“MARZO DI 1991” (Albania terra mia, addio), di Lumturi Lume Plaku, estratto da “Mi manchi” edizione Roland Lushi, Tirana

7 Maggio 2016, Pontedell’Olio (Pc) – Presentazione del libro “Mi manchi”, di Lumture Lume Plaku, esule albanese

Lumturi (Lume per amici e conoscenti), ha vissuto molte vite. Prima nell’Albania stalinista di Enver Hoxha dove è diventata moglie e madre, poi dopo le timide aperture democratiche di Alia Ramiz esule, imbarcata su una nave con tanti altri fuggiaschi e approdata a Bari nel 1991. Destinata a Pontedell’Olio dove ha trovato un lavoro da badante, lentamente si è inserita tra la gente del BelPaese, ha raccontato delle sue vite, delle sue esperienze scrivendo e pubblicando 8 libri di poesie, tutti in albanese tranne uno bilingue e infine eccola impegnarsi in un libro tutto in italiano nel quale racconta di sé, della sua vita, in prosa e in poesia. Stampato a Tirana dall’editore Roland Lushi, ora Lume porta in giro il volume che ben possiamo definire autobiografico, realizzando incontri di grande interesse e di notevoli emozioni. Dalla serata di presentazione nella sede della municipalità di Pontedell’Olio di fronte ad un folto pubblico del nuovo volume “Mi manchi” il ‘racconto fotografico’ col quale s’accompagna  la riproduzione del racconto di quell’anno di svolta, quando il regime, nell’intento di garantirsi la continuità del potere, pensa di ‘liberarsi degli oppositori’ favorendone l’emigrazione. Era, appunto, il marzo del 1991.

(… da “Mi manchi”, riproduzione da pagina 11 a pagina 13 …) L’uccisione di Ceausescu, il segretario del partito comunista rumeno e Presidente della Romania spaventò molto i nostri dirigenti, tanto che quel giorno riunì il governo per cambiare alcune leggi Una di esse di concedeva al contadino il permesso di tenere le galline e altri animali, un orto, cioè diventare proprietario di qualcosa di piccolo, ma la decisione più importante fu l’abolizione della legge più terribile, quella “dell’agitazione e propaganda”: Togliendo questa legge il regime si stava scavando la propria tomba.

Chi sapeva di più, chi conosceva l’Occidente, chi conosceva i diritti umani, chi sapeva raccontare, chi sapeva cosa vuol dire libertà, ha cominciato a parlare e ad aprire gli occhi all’ignorante, cioè a colui che non sapeva.

Per la prima volta, furono aperte le porte alla Figlia del nostro Paese: la grande madre Teresa la quale, non aveva potuto essere presente alla morte dei suoi famigliari, perché le era stato negato il permesso di entrare nel suo Paese di origine.

Entrata ha trovato una povertà peggiore di quella che c’era appena dopo la Seconda guerra mondiale.

La sconfitta più grave per il regime fu quella di essere stato costretto ad accettare il pluralismo. Subito sono nate piccole celle di altri partiti e questo rappresentava naturalmente un pericolo per il partito unico0 esistente. Doveva trovare assolutamente un modo per rimanere al potere e fu così che favorì un secondo boom dell’emigrazione. Era l’inizio del 1991, ben sapevano che la maggior parte di quelli che sarebbero andati via sicuramente sarebbero stati i giovani, quelli che amavano la libertà, quelli che desideravano realizzare i sogni, quelli che non avrebbero più votato per loro, per la maggior parte si trattava dei malcontenti, dei dissidenti, dei perseguitati. Andando via questa parte della popolazione, la vecchia dirigenza avrebbe avuto maggiori possibilità di vincere di nuovo e esercitare ancora il potere.

Di conseguenza aprirono i confini di terra e di mare di un Paese ormai diventato come una prigione.

Ho scritto tutto questo, del tanto che potrei scrivere per arrivare a riprendere la frase dell’inizio: è veramente incredibile! Mai avrei pensato che sarebbe arrivato quel giorno. Quei giorni in cui il mio Paese diventò tutto nero a causa di sofferenze delle quali non riusciva a darsi spiegazione, quando la mia Madre Terra soffriva per il dolore dello svuotamento del suo ventre: andavano via i suoi figli. In quei giorni nei quali si versavano lacrime amare per quelli che se ne andavano, anch’io ho vissuto e sofferto questo grande dolore.

Il Sud dell’Albania correva lungo il confine della Grecia, camminando fra montagne coperte di neve e tanta difficoltà per andare via, qualcuno riusciva ad arrivare terminando così la sua odissea, ma qualcuno finiva morto lungo la strada. Scappavano senza avvisare le famiglie perché nessuno voleva che prendessero quelle strade pericolose. Era un dolore generale per tutti e i familiari piangevano in silenzio quando la sera non tornava a casa uno di loro. Altri passavano il confine verso la Jugoslavia, anche loro camminando per le montagne. Per arrivare in Italia dovevano invece attraversare il mare.

MARZO DI 1991 ..

In quei giorni…
Soffriva l’uomo, stringendo i denti per non versare le lacrime,
la mamma chiamava, non riusciva a trovare il figlio,
camminavano le gambe, come le ombre senza il cuore e la
testa,
correvano, andavano via, si svuotava il ventre della mia terra.
 
In quei giorni…
Il mio paese si invecchiava, la gioventù andava via,
correva, senza sapere per dove, cercava la libertà,
i muscoli legati per lungo tempo spaccavano le catene
la mia gente correva nelle strade del mondo, come un fiume
in piena.
 
In quei giorni…
Le sofferenze della mia terra, soffocata da una vita terribile,
spaccavano i cuori, provocavano una grande emorragia
portavano nel mondo le loro sapienze e mestieri
lasciando l’Albania in povertà, malata e distrutta.
 
Quei giorni…
Erano di febbre, cielo scuro, sole coperto dalle nuvole nere,
piogge di lacrime dappertutto, piangevano i cuori delle
mamme,
i bambini per i genitori, le sorelle per i fratelli che
scappavano,
piangevano quelli che andavano e tutti quelli che
rimanevano.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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