“L’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, colonialista e razzista, responsabile di schiavismo e genocidio”

La statua di Colombo abbattuta nel Wisconsin

Carmelo Sciascia, nell’articolo pubblicato venerdì scorso (leggi qui), ricordava l’abbattimento e la vandalizzazione in diverse città statunitensi delle statue di Colombo da parte di manifestanti. In merito propongo un approfondimento prendendo spunto da un articolo pubblicato in ilpost.it sui perché e sulle motivazioni dei manifestanti.

Un anno fa, nel giugno 2020, in alcune città statunitensi sono state abbattute statue di Cristoforo Colombo, l’esploratore genovese che nel 1492 approdò in quella che è attualmente l’isola di San Salvador dando inizio alla conquista europea delle Americhe. Le statue di Colombo sono state abbattute a Richmond in Virginia e a Minneapolis in Minnesota, mentre altre a Boston e a Miami sono state vandalizzate, insieme a quelle di schiavisti, generali sudisti e politici associati più o meno direttamente al passato coloniale e razzista dei paesi occidentali.

Questi episodi sono stati conseguenze delle grandi proteste negli Stati Uniti e in altri paesi contro il razzismo e le violenze della polizia, organizzate in seguito alla morte di George Floyd, afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis durante un arresto violento. Le proteste, le rivolte e il dibattito che ne è seguito ha riguardato tante espressioni del razzismo delle società contemporanee, compreso il rapporto con il passato coloniale che accomuna gran parte dei paesi occidentali.

Secondo i manifestanti, questo passato continua ad avere grandi conseguenze sul presente, che si concretizzano nell’emarginazione e nella sofferenza di molte persone non bianche. Eppure, sostengono in molti, questo passato è ancora sottovalutato  e parzialmente rimosso dalle società occidentali, in cui prevale una storiografia dal punto di vista dei vincitori, i colonizzatori (noi stessi, fin da piccoli, abbiamo sentito e studiato di un uomo di grande statura, un navigatore che ha portato la nostra civiltà oltre oceano). Ma qual’era l’opinione degli “indigeni” scoperti dal Colombo?

Breve storia della fama di Colombo negli Stati Uniti

Cristoforo Colombo ebbe per secoli un ruolo marginale nell’iconografia nordamericana. Morto nel 1506, rimase a lungo poco conosciuto e le prime celebrazioni del suo arrivo ai Caraibi avvennero nel 1792. Ma solo alla fine dell’Ottocento il mito di Colombo diventò particolarmente sentito tra gli immigrati italiani e irlandesi, in quel periodo assai discriminati negli Stati Uniti, che iniziarono a dipingerlo come un padre fondatore del paese. Nel 1892, in occasione del 400esimo anniversario, il presidente Benjamin Harrison suggerì l’idea di una festa per celebrare l’arrivo di Colombo nelle Americhe, festa che fu poi istituzionalizzata da Franklin D. Roosevelt nel 1934. A lungo il Columbus Day, il 12 ottobre, fu una specie di festa per gli italiani e irlandesi negli Stati Uniti, e negli anni Trenta peraltro fu un’occasione per celebrare il regime fascista di Benito Mussolini per i suoi simpatizzanti italo-americani.

I crimini di Colombo

Ma le contestazioni al Columbus Day e alle statue di Colombo non riguardano tanto il suo eventuale primato, bensì quello che l’esploratore fece una volta arrivato ai Caraibi, e le conseguenze che le sue azioni ebbero nei decenni successivi su milioni di persone che vivevano all’epoca nel Nord America. Tutti o quasi sanno che Colombo salpò dalla Spagna con tre caravelle per scoprire una nuova rotta per l’Oriente, ritrovandosi dopo oltre due mesi di navigazione in una terra a lui sconosciuta e che a lungo pensò essere una propaggine dell’Asia. La prima popolazione che incontrò furono i Lucayan, molto pacifici e che accolsero i suoi uomini offrendo cibo e acqua, chiedendo loro se arrivassero dal paradiso, scrisse Colombo nel suo giornale. Con 50 uomini potevano essere soggiogati e si poteva governarli a piacimento, aggiunse. Ne rapì alcuni e salpò diretto verso altre isole, arrivando a Cuba e poi a Hispaniola, l’isola dove oggi ci sono Haiti e la Repubblica Dominicana. Lì incontrò i Taìno, la popolazione che subì le conseguenze più drammatiche dalle spedizioni colombiane. Colombo li descrisse come una popolazione sorprendentemente pacifica e generosa: lasciò sull’isola una quarantina di uomini, fece dei prigionieri nativi da portare con sé e continuò brevemente le sue esplorazioni, prima di tornare in Spagna a render conto delle sue scoperte.

