Genova, partirono i bastimenti, gli emigranti andarono via (libero adattamento dall’album di Maria Florencia, Buenos Aires)

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Bruzos Brasil

Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani

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Niente altro che acqua, acqua ovunque, a perdita d’occhio. A pensarci sentivi una stretta, una morsa di gelo al cuore. I ricordi della tua terra, i ricordi della tua vita vissuta, gli angoli, gli odori, le sensazioni, i dettagli i particolari impressi nella memoria. Tutto alle spalle. Certo subito sopravveniva la speranza del futuro in quelle terre lontane, oltre il mare. E l’incertezza. Paura. La paura dell’emigrante, del nulla alle spalle, dell’incerto domani.
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Finita la grande guerra. Finalmente. Doveva durare lo spazio d’una mattina e invece i combattimenti erano proseguiti con continui capovolgimenti di fronte. Anni duri, passati in trincea, il muso spesso nel fango, i cannoni a tuonare fino a quando le canne si tingevano di rosso e qualcuna esplodeva facendo strage di artiglieri.
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Prima linea. Pensava di essere troppo giovane, per quel massacro ma all’inizio del 1918, compiuti 18 anni, era arrivato l’ordine di arruolamento. Pochi giorni in caserma utili per trovargli divisa ed equipaggiamento, oltre mostrargli i rudimenti della vita e della disciplina militare, poi via al fronte.
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Prima linea. Non saprebbe nemmeno dire come ne era uscito. Soprattutto come ne era uscito vivo. Eppure era andata così e, pochi mesi dopo l’armistizio, gli avevano consegnato il congedo.
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Tornato a casa aveva trovato una nuova ospite, capace di girare di contrada in contrada, di far visita a tutte le case contadine, a tutti i villaggi, agli artigiani, agli operai delle fabbriche: l’impietosa Signora Miseria.
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Aveva resistito quattro anni, proponendosi come lavorante occasionale alla bottega del fabbro del paese, uomo famoso nel circondario per le sue passioni politiche. Socialista, che non negava una certa familiarità con i compagni anarchici mentre proprio non sopportava i traditori scissionisti che avevano fondato il Partito Comunista. Quando, di notte, in bottega scoppiò un incendio furioso ufficialmente se ne fece carico alle bande fasciste costituite in alcuni paesi della zona ma non pochi sospettavano fosse un regolamento di conti a sinistra. Troppo silenziosi, quei comunisti, non sai mai cosa stanno progettando.
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Sarebbe presto comunque venuto il suo turno, presto o tardi le camicie nere ne avrebbero decretato la fine per cui, andata in fumo la bottega del fabbro, non gli rimase che la strada già percorsa da tanti, quella dell’emigrante. Addio Italia, addio verde BelPaese. Il bastimento levò l’ancora dal porto di Genova alle prime luci dell’alba, lanciando fischi di saluto nell’aria.
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Ben presto non restò altro che acqua, acqua ovunque, a perdita d’occhio. Ore ed ore di far niente, ore ed ore soli con i propri pensieri, il passato, il futuro. Sogni, progetti, speranze, illusioni, paura. Qualcuno suonava una fisarmonica, un’armonica, una chitarra. Molti, incapaci di sopportare il mare, stavano come morti. Aveva conosciuto un altro italiano, Agostino Arzani da Piovera, un paese del Piemonte, vicino Alessandria. Viaggiava con la giovane moglie, Giuseppina, e la piccolissima Luigina.
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Anche Agostino aveva combattuto in prima linea. Anche Agostino partiva per quelle terre al confine del mondo. Parlavano, per passare le ore di far niente lentamente beccheggiando sulla tavola immobile dell’immenso oceano. Parlavano dei sogni, delle speranze, delle nostalgie, dei ricordi. Della paura, tacevano.
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Parlavano. Tacevano. Giocavano a carte. Guardavano il mare, oltre la prua, qualche volta uno sguardo anche oltre la poppa.  Agostino con Giuseppina e la piccola Luigina sarebbe sceso dalla nave all’attracco in Argentina. Lui avrebbe proseguito, per raggiungere il Brasile. Dove, oggi, si trova in vacanza Maria Florencia (Agustina y Valentina), italiana nata in Argentina, a Buenos Aires, nipote di Agostino e di nonna Giuseppina.
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Bruzos Brasil

Foto pervenuta d’oltre mar da Maria Florencia Arzani

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Maria Florencia (Agustina y Valentina) è già stata con noi
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Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

Una risposta a “Genova, partirono i bastimenti, gli emigranti andarono via (libero adattamento dall’album di Maria Florencia, Buenos Aires)”

  1. Muy agradecida por este Homenaje a mi abuelo, si me emociona a mí , no quiero imaginar mi papá,ahora mismo lo llamo a Buenos Aires para darle esta hermosa sorpresa.

    Gracias Claudio, por este bello regalo en víspera de mi cumpleaños 36 y por compartir el equilibrio justo entre la sabiduría ,elegancia y sensiblidad en mi historia familiar.Un orgullo ser tu amiga.

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