“Francesco De Rocchi e il chiarismo, luce e colore a Milano negli anni trenta”, ultimo bagliore prima del buio della guerra

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Figura del concerto, di Francesco de Rocchi

http://www.arte.go.it/eventi/2010/e_1969.htm

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Francesco De Rocchi, milanese d’adozione, ha interpretato i colori di Milano tingendoli di poesia, mai sgargianti, mai urlati, eppure intensi e commossi. I colori del cielo di Lombardia, “così bello quando è bello”, amava sostenere mentre si poneva all’opera dipingendo nello studio aperto in corso Garibaldi nel 1936. Certo, si trattava di una città che ancora non aveva conosciuto la motorizzazione globale e la mostra che ha dedicato a questo suo figlio acquisto è stata anche l’occasione per conoscere un volto della Lombardia degli anni trenta assolutamente sconosciuto a chi oggi, per lo smog, è spesso costretto a camminare nelle vie del centro e della periferia con una mascherina capace di filtrare almeno un minimo l’aria inquinata e puzzolente.

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Centodieci, sono state le opere esposte che, oltre ad introdurci alla città che non è più, oltre a ricondurci all’opera di De Rocchi, hanno permesso di conoscere  i suoi compagni di viaggio: i pittori chiaristi. Chiarismo, ovvero luce e colore. Un mondo incapace di violenza,  un mondo infantile (o al femminile) perché questo esprime al meglio la trasposizione della realtà troppo arida: sono i fanciulli e la donna che, con la loro grazia, nei quadri di De Rocchi esprimono l’ideale e il sogno di spiritualità.

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Nudo al sole, di Framcesco de Rossi

 

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In un mondo che si avvia verso l’orrore della guerra l’artista rappresenta la luce che entra nei suoi dipinti come un elemento insieme naturale e soprannaturale, è il chiaore che illumina i giardini, il sole che entra nello studio e disfa i contorni degli oggetti, il bagliore del cielo che si specchia nelle acque dei Navigli, la modella dorata dal riverbero mattutino. Mentre le canee naziste e sovietiche sollevano le sbarre dei confini polacchi dando strada allo sferragliare dei neri carrarmati e partono le navi italiane che portano i soldati ad invadere l’Albania nel nome del piccolo Re imbelle.

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L’aratura, la trebbiatura, la raccolta delle patate, modelli e figure umili e semplici: scolari della moglie, amichette della figlia, il figlio del padrone di casa colto mentre porta da bere ai genitori che lavorano nei campi o la ‘Signora del castello’, la contessa, ritratta con il suo cagnetto saltellante in una posa che pare ricondurre all’Ottocento, ad un’epoca ormai sfumata. Questo è tutto il mondo dell’artista per il quale il rosso tramonto, nella realtà, non è più il cielo dorato del Beato Angelico ma solo un tragico rosso, foriero di sangue e di morte: la guerra incombe e alla guerra rispondono la luce e i colori soffici, tenui, di pace interiore.

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Riposo, di Pio Semeghini

http://www.arte.go.it/eventi/2010/e_1969.htm

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Del Bