Medici e infermieri in fuga dal nostro ospedale verso il privato? Motivo che rende necessario il nuovo ospedale? Riflettiamo numeri alla mano

Una riflessione sull’articolo apparso il 23 giugno in Libertà dove si rileva che a dicembre 2019 il personale infermieristico presente nella nostra Ausl era costituito da 1471 operatori mentre a maggio 2023 ne contiamo 1592, 121 in più.  

Dunque, quando si afferma, tra i tanti motivi richiamati per sostenere l’assoluta necessità di un nuovo ospedale, che medici e infermieri lasciano il pubblico per il privato in realtà sosteniamo qualcosa di non sempre vero?

Alcune riflessioni si impongono: per esempio, lavorare negli ospizi (rsa) magari con gestioni appaltate a cooperative, spesso economicamente all’infermiere non conviene e comunque dal punto di vista professionale non risulta particolarmente qualificante (una questione di complessità di casi trattati ovviamente limitata).

Quanto alle cliniche private bisogna considerare che la possibilità di usufruire dei diritti pure stabiliti nei contratti risulta molto più complessa per cui la scelta della “fuga” dal pubblico verso le cliniche non è così naturale, anzi.

Non parliamo poi degli eventuali rapporti di lavoro con cooperative: comunque precari, sottopagati rispetto al pubblico, con diritti di fatto ancora più limitati.

Insomma, il fatto che nella realtà gli infermieri Ausl aumentino di un centinaio anziché fuggire a gambe levate non stupisce per nulla. Del resto, da dove arrivano, quegli infermieri? Spesso proprio dal privato dopo che finalmente il pubblico ha bandito i necessari concorsi attesi a lungo. 

Dunque il fatto sostenuto che il cemento (nuovo ospedale) risolva il problema dell’assenza di infermieri sembra in buona parte una leggenda o comunque quantomeno una verità non univoca. Forse una potenzialità ma solo una delle tante.

La realtà è un’altra. Dai corsi universitari di Parma escono molti giovani laureati che arrivano da altre province. Così pure ai concorsi partecipano tanti residenti altrove insieme a stranieri immigrati con scarso rapporto con la realtà locale. E molti di questi cercheranno appena possibile un riavvicinamento alla loro terra o magari una ricollocazione in una realtà sociale di maggior attrattiva (la realtà piacentina ha indubbiamente un suo fascino ma in molti casi la scelta soggettiva legittimamente fa sperare in una diversa località di vita). 

La personale recente esperienza in un reparto d’avanguardia piacentino: nessuna fuga segnalata

Nell’occasione di un recente contatto con un reparto d’avanguardia piacentino (chirurgia vascolare, primario dottor Patrizio Capelli, nessuna ‘fuga’ segnalata) si è osservato che infermieri e OSS dipendenti sono in larga maggioranza “foresti” relativamente freschi di concorso e di assunzione. Quanti di questi, tra 10 anni saranno ancora qui, ospedale nuovo o meno? Scommetto su un numero piuttosto ridotto, ma nessun problema: altri li sostituiranno dopo aver seguito un percorso analogo (laurea altrove, precarietà, partecipazione ad un concorso con assunzione localistica, trasferimento di residenza, sogno di ritorno nel loro ambiente di nascita).

Insomma, scarsa o addirittura ininfluente l’attrattiva di un ospedale nuovo. Quel che conta, per infermieri e operatori socio sanitari, è l’opportunità di lavoro. 

Ma vediamo invece la situazione per quanto ai medici

Diverso il discorso per i medici. Fuggono, si dice. Calma, non è così semplice. Intanto molti sono anziani e, a 70 anni, dalle strutture pubbliche vengono collocati a riposo ‘d’autorita’. Così, orfani di lavoro e di pazienti molti effettivamente “rifluiscono” nel privato (cliniche, ambulatori, ecc.) a tempo ridotto e altrettanto spesso in molti casi dopo un periodo limitato la maggioranza operativamente svanisce nel nulla, privilegiando il tempo libero dato dal pensionamento. 

Certo, qualche ‘fuga’ dalla nostra Ausl innegabile si registri. In alcuni casi possono subentrare problemi di rapporti personali all’interno delle equipe ma queste situazioni normalmente portano al trasferimento presso altre strutture pubbliche, non provate.

In altri casi rileviamo al momento del passaggio in pensione di qualche primario che, tra diversi aspiranti solo uno potrà trovare soddisfazione per cui, visto che non è prevista la duplicazione dei reparti, risulta inevitabile che appena possibile lo “sconfitto” trovi una collocazione primariale magari a Codogno o nel pavese. Ma, queste, non possono essere definite ‘fughe’ infatti la nuova collocazione avviene presso altre strutture pubbliche. 

In ogni caso è invece comunque vero che lavorare presso le cliniche private risulta più “sereno”. La casistica clinica dei pazienti ricoverati risulta in genere di minor complessità e responsabilità, i turni di lavoro possono essere meno pressanti, niente Pronto Soccorso, spesso di notte solo turni di reperibilità e non di presenza attiva, maggior serenità e, certo, paghe orarie superiori (alla clinica conviene il richiamo del nome, della fama, della credibilità maturate nel pubblico) magari però con numero di ore complessive di servizio ridotto.

Naturalmente il discorso cambia quando non si parla di cliniche locali o di ospedalini  viciniori ma questo è altro discorso e, se badiamo alla qualità della prestazione resa e magari alla disponibilità di strumenti diagnostici all’avanguardia – come ad esempio i robot chirurgici dal costo che è compreso tra uno e tre milioni di euro con spese di manutenzione annue comprese tra 100 e 500 mila euro annui che la nostra Ausl difficilmente potrà mai permettersi -, il pubblico spesso primeggia (ovviamente in specifiche strutture iper specialistiche che non saranno mai delocalizzate in realtà come la nostra). 

Per concludere esiste invece il problema del numero insufficiente di laureati medici rispetto al fabbisogno (soprattutto per alcune specialità), ma questo è tema di rilievo nazionale, non certo piacentino. 

Insomma, va ribadito che, contrariamente a quanto spesso si sostiene, la struttura di via Taverna ha una sua ‘naturale’ capacità di attrazione come dimostra il dato di crescita della presenza infermieristica.

Quindi, concludendo, ricondurre alla costruzione di un nuovo ospedale la speranza di risolvere i problemi che in realtà hanno una genesi generata da scelte nazionali sbagliate (numero chiuso inadeguato nelle Università mediche) o comunque i problemi della sanità piacentina sia un’illusione con una sola conseguenza concreta: l’ulteriore depauperamento delle competenze degli altri ospedali della provincia.  

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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