Piacenza: “don Camillo e Peppone, dal cinema alla realtà”, in via Taverna 41 fino al 19 settembre

Chi, dopo aver visto più e più volte i film del parroco democristiano e del Sindaco comunista costantemente in contrapposizione politica ma nel fondo dell’anima amici fraterni, impegnati per ricostruire un mondo nuovo dopo gli anni terribili della guerra, ebbene, una visita a Brescello, il paese della bassa padana e del Grande Placido Fiume dove i film sono stati ambientati, certo non può farsela mancare. Con Dalila, diverse volte, mi sono lasciato trasportare nella magica atmosfera che sembra avvolgere il paese, immaginando di rivivere le scene dei film con Gino Cervi e Fernandel. Certo dunque era d’obbligo un passaggio e una visita alla mostra in corso in via Taverna alla Galleria d’Arte Rosso Tiziano attiva nella chiesa dei santi Nazzaro e Celso fondata nel 1025 e chiusa al culto nel 1903.

Una mostra che paragona l’arte cinematografica con quella dei fumetti, questi ultimi realizzati da ReNoir, una collana ormai giunta alla diciannovesima pubblicazione alla quale si ggiunge il “Don Camillo: il film a fumetti” che ripropone e recupera anche scene tagliate dalla pellicola finale del 1951 portata nelle sale cinematografiche. Così, ad esempio, la scena del bambino che accompagna papà Peppone all’esame di quinta elementare (indispensabile per la candidatura al Parlamento) e gli assicura che, se lo trattassero male, ci penserebbe lui “a dar loro un pugno sul muso”.

Certo, i tempi non sono più quelli. Nell’ultima occasione personale di visita a Brescello il don Camillo della realtà non mostrò la cordialità del film. Beh, a dire il vero scorbutico si presentava Fernandel, altrettanto scorbutico il parroco “in carica”: ci redarguì, quando entrammo in chiesa, che quello era un luogo di culto, che come tale meritava rispetto e niente fotografie al Cristo in croce! Chissà, forse aveva intravisto il mio animo più propenso a simpatizzare per i baffoni di Peppone piuttosto che per la veste nera del prete. Ma a proposito di quei baffoni, vediamo cosa ci racconta la mostra con le parole di Giovannino Guareschi: “il primo sole che i miei occhi videro fu il sole della mattina del 1° maggio del 1908. Un sole politico. E la politica, infatti, ribolliva tre metri sotto la mia culla, perché il 1° maggio era festa grossa laggiù alla Bassa e i rossi si addensavano nel cortile sul quale dava una finestra di casa mia, mentre un sottile soffitto di mattoni e travicelli mi divideva dagli altri rossi che affollavano il camerone della Cooperativa. […] Mi raccontava sempre mia madre che proprio il capo di quei rossi, un omaccione altro e massiccio come una quercia volle vedermi e, quando m’ebbe ben squadrato, mi tirò su con le sue manacce e, fattosi alla finestra di cucina mi mostrò agli altri rossi ancora raccolti nel cortile, spiegando loro che, essendo io nato il 1° maggio, ciò significava che sarei diventato un campione dei rossi socialisti! Quel magico mattino del 1° maggio 1908 io guardai quella chiara e onesta faccia senza vederla: ma la ritrovai anni e anni dopo, pitturata nel mio cervello, tale e quale. E oggi che Giovanni Faraboli è morto, oggi che il capo dei rossi d’un tempo è morto […] io sento il dovere e il diritto di ricordarlo, di parlare di lui”.

Altre curiosità apprese lungo il percorso tra i vari pannelli illustrativi: Giovannino è nato e cresciuto nella bassa parmigiana e, come ricorda all’inizio dei racconti, il Po nasce a Piacenza. La location scelta per il film, invece, è nel reggiano, in parte a Brescello, in parte in altri paesi che, del resto, sono un pò tutti uguali, presentano quelle caratteristiche di umanità, di gente che piega la schiena e vive in armonia con la natura che sono alla fine i ritratti trasmessi dai racconti di Guareschi, siano essi rappresentati nei film, nei romanzi, nei fumetti. Un’altra osservazione: nel 1970 si iniziò a girare a Brescello “Don Camillo et ses contestataires” per la regia di Christian Jacque, sesto film della serie, per la prima volta a colori ma sempre con Fernandel e Gino Cervi. Faceva un caldo infernale e purtroppo Fernandel ebbe un grave malore che lo costrinse a tornare precipitosamente in Francia. Così il film non fu mai finito. Venne ripreso ex novo con Gastone Moschin nei panni di don Camillo e Lionel Stander in quelli di Peppone. Cambiò anche la location, da Brescello si passò a San Secondo Parmense, e cambiò il regista individuato in Mario Camerini ma niente da fare. Nell’immaginario collettivo l’atmosfera che venti anni prima avevano saputo creare i due attori entrati nei nostri cuori era ormai persa per sempre, irripetibile.

Del resto non risulta facile nemmeno accettare i volti così diversi dei protagonisti come rappresentati nella pur interessante trasposizione sulla carta stampata con le nuvole parlanti realizzata da ReNoir ma, alla fine della visita alla mostra piacentina (visitabile ad ingresso gratuito in tutti i pomeriggi fino a sabato 19), resta comunque il piacere di aver rivissuto le belle favole di Peppone e don Camillo che ritroviamo nella Bassa, questa terra meravigliosa che costeggia il Grande Placido Fiume, dove accadono cose che non succedono da nessun’altra parte del Mondo: per l’appunto il “Mondo Piccolo”.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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