai lavoratori prima di tutto con il precariato. Un giorno escono dati che favoleggiano di aumenti dell’occupazione e dopo pochi giorni qualche Ente, INPS o INAIL che siano, smentiscono e forniscono dati diammetralmente opposti.
È troppo tempo che il tavolo nazionale sulla legalità è fermo e, per quanto riguarda gli appalti, si deve capire che questa rincorsa al massimo ribasso e il sotto costo è una questione di inciviltà poichè incide sì sulla qualità del servizio reso ma solo in minima misura. Chi davvero paga, anche in questo caso, sono i lavoratori, specie quelli deboli, che non hanno strumenti reali e concreti di difesa e di valorizzazione della professionalità.
Basta dunque con l’attuale modello di sviluppo, con il lavoro regolato solo da contratti commerciali ma attenzione anche alle logiche di accentramenti oggi imperanti. Non necessariamente accentramento di funzioni, logiche di area vasta giustificate dalla rincorsa alla presunta economicità, non sempre significano adeguatezza nei servizi resi. Sicuramente ancora una volta significano riduzione del personale e, a questo punto, quale futuro per i giovani?