“L’ultima estate che giocammo ai pirati”, romanzo di Alessandro Soprani, Mondadori editore, 2009

Soprani vive e lavora dalle parti di Parma ed è da quelle parti, tra la Bassa emiliana e le colline verdeggianti, che si svolge questa storia testimonianza di un’Italia appena uscita dal tempo della guerra, in una zona che ha conosciuto la Resistenza e dove sono ben vivi i ricordi di quanto succedeva in quei giorni. Compresi i combattimenti ma anche la cattura di quanti avevano indossato la camicia nera macchiandosi di infamie. Soprani dunque, attraverso la voce natrrante di Luca, racconta la storia di un gruppo di ragazzini curiosi di conoscere quel passato. Appunto Luca, Davide e Mario protagonisti di quelle che per loro hanno le vesti dell’avventura: giocano a biglie, ai pirati, alla guerra con mitici Sten di legno di faggio. Ma un giorno proprio Luca letteralmente inciampa in in cadavere, quello di Delmo, un uomo buono e innocente che magari potremmo definire lo scemo del villaggio ma che comunque mai meriterebbe d’essere ammazzato senza ragione. I tre ragazzi, anzichè rivolgersi ai Carabinieri, indagano e tutti i sospetti sembrano incolpare Giona, un reduce inglese rissoso e ubriacone. Denunciarlo, quindi? Nientaffatto: per Mario l’unica scelta possibile è quella dell’occhio per occhio e del dente per dente, in fondo come succedeva nel tempo della Reistenza, della leggendaria lotta armata per la libertà. Insomma, i “tre moschettieri” decidono che unica soluzione per ripagare il povero Delmo è farla pagare a Giona. Purtroppo non risulta impossibile, cercando nei boschi, in vecchie case diroccate che furono rifugio dei partigiani, trovare depositi d’armi sepolte qualora fosse servito. Bisogna vendicare Delmo, dunque, ma sulla loro strada i tre amici troveranno storie di vicende che tutti vogliono dimenticare, come quei fascisti processati e giustiziati direttamente dai partigiani, ovvero altri fatti mai chiariti frutto di quei giorni leggendari ma spesso anche oscuri, dove – come raccontano a denti stretti i nonni – non sempre ciò che sembrava giusto costituiva giustizia. Non solo: perchè oltre al passato si scopre che anche il presente può avere letture, interpretazioni diverse da quelle immediatamente apparenti. Così scopriamo l’intrecciarsi con le vicende dei tre ragazzi di storie di delinquenza, di contrabbandieri, misteri che potrebbero far pensare all’innocenza di Giona. Insomma, si delinea la zona d’ombra tra la semplicità e la linearità della giovinezza e la complessità della realtà vista con gli occhi dell’età adulta. Purtroppo Luca, Davide e Mario usciranno dalla storia coinvolti in fatti di sangue che vanno ben oltre alla loro realte capacità di distinguere il giusto dallo sbagliato e questo, per la loro giovane età, è forse troppo, forse non dovevano pensare in termini di vendetta, di giustizia fai da te, dovevano bussare alla porta della caserma dell’Arma. Ma in quegli anni, quando non era impossibile ritrovare le armi sepolte dei leggendari partigiani che avevano liberato il BelPaese, nella Bassa parmigiana poteva succedere che anche tre ragazzini corressero il rischio di vivere da eroi. Ma un conto è farlo in avventure di fantasia, altra storia le conseguenze quando la fantasia diventava realtà. Un bel romanzo d’esordio, per ora senza ulteriori seguiti.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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