“La nonnina con la bandiera rossa diventata simbolo per i soldati russi: la storia della Babushka che in Donbass ha rifiutato il cibo dai soldati ucraini”, un articolo di Pina Debbi

Ogni guerra porta con sè nuovi simboli per indicare narrazioni tragiche o leggendarie, che rimarranno  nell’immaginario collettivo.  Segni che rafforzano l’identità nazionale dell’una o dell’altra parte o semplicemente aiutano a riconoscersi negli stessi valori, condividere gli stessi ideali e principi. Abbiamo già interiorizzato le Z e le V che contrassegnano i tank degli occupanti e, in questi giorni, abbiamo  osservato il rituale delle Forze Armate della Federazione russa: issare la bandiera in ogni città conquistata, che sia il tricolore rosso blu e nero dell’autoproclamata repubblica di Donetsk sulla torre della televisione a Mariupol o il vessillo della Vittoria a Kherson, la madre di tutte le bandiere: rossa, con la falce ed il martello e l’iscrizione “150ª Divisione fucilieri, Ordine di Kutuzov di II classe divisione Idritskaya  79º Corpo fucilieri, 3ª Armata d’assalto, 1° Fronte bielorusso”. Richiama lo stendardo innalzato dai soldati  dell’Armata Rossa sull’edificio del Reichstag, a Berlino, il 1 maggio 1945, il giorno dopo il suicidio di Adolf Hitler.  Unica bandiera ad ergersi simbolo della vittoria sul nazismo, quel nazismo da sradicare anche nell’Ucraina dei miliziani di Azof, asserragliati nelle accaierie Azovstal destinate  anch’esse al simbolismo.

Ci sono poi altre immagini che assumono il significato del riscatto,  come i francobolli ucraini emessi per ricordare il “vaffa” dei marinai indirizzato al comandante del Mosckva, dall’Isola dei Serpenti e andati a ruba, con file chilometriche, dopo che la nave è affondata. C’è un’altra vicenda che è virale sui social network pro-Russia e che ha ridato morale ai soldati di Mosca: l’immagine della nonnina ucraina con la bandiera sovietica, la бабушка (babuska, in russo),  diventata un’ icona al punto che la si può trovare cucita sul braccio di alcuni soldati, trasformata in un murales, grazie a qualche street artist, un disegno alla fermata dell’autobus o un quadro. 

La storia è venuta a galla su telegram ai primi di aprile, in una zona del Donbass. Alcuni militari ucraini portano cibo ad una famiglia, li accoglie una nonnina russofona e russofila, convinta che siano andati a liberarla. La babushka li accoglie con una bandiera sovietica, drappo rosso con su falce e martello, conservata chissà per quanti anni, è convinta che siano russi arrivati per liberarla. I soldati le offrono cibo, si fanno dare la bandiera e la calpestano. Quando la nonnina comprende che sono soldati ucraini restituisce il sacchetto col cibo e urla: non  voglio, «Ne khachu, quella che state calpestando è la bandiera per cui sono morti i mieri genitori» dice l’anziana donna. Un episodio diventato il simbolo di patriottismo, onore e coraggio per i russi, da parte di una vecchina che ha affrontato il nemico da sola. Un episodio che spiega la complessità di questa guerra, se l’aggressore è chiaro, la Russia, la storia delle singole popolazioni è composta da realtà, culture, origini e valori generazionali molto diversi tra loro.

Fonte: tg.la7.it

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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