Cristoforo Colombo, schiavista e massacratore?

Colombo sovrastimò la quantità d’oro disponibile in quelle isole, promise laute ricchezze alla monarchia spagnola e fece ritorno ai Caraibi alla fine del 1493 con 1.200 uomini e 17 navi. Dopo aver esplorato molte isole fece ritorno a Hispaniola, dove scoprì che gli uomini che aveva lasciato erano stati uccisi dai Taìno, dopo che avevano cominciato a razziare l’isola in cerca d’oro, schiavi e donne da violentare. Colombo fece prigionieri circa 500 indigeni, di cui circa 200 morirono durante il viaggio di ritorno. Negli anni successivi il genocidio, iniziato da Colombo, proseguì: nel 1508 i Taìno erano ridotti a 60mila e 25 anni dopo ne erano rimasti poche centinaia. Il navigatore genovese, oltre a fare centinaia di schiavi, ordinò a tutti quelli sopra ai 14 anni di cercare oro per gli spagnoli. Per sopprimere le ribellioni dei Taìno, ordinò una repressione brutale, che comprese torture e l’esposizione pubblica di pezzi di cadaveri per spaventare la popolazione. In una lettera, raccontò l’efficacia e la convenienza economica della vendita di bambine di 9 e 10 anni come schiave sessuali. Alcuni storici credono che tantissimi Taìno si suicidarono in massa per sfuggire al controllo spagnolo e alle insostenibili richieste di oro, cotone e altre risorse.

Colombo, che era stato nominato governatore delle nuove colonie dalla monarchia spagnola, perse lucidità e prestanza fisica spedizione dopo spedizione, e nel suo terzo viaggio dovette affrontare la ribellione dei coloni spagnoli, arrabbiati per la sua incompetenza nel governo e per le promesse non mantenute circa la ricchezza delle isole caraibiche. Riuscì a fare un accordo di pace, in cui acconsentì a condizioni umilianti, e nel 1500 la regina Isabella e il re Ferdinando lo rimossero dal suo incarico. Già all’epoca, nei documenti che motivarono la decisione, emersero testimonianze raccapriccianti sulle torture ordinate da Colombo per coloni e nativi che voleva punire per i motivi più vari.

Colombo, primo incontro con i nativi Taìno

Eredità

Le proteste che da decenni anticipano il Columbus Day e che nel 2020 hanno accompagnato le vandalizzazioni delle statue di Colombo vorrebbero includere i suoi comportamenti tirannici e violenti e il genocidio di Taìno nel racconto storico dell’esploratore. Da anni in tanti chiedono che il Columbus Day sia sostituito con una festa per i nativi americani, richiesta accolta in diversi stati e contee statunitensi.

Le statue di Colombo, così come quelle degli schiavisti e dei generali confederati che difesero lo schiavismo nella Guerra Civile, sono interpretate da sempre più persone come testimonianze di un passato i cui effetti sono visibili ancora oggi nella società statunitense, dove il razzismo è non a caso definito “sistemico”, cioè scritto nelle leggi e organico all’amministrazione della giustizia. Le ricostruzioni storiche più moderne dicono infatti che la conduzione del potere di Colombo nei Caraibi fu un’anticipazione dei metodi applicati successivamente dai coloni europei nei confronti dei nativi di Nord e Sud America, sterminati e soggiogati per secoli, e soprattutto della tratta degli schiavi tra il XVI e il XIX secolo, due tra i più grandi crimini contro l’umanità della storia moderna.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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