Ikea Piacenza: brutta storia, facchini in lotta, arrivano botte

Venerdi 2 novembre, la concitata fase dello sgombero dei manifestanti sdraiati in ‘ resistenza passiva’ di fronte ai cancelli Ikea di Piacenza

Davvero una brutta storia quella in corso all’Ikea di Piacenza della quale hanno parlato e stanno parlando quotidiani, radio e televisioni spesso prendendo lucciole per lanterne. Abbiamo letto e sentito di scioperi da parte di dipendenti Ikea contrapposti ad altri dipendenti sempre Ikea pronti al lavoro mentre poliziotti e carabinieri ‘ci davano di manganello’ e i clienti s’aggiravano tra gli scaffali. 

L’apoteosi della superficialità giornalistica, scatenata tra (i pochissimi) tendenzialmente comunque favorevoli ai facchini in lotta e i tantissimi pregiudizialmente dalla parte del colosso dei mobili. In realtà siamo nel polo della logistica, ovvero qui arrivano i materiali per essere poi smistati ai vari punti di vendita. Ikea dunque a Piacenza non vende un accidente di nulla tantochè, come succede alla ditta Atlantis di Sariano (produce motoscafi), non è escluso che accentri ulteriormente il proprio polo di immagazzinamento rivolgendosi a Dubai o simili altri mercati. A prescindere dal rapporto più o meno conflittuale con i lavoratori. Questo, comunque, non è il punto.

Il punto è che i lavoratori addetti alle mansioni di fatica, i facchini, quasi in assoluto d’origina straniera, non sono dipendenti Ikea. La società svedese ha ‘esternalizzato’ queste attività affidandosi ad un consorzio di cooperative. Ed è inutile nasconderci dietro ai paraocchi ideologici: molte cooperative non sono più elemento di solidarietà tra lavoratori. Si lavora ma il pane e il companatico si dividono altrove, restano giusto le briciole.

Per l’amor di Dio, sia chiaro; quando i tempi sono bui anche le briciole vanno bene, sono manna che piove dal cielo, l’importante è lavorare. Ma con 450 € al mese non è facile mantener famiglia. Questo lamentano i facchini delle cooperative coinvolte che oltretutto rilevano pesanti discriminazioni nella distribuzione delle ore, specialmente nei confronti di chi protesta. E 12 di loro, troppo focosi, troppo ‘rossi’ per queste cooperative stinte in lavatrice, sono già stati sospesi nelle scorse settimane.

Con molta sicumera nei confronti di questi ragazzi, rei di aderire al sindacato autonomo (l’unico che li ha ascoltati) e di flirtare con la voglia di rivoluzione di Rifondazione Comunista, il sistema dei garantiti del centrosinistra governante li ha ignorati, criticati, condannati. Questi ragazzi, con il loro estremismo, fanno male al lavoro e all’Ikea (che potrebbe traslocare armi e bagagli senza preavviso), hanno detto quei signori delle dure lotte operaie degli anni settanta, oggi in giacca e cravatta, oggi ‘padroni’ delle istituzioni. Albanesi, slavi, marocchini, tunisini, sono violenti questi stranieri. Perchè bloccano i cancelli, impediscono l’ingresso ai lavoratori che le cooperative reclutano altrove precettandoli al sacro dovere del rispetto del contratto con Ikea. Ultima, impediscono l’uscita dei camion carichi di prodotti da consegnare. Ma signori cari, sindacalisti confederali, signor Sindaco di centrosinistra, signori assessori del partito del lavoro (PD), com’è che un lavoratore deve far valere le sue ragioni? Sventolando margherite e violette? Questi ragazzi forse esagerano ma se non li si ascolta finiscono (giustamente) nelle braccia di Rifondazione. Del resto, rivoluzione a parte, è da credere che vivere con 450 € al mese, con la minaccia di sospensioni e licenziamenti, con la discriminazione nella distribuzione delle ore di lavoro non è per nulla gradevole.

Mercoledi è annunciata una manifestazione in centro città: non sarebbe male esserci. Tentativi di dialogo, di confronto, per quantomeno capire e forse condividere. Chi non è ascoltato non può che ricorrere a ‘gesti estremi’ e ringraziamo questi ragazzi che, per estremo, intendono semplicemente sedersi davanti a un cancello a far resistenza passiva.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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