“Il rito del fuoco”: danza di streghe, di fate, di donne, En, Is, Don, Pat, Fra, An. Testimonianza d’una sera d’aprile

.
.
.
In una sera di aprile, si fece. Di martedì.

Guidate da Marte, il pianeta rosso, dal dio Ares , dal colore del sangue impresso nel cuore e da certa complicità che sempre nasce ed unisce le femmine. Già le femmine.
Streghe e fate insieme, streghe o fate?
Donne con un nome. Un nome che nomina ed è a sua volta nominato.
.
En, Is, Don, Pat, Fra, An. Sillabe che danzano, spiriti della natura, ciascuna con il suo viaggio, pronta ad incontrarsi in un punto preciso.
Le regole erano state date. Dalla donna col viso dipinto di bianco, ispiratrice e guida, leggerissima e inafferabile Silfide.
Quella sera ciascuna apriva l’armadio. E lo stesso armadio che apriva tutti i giorni con gesti automatici e distratti, quella sera diventò uno scrigno magico.
Invitava a farsi visitare negli angoli più nascosti, regalava veli, segni, stoffe degne di Salamandre, vivacissime e guizzanti pronte a ricoprirsi di squame colorato, caldo e radiante come un raggio di sole.
Bellissime, si ritrovarono nella stanza azzurroafghanistan, ciascuna fattasi altera nei suoi colori, nelle sue vesti. Fu uno sguardo circolare e velocissimo che tratteggiò 
i loro occhi già velati da quel piccolo mistero che volevano contattare.
Loro erano d’accordo. Si sarebbe fatto, erano pronte.
.
En era avvolta nei fianchi da un telo rosso carminio con lunghe lingue fruscianti che toccavano terra, un grande velo di seta rosso arancio le abbracciava i seni e si legava in un enorme fiocco, intorno al collo una sciarpa di velluto rosso iniziatico. En era felice di sentirsi. Di esserci.
An era circondata da una nuvola rossa, una specie di serpente rosso lanuginoso circondava il suo decolletè.
Pat, severamente vestita di rosso e nero, osava il suo personale rosso, ma il nero non l’avrà mai abbandonata per tutta la sera. Una fusciacca rossa le cingeva i fianchi. Sorrideva, divertita.
Don con la sua pancia a punta e suoi seni fecondi, luminosa in volto, una collana lunga e piccoli puntini luminosi cosparsi sul viso, era pronta a danzare insieme al suo bambino sospeso tra le acque e il fuoco.
Is dolcissima creatura, attendeva avvolta da più macchie di rosso. I pendenti alle orecchie le impreziosivano il volto, le labbra dipinte stranamente sensuali disegnavano un piccolo cuore rosso.
E poi fu così, che uscì lei, Fra, sospinta da una corrente d’aria, nel suo nero rigoroso, nelle sue bolle che si addensano e si disperdono come le nuvole. Uscì dalla stanza azzurra, annunciando con sguardo severo, che sì, che tutto era pronto.
.
.
.
.
Fu immediatamente silenzio.
Silenzio profondo, ineluttabile. Da lì non si tornava indietro.
L’aria profumava di essenze, al centro il fuoco delle candele, da cui si irradiavano come girandola, grandi triangoli di carta appoggiati a terra. Ciascuna disposta davanti al proprio triangolo e insieme nel silenzio stava compresa in sé stessa.
Aumentava quella energia. Aumentava la potenza racchiusa nel cerchio di fuoco.
La freccia di Marte era pronta a scoccare, movimento rettilineo teso verso una meta irreversibile.
La circolazione arteriosa fluiva nel suo nobile blu di prussia, la temperatura corporea iniziava a salire.
L’azione scendeva lentamente dalle costellazioni marziali, dall’Ariete, dal rubino. E cosi partì il nostro “do”.
Un ritmo di tamburi, di musica ancestrale, trasgressiva, elettroni che danzano nelle loro orbite, vibrano le particelle, si muovono le galassie e tutto intorno ritmo, estasi, passione.
I nostri corpi nel sacro della danza, tutto il nostro essere, si muoveva di un ritmo interno, esclusivo.
E il corpo è al centro della stanza, è la danza stessa.
Identità di fusione.
Ritmo cardiaco, ritmo respiratorio, il grande cosmo respirava con noi. Non più separatezza, gabbie.
Non più il tratto disgiuntivo con cui la mente oppone il bene al male, il vero al falso, il si e il no. L’alto e il basso.
La semplicità dei gesti richiamava “il mettere assieme” i pezzi del fondo abissale che ci abita, in cui la coscienza cerca di gettare tutta la sua possibile luce.
Al confine dei codici, l’emotività trova radice, espressione, gioia.
Connessione con il punto più alto della vita, con il punto più basso, bruciamo nel fuoco, archetipo della vita e dell’energia.
Creazione di spirito di libertà.
Senza mai smettere, con il cuore che pompa a ritmo pressante, al limite della porta degli dei, affondiamo le nostre mani in grossi tubi di colore, rosso, nero, oro, giallo. arancio, verde.
Le nostre mani sul foglio, danzando a ritmo di colore, lasciano tracce, impronte, segni dell’infinito che visualizzano il nostro fuoco interiore. Il suo movimento.
Il nostro fuoco racchiuso nel triangolo, forma geometrica perfetta, simbolo di perfezione e completezza assoluti.
.
.
Scoppiettante salamandra,  www.elfland.it/fuoco.htm
.
.
Sedute in cerchio, stremate con abbondanza di vita in corpo, si guardarono le mani
opere d’arte dell’infinito fattosi attimo. Si guardarono tutte, più volte si guardarono.
Ogni mano viveva di vita propria, di propri colori, impressi come un dna, a tratti d’oro brillante, di nero inferno, di rosso fragola.
Il rosso e il nero.
Le mani investite di colori eccessivi e straripanti si toccarono in un cerchio spirituale, dove le qualità dell’una furono ricevute dall’altra, e così fu in quel momento e per sempre.
.
Martedì giorno in cui venne creata la terra, giorno dei germogli e della crescita.
.
.
Frammento gnostico “Chi non danza non sa cosa succede
.
.
Fiamme danzanti

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.