Non più pioverina, non italiana. Emigrante! Giuseppina, nonna di Maria Florencia, in mare aveva paura. Ma dove sei, Argentina?

El Glaciar Perito MorenoSanta Cruz – Patagonia (Argentina)

Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani

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Giuseppina fiocco rosso, la chiamavano al castello. Era la figlia del guardiano del bosco che circondava il castello lì a Piovera, vicino Alessandria. A domandare il perché di quel soprannome, nessuno lo ricordava più. Tutti però ricordavano il suo spirito, il suo carattere. Di quando, bambina, venne mandata a studiare nel collegio religioso, dalle suore.
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Non era un privilegio da poco, in quell’inizio secolo, poter studiare. Il destino delle ragazze e soprattutto delle figlie del popolo era quello del lavoro. Nei campi, in casa, ma pur sempre lavoro perché, al massimo, se qualcuno poteva essere ammesso a studiare, quel qualcuno era un uomo. Era fortunata, Giuseppina: per lei, come per tutti i figli dei lavoranti del castello, il Signore pagava per l’istruzione.
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Forse la realtà era che Giuseppina non era abbastanza grande per capire e poi, in definitiva, studiare era qualcosa di estraneo al suo mondo. Studiare significava esser rinchiusa in convento, lontano da casa, lontana dal castello, dai boschi, dai campi, dalla piazza di Piovera, dagli amici, dalle amiche, dalla sua gente. Qualcosa per i ricchi, i figli dei padroni, quei bambini che addirittura avevano libri in casa.
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Un espectáculo natural único – Patagonia (Argentina)
Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani
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Lei, lei no. Non voleva altro che stare col suo papà, vivere nelle due stanze che avevano assegnate all’interno del castello, bagno comune nell’aia, giocare nella corte, piuttosto dare una mano nelle stalle. Ma studiare no e dalle monache, chiusa in convento, ancora meno.
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Ma cosa poteva mai fare, una bambina in quegli anni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento? Piangere, forse. Disperarsi. Rifiutare il cibo. Giuseppina neanche per sogno. Aveva carattere e tutti, anche cresciuta, la ricordavano per quello: nessuna lacrima ma semplicemente, concretamente scappò via, per tornare a casa, dalla famiglia.
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Aveva carattere. Lo stesso carattere che dimostrò quando, giunta all’età che si conviene, incrociò gli occhi di quel ragazzetto, di Agostino, che di cognome faceva Arzani. “Arzani, Arzani, mio bell’Arzani, è bello sognare di stare con te, passare con te la vita“. Purtroppo piaceva ad un’altra, Agostino, sembrava proprio non ci fosse nulla da fare, quell’altra, quando le ragazze si incontravano alla lavanderia, affermava con sicurezza di non temere rivalità, che aveva capito tutto dagli sguardi che il “suo” ragazzo non le lesinava. Giuseppina, taceva. Carattere, ma forse fu anche fortunata.
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Quando venne la sera della festa del raccolto, quell’estate, passò ore ed ore per farsi bella, a curare e riassettare il vestito, a lisciare i capelli, pensando a quale particolare avrebbe mai potuto colpire la sua fantasia e soprattutto il suo cuore. Ogni tanto lanciando qualche pensiero a cosa mai stesse facendo quell’altra, la rivale, certo impegnata con il medesimo scopo. Come tutte, del resto, con però il fatto negativo che nel suo caso l’uomo preso di mira era lo stesso e lui, fino a quel dì, aveva mostrato interesse per l’altra. Apparentemente. Giusto a star a sentire quell’altra, che di aria alla bocca ne dava molta!
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 Por lo espectacular de la vista que ofrece, el glaciar Perito Moreno es considerado la octava maravilla del mundo
Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani
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Raccontarono in seguito la gente e in ispecie le comari del paese che, non si sa come, quell’altra, tornando dalla lavanderia, inciampò, slogandosi una caviglia e, non potendo ballare, preferì restare chiusa in casa. Forse piangendo dalla rabbia. Qualche malalingua fece cenno ad una corda mal posta proprio sul suo cammino, ma nessuno si prese la briga di seriamente indagare. Alla fine, corda o non corda, il destino decise quale fosse il seguito del cammino.
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Anche perché quella sera Giuseppina ballò come fosse farfalla, di tutte la più bella, luminosa, splendente, radiosa, seppe insomma come farsi notare come ogni donna sol che lo voglia sa fare e Agostino, travolto, avvolto nel vortice, non potè far altro che invitarla a ballare. Era bravissima, lei, era bellissimo per lui volteggiare sull’aia con lei seguendo il suono ora melodioso ora giocoso della fisarmonica. Non si sarebbero separati più. Anche quando la Grande Guerra lo costrinse al fronte, in prima linea.
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Fino al giorno del matrimonio, nella chiesa principale del paese, con tutti i lavoranti del castello in festa e la gente che veniva da tutto il circondario perché tutti volevano ammirare la figlia della guardia del bosco che si maritava. Poi la nascita di Luigina e infine, mentre l’Italia cadeva nell’inferno della dittatura delle camicie nere, l’inevitabile partenza verso l’altro mondo, un altro altrove.
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Il paese lontano, oltre il mar, dove finisce il mondo. Giuseppina, tenendo in braccio la bambina, a volte stava sul ponte della nave, a sentire la carezza del vento sul viso, tra i capelli. Il caldo tepore del sole. Cosa li aspettava di là dal mare? Guardava oltre la prua del bastimento, perdendosi nell’infinito orizzonte azzurro. Il cielo. Il mare. Senza fine. Avevano oltrepassato le coste della Spagna da un lato e quelle dell’Africa dall’altro. Poi il nulla. Acqua. Azzurra. Verde. Blu. Di nuovo azzurra. Pesci che parevano inseguire il bastimento. Che giocavano. Per un tratto, qualche giorno, uccelli, poi nemmeno più quelli. La terra, quella terra, sconosciuta, ancora chissà dove e già viaggiavano da giorni e giorni e giorni. Cosa avrebbero trovato?
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Giuseppina aveva carattere. Ma sì, anche paura. Il castello era già lontanissimo, già nulla più di un ricordo. “Oh, mamma, mamma, non ti vedrò mai più”. Aveva il magone, un nodo in gola, la voglia di piangere. Senza terra. Figli di padri lontani.  Non erano più pioverini, non più italiani. Emigranti.
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Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani
 de Argentina, pais ubicado casi en el fin del mundo
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Maria Florencia (Agustina y Valentina) Arzani
è già stata con noi
con il racconto dell’addio all’Italia dei nonni,
partiti per la lontana Argentina negli anni 20 del Novecento
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Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a “Non più pioverina, non italiana. Emigrante! Giuseppina, nonna di Maria Florencia, in mare aveva paura. Ma dove sei, Argentina?”

  1. que talento!! no se puede creer!!

    en 2 días escribir toda esta creación espectacular !!??y tan acertada ,de la nada misma…porque realmente mi aporte informativo fue mínimo ..como mucho dos o tres palabras…..

    increíble virtud!!

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