“Il Novecento antico”, ovvero le donne di Massimo Campigli in mostra a Mamiano di Traversetolo fino al 29 giugno

Max Ihlenfeldt (poi Massimo Campigli) nasce a Berlino il 4 luglio 1895 da Anna Paolina Luisa Ihlenfeldt, ragazza madre appena diciottenne di origine alto borghese. Viene allevato dalla nonna materna a Settignano, presso Firenze, dove le due donne si sono trasferite. Agli occhi del mondo Anna Paolina risulta essere una sua zia.

La mostra di Massimo Campigli, ennesima occasione per un viaggetto nella pianura padana, fino a Mamiano di Traversetolo, ad una manciata di chilometri da Parma e poco oltre Felino, paese simbolo del salame. Una villa museo immersa nel verde della campagna

Il 10 febbraio, Anna Paolina sposa Giuseppe Bennet, cittadino britannico, rappresentante di una ditta di colori inglese. Si trasferiscono in Piazza Beccaria a Firenze, dove vanno a vivere portando con loro il piccolo Max sempre sotto mentite spoglie. La famiglia si trasferisce prima in Via Cittadella, poi, nel 1909 a Milano, in Via Guerrazzi. Solo nel 1910 Max apprende di essere il figlio naturale di “zia” Anna. Nel 1911 muore Giuseppe Bennet, la madre rimane sola con Max e le due figlie avute dal suo matrimonio con Bennet.

Con un primo suggerimento: cogliere l’occasione per arrivare un paio di chilometri più avanti a Bannone, quattro case letteralmente, un semaforo e una trattoria da non mancare assolutamente, la Vecchia Fucina. Chiedere la carta e scegliere in libertà. Ovunque cada, la scelta, non si rimpiangerà il conto finale, adeguato alla qualità senza eccedere.

Max viene assunto nel 1914 al “Corriere della sera” come segretario particolare di Renato Simone. Max in quel periodo si avvicina alla corrente futurista milanese e con lo pseudonimo di Massimo Campigli pubblica sulla rivista “Lacerba” un saggio, “Parole in libertà”, che lui stesso definirà anni dopo, nel manoscritto “Scrupoli”, essere stato uno “sciocchezzaio futurista”.

I dipingi di Campigli, si diceva. Innumerevoli figure femminili, affascinanti e misteriose, che ripercorrono l’arte personalissima di uno dei maggiori pittori del novecento italiano, tedesco di nascita e italiano di formazione. Donne, infinite donne, geometriche e stilizzate, ripetute con ossessione, per riflettere sul ruolo femminile, sempre in equilibrio tra ingenuità e cultura.

Dopo la parentesi bellica che lo porta a Mosca e da lì a Londra e Parigi, nel 1921 espone le sue prime opere al Salon e nel 1927 può ritenersi pittore affermato. Vive della sua arte, abbandona l’incarico al Corriere della Sera, espone a Zurigo, Dresda, Milano, Amburgo, Amsterdam.

Non senza una vena critica verso l’altra metà del cielo. Quelle vite da vespa (che sacrifici a tavola, per mantenerle!). I vezzosi cappellini. Le collane, i ninnoli. Espressioni esteriori di una bellezza indirizzata che rischia d’apparire schiavitù della forma. Le donne prigioniere del mito della bellezza esteriore. Sarà poi felice quella figura femminile avvolta nell’esteriorità obbligata? Ognuno e ognuna trovi la risposta che più gli aggrada.

Nel mese di ottobre del 1958 viene nominato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi “Commendatore al Merito della Repubblica”. Qualche anno dopo, nel 1965, gli viene conferita a Roma la nomina di : “Accademico di San Luca”. Stroncato da un infarto, Massimo Campigli ci ha lasciati il 31 maggio 1971. Restano le sue opere e soprattutto le sue donne che possiamo ammirare a Mamiano di Traversetolo.

Quanto ai maschietti, prendano esempio dai pavoni. Presenti nel parco della villa, sempre pronti, carichi di vanità, a farsi immortalare nella loro maestosa bellezza colorata. Ma attenti, avvicinarsi sì, ma non troppo alle femmine: mai mettere in discussione la supremazia del maschio che mai dividerà l’harem suo di diritto. Dio gliele ha date e guai a chi le tocca! Che il pavone alla fine non sia troppo distante dall’umano?

Mamiano di Traversetolo (Pr), la Fondazione Magnani Rocca ha lo scopo di promuovere la diffusione della cultura e dell’arte quali strumenti per la crescita della società civile.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a ““Il Novecento antico”, ovvero le donne di Massimo Campigli in mostra a Mamiano di Traversetolo fino al 29 giugno”

  1. Sono andata a visitare questa meravigliosa mostra e su di essa posso fare alcune annotazioni. La biografia di Campigli non è stata sufficientemente sviscerata benchè il suo vissuto sia quanto di più importante possa servire per capire almeno un poco la sua espressione artistica a meno che si sia interessati al solo fatto estetico ed esteriore.
    Capisco che fosse uomo estremamente riservato, ma non capisco come si possa dire che, data la sua riservatezza si seppe solo poco tempo fa (e non si sa quanto) che era tedesco. Non so come fosse l’anagrafe dell’epoca e forse la consultazione è stata resa difficile dall’avvento delle guerre, ma pare strano che ricostruire la storia di un artista che ha avuto fra l’altro un grandissimo successo durante la sua vita (cosa assai rara) fosse così arduo.
    Ha assunto la cittadinanza italiana proprio perché per l’Italia ha combattuto durante la prima guerra mondiale, è stato giornalista, scrittore, pittore, ma poco si dice della sua formazione culturale, dei suoi studi, del fatto che era autodidatta. Nulla si dice dei suoi matrimoni, del figlio ecc….
    Poco evidenziata, secondo me, non perché io sia un critico d’arte, ma perché mi è sembrato ovvia – guardando le sue opere – la centralità della figura femminile mai unica, bella, interessante, quasi sempre duale e duplicata.
    Figura amata nonostante la scoperta, quando era già grande, di essere figlio della donna che credeva essere la zia mentre aveva considerato fino ad allora che la nonna fosse sua madre. Perché poi la vera mamma non è stata spacciata come sorella invece che zia? Lei stessa, in questo modo non avrà mai potuto rapportarsi a sua madre come una figlia.
    Questo fatto da solo basterebbe a vedere doppia qualsiasi donna per tutta la vita!
    Anche qui tante imprecisioni, alcune biografie dicono che quella che credeva madre era la nonna, altre che fosse la nonna della vera madre (quindi la bisnonna?).
    Insomma, pazienza su web, ma nemmeno c/o la mostra in questione, ho trovato esaurienti precisazioni sulla vita dell’artista, anche se non ne capisco la difficoltà dal momento che il figlio Nicola mi risulta sia ancora vivo e che si occupi di allestire alcune mostre del padre.
    E’ stata comunque una visita interessantissima che mi ha appassionato come poche anche se mi ha lasciato molte curiosità che dovrò approfondire da sola.
    A una cosa non ho prestato sufficientemente attenzione però e me ne dispiace, come si arrivi ad una sala espositiva che necessita la discesa di una scala peraltro di pochi gradini, ma sprovvista della rampa per disabili, sicuramente, mi auguro ci fosse un altro accesso dedicato.
    Consiglio assolutamente la visita.
    Carla
    Cuoredisasso.blogspot.it

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