“Il cane che parla”, romanzo di Giorgio Scerbanenco”, Sellerio editore

Un gruppo di artisti, poeti e scrittori con il loro editore in tranquilla conversazione nella villa di Marino Grant, uno dei direttori del giornale Nuova Stampa, quotidiano di Boston. Giunta l’ora tutti salutano e si presentano in stazione per salire sul diretto che deve arrivare a Boston alle 17. Nulla fa presagire a quanto il destino riserva ai nostri protagonisti quando d’un tratto il treno bruscamente s’arresta in aperta campagna. Sconcerto, poi Dadies guarda dal finestrino e dice “guardate, guardate, è mezz’ora che viaggiamo e siamo dalle parti della villa di Grant”. Bella scoperta, risponde Sved, “per risparmiare una galleria hanno fatto fare alla linea tutto il giro della montagna, così adesso siamo nel versante opposto e la villa di Grant che è in cima si vede come quando eravamo alla stazione di partenza”. Intanto si pensa che qualcuno abbia azionato il segnale d’allarme, i viaggiatori iniziano a scendere dal treno quando improvvisamente si sentono due scoppi e il poeta Aroldo Banner, che guardava con semplice indifferenza fuori dal finestrino, cade a terra all’indietro, il volto rigato di sangue. Omicidio in piena regola! Toccherà al timidissimo ispettore Arthur Jellings cercare di dipanare la matassa non appena il treno arriva a Boston. Un’impresa non facile: dai primi riscontri sembra evidente che il colpevole sia quel Marino Grant che, si scopre, aveva in grande antipatia (personale e professionale) il Banner ma si direbbe una lettura troppo semplice per essere vera. Anche se tutti gli elementi d’indagine sembrano parlar chiaro. Come uscire da un empasse che sembra indecifrabile, unica via d’uscita riuscire a far parlare il cane di Dadies? Già, ma Scerbanenco è un Maestro nel campo del giallo, non della fantascienza o delle favole. La ricerca della verità sarà molto più controversa nel miglior stile di Scerbanenco, passando attraverso la deduzione, l’introspezione psicologica, il rilievo di un mondo (quello della carta stampata) unito dal comune interesse e contemporaneamente lacerato da invidie e gelosie. E proprio per questo da seguire ‘avidamente’, pagina dopo pagina.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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