Il caso Massimo Carlotto, unico in Italia, si è concluso 17 anni e tre mesi e 11 processi dopo l’inizio della vicenda, con la concessione della grazia.
Tutto comincia a Padova il 20 gennaio 1976 quando Carlotto, 20 anni, militante di Lotta Continua, si trova a passare in bicicletta davanti alla casa della sorella, che abita nello stesso stabile di Margherita Magello, una ragazza di 24 anni. Sente delle grida che invocano aiuto: entra nell’appartamento che ha la porta aperta e scopre in un ripostiglio la giovane, nuda e coperta di sangue, agonizzante, colpita con 59 coltellate. Massimo – questa la sua versione – cerca di soccorrere la vittima e si sporca del suo sangue, ma poi, anziché avvertire la polizia, preso dalla paura, fugge. E’ solo dopo aver raccontato l’episodio a due amici e ad un avvocato, che Massimo si presenta spontaneamente ai carabinieri. Il suo ruolo di testimone dura appena cinque minuti: i militari gli contestano l’accusa di omicidio e per lui si spalancano le porte del carcere.
Ma intanto Massimo Carlotto è scomparso, è diventato un latitante, o meglio un fuggiasco. Una fuga che durerà fino al 1985, quando graie ad una delazione, viene arrestato in Messico, estradato e ‘finalmente’, come ci racconta, incarcerato. Sconterà in tutto otto anni di reclusione prima di ottenere la grazia, dopo aver subito due processi di revisione ed essersi sottoposto all’esame di ben 86 giudici. Un record. Negativo per la giustizia italiana. Quanto al libro devo confessare che, quando l’ho riesumato dalla pila dei libri da leggere, non ricordavo come, quando, dove e perché l’avessi mai acquistato. L’approccio dunque è stato di curiosità per una lettura che non ha tardato a rivelarsi estremamente … lenta e farraginosa. Ci sono libri che, con oltre 300 pagine, si leggono in uno massimo due giorni. Per leggere le vicende del latitante Massimo in Francia, Messico e ovunque trovasse un ambiente di accoglienza prima di tutto politica, sono state necessarie tre settimane tre per poco più di 100 pagine. Con un difetto, infatti: solo alla fine l’autore racconta in breve la vicenda processuale peraltro omettendo la causa del fatto contestato. In pratica rendendo impossibile una corretta contestualizzazione della vicenda della quale, confesso, non avevo mai saputo nulla e solo a lettura conclusa sono riuscito a trovare in internet un ‘resoconto’ abbastanza completo. Un vero peccato.