“La carta più alta”, romanzo di Marco Malvaldi, Sellerio editore, 2012

Non si legge Malvaldi alla ricerca di approfondimento filosofico. Salvochè non si pensi al vivere tranquillo e sereno di quattro vecchietti pensionati che devono pur far arrivare sera giocando a biliardo al Bar Lume, in Pineta, amena località turistica sulla costa toscana. Naturalmente mettendo il naso in altrui affari, magari alla ricerca di qualche misfatto che possa nascondere un delitto. Il Rimediotti, il Del Tacca del Comune, Aldo il Ristoratore e Ampelio, nonno di Massimo, il barrista. Le maldicenze del momento puntano sulla vendita sottocosto di una lussuosa villa da parte del proprietario che, poco dopo l’affare (tale per l’acquirente), colpito da terribile malattia, inesorabilmente muore. Com’è possibile abbia venduto a quel prezzo di svendita? Qui gatta ci cova, si mormora all’unico tavolino posto sotto l’olmo del giardino del bar mentre, di corollario, riappare Tiziana, l’avvenente ex banconiera. Convivenza fallita, il prescelto, invece di coltivar l’avvenenza, passava il tempo alla play station per cui lei ha ben pensato di tornare alla vita da single, occupazione compresa e chissà, subdolamente ammiccano i vecchietti, non s’apra un’autostrada per il nostro Massimo. Ma in realtà son ben altre le sorprese dietro l’angolo a partire dall’inciampo del nostro in una sporgente radice d’alberello che non ha pietà alcuna, aggangia il piede del Massimo e buonanotte al tendine: via diritto in ospedale, ingessatura e ricovero immobilizzante proprio nella stanza dove passò e morì il Carratori. Ovvero il moribondo che poco tempo prima dell’imprevisto decesso aveva venduto la villa letteralmente per quattro soldi rispetto al valore di mercato. Un fatto, un sospetto che, giungendo all’orecchio del Commissario Fusco, vivacizza l’ennesima estate Pinetana.

Dalla trasposizione teatrale de ‘La carta più alta’

 

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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