La mostra di Massimo Campigli, ennesima occasione per un viaggetto nella pianura padana, fino a Mamiano di Traversetolo, ad una manciata di chilometri da Parma e poco oltre Felino, paese simbolo del salame. Una villa museo immersa nel verde della campagna
Con un primo suggerimento: cogliere l’occasione per arrivare un paio di chilometri più avanti a Bannone, quattro case letteralmente, un semaforo e una trattoria da non mancare assolutamente, la Vecchia Fucina. Chiedere la carta e scegliere in libertà. Ovunque cada, la scelta, non si rimpiangerà il conto finale, adeguato alla qualità senza eccedere.
I dipingi di Campigli, si diceva. Innumerevoli figure femminili, affascinanti e misteriose, che ripercorrono l’arte personalissima di uno dei maggiori pittori del novecento italiano, tedesco di nascita e italiano di formazione. Donne, infinite donne, geometriche e stilizzate, ripetute con ossessione, per riflettere sul ruolo femminile, sempre in equilibrio tra ingenuità e cultura.
Non senza una vena critica verso l’altra metà del cielo. Quelle vite da vespa (che sacrifici a tavola, per mantenerle!). I vezzosi cappellini. Le collane, i ninnoli. Espressioni esteriori di una bellezza indirizzata che rischia d’apparire schiavitù della forma. Le donne prigioniere del mito della bellezza esteriore. Sarà poi felice quella figura femminile avvolta nell’esteriorità obbligata? Ognuno e ognuna trovi la risposta che più gli aggrada.
Quanto ai maschietti, prendano esempio dai pavoni. Presenti nel parco della villa, sempre pronti, carichi di vanità, a farsi immortalare nella loro maestosa bellezza colorata. Ma attenti, avvicinarsi sì, ma non troppo alle femmine: mai mettere in discussione la supremazia del maschio che mai dividerà l’harem suo di diritto. Dio gliele ha date e guai a chi le tocca! Che il pavone alla fine non sia troppo distante dall’umano?
Pubblicato da arzyncampo
14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.
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Una risposta a ““Il Novecento antico”, ovvero le donne di Massimo Campigli in mostra a Mamiano di Traversetolo fino al 29 giugno”
Sono andata a visitare questa meravigliosa mostra e su di essa posso fare alcune annotazioni. La biografia di Campigli non è stata sufficientemente sviscerata benchè il suo vissuto sia quanto di più importante possa servire per capire almeno un poco la sua espressione artistica a meno che si sia interessati al solo fatto estetico ed esteriore.
Capisco che fosse uomo estremamente riservato, ma non capisco come si possa dire che, data la sua riservatezza si seppe solo poco tempo fa (e non si sa quanto) che era tedesco. Non so come fosse l’anagrafe dell’epoca e forse la consultazione è stata resa difficile dall’avvento delle guerre, ma pare strano che ricostruire la storia di un artista che ha avuto fra l’altro un grandissimo successo durante la sua vita (cosa assai rara) fosse così arduo.
Ha assunto la cittadinanza italiana proprio perché per l’Italia ha combattuto durante la prima guerra mondiale, è stato giornalista, scrittore, pittore, ma poco si dice della sua formazione culturale, dei suoi studi, del fatto che era autodidatta. Nulla si dice dei suoi matrimoni, del figlio ecc….
Poco evidenziata, secondo me, non perché io sia un critico d’arte, ma perché mi è sembrato ovvia – guardando le sue opere – la centralità della figura femminile mai unica, bella, interessante, quasi sempre duale e duplicata.
Figura amata nonostante la scoperta, quando era già grande, di essere figlio della donna che credeva essere la zia mentre aveva considerato fino ad allora che la nonna fosse sua madre. Perché poi la vera mamma non è stata spacciata come sorella invece che zia? Lei stessa, in questo modo non avrà mai potuto rapportarsi a sua madre come una figlia.
Questo fatto da solo basterebbe a vedere doppia qualsiasi donna per tutta la vita!
Anche qui tante imprecisioni, alcune biografie dicono che quella che credeva madre era la nonna, altre che fosse la nonna della vera madre (quindi la bisnonna?).
Insomma, pazienza su web, ma nemmeno c/o la mostra in questione, ho trovato esaurienti precisazioni sulla vita dell’artista, anche se non ne capisco la difficoltà dal momento che il figlio Nicola mi risulta sia ancora vivo e che si occupi di allestire alcune mostre del padre.
E’ stata comunque una visita interessantissima che mi ha appassionato come poche anche se mi ha lasciato molte curiosità che dovrò approfondire da sola.
A una cosa non ho prestato sufficientemente attenzione però e me ne dispiace, come si arrivi ad una sala espositiva che necessita la discesa di una scala peraltro di pochi gradini, ma sprovvista della rampa per disabili, sicuramente, mi auguro ci fosse un altro accesso dedicato.
Consiglio assolutamente la visita.
Carla
Cuoredisasso.blogspot.it
Sono andata a visitare questa meravigliosa mostra e su di essa posso fare alcune annotazioni. La biografia di Campigli non è stata sufficientemente sviscerata benchè il suo vissuto sia quanto di più importante possa servire per capire almeno un poco la sua espressione artistica a meno che si sia interessati al solo fatto estetico ed esteriore.
Capisco che fosse uomo estremamente riservato, ma non capisco come si possa dire che, data la sua riservatezza si seppe solo poco tempo fa (e non si sa quanto) che era tedesco. Non so come fosse l’anagrafe dell’epoca e forse la consultazione è stata resa difficile dall’avvento delle guerre, ma pare strano che ricostruire la storia di un artista che ha avuto fra l’altro un grandissimo successo durante la sua vita (cosa assai rara) fosse così arduo.
Ha assunto la cittadinanza italiana proprio perché per l’Italia ha combattuto durante la prima guerra mondiale, è stato giornalista, scrittore, pittore, ma poco si dice della sua formazione culturale, dei suoi studi, del fatto che era autodidatta. Nulla si dice dei suoi matrimoni, del figlio ecc….
Poco evidenziata, secondo me, non perché io sia un critico d’arte, ma perché mi è sembrato ovvia – guardando le sue opere – la centralità della figura femminile mai unica, bella, interessante, quasi sempre duale e duplicata.
Figura amata nonostante la scoperta, quando era già grande, di essere figlio della donna che credeva essere la zia mentre aveva considerato fino ad allora che la nonna fosse sua madre. Perché poi la vera mamma non è stata spacciata come sorella invece che zia? Lei stessa, in questo modo non avrà mai potuto rapportarsi a sua madre come una figlia.
Questo fatto da solo basterebbe a vedere doppia qualsiasi donna per tutta la vita!
Anche qui tante imprecisioni, alcune biografie dicono che quella che credeva madre era la nonna, altre che fosse la nonna della vera madre (quindi la bisnonna?).
Insomma, pazienza su web, ma nemmeno c/o la mostra in questione, ho trovato esaurienti precisazioni sulla vita dell’artista, anche se non ne capisco la difficoltà dal momento che il figlio Nicola mi risulta sia ancora vivo e che si occupi di allestire alcune mostre del padre.
E’ stata comunque una visita interessantissima che mi ha appassionato come poche anche se mi ha lasciato molte curiosità che dovrò approfondire da sola.
A una cosa non ho prestato sufficientemente attenzione però e me ne dispiace, come si arrivi ad una sala espositiva che necessita la discesa di una scala peraltro di pochi gradini, ma sprovvista della rampa per disabili, sicuramente, mi auguro ci fosse un altro accesso dedicato.
Consiglio assolutamente la visita.
Carla
Cuoredisasso.blogspot.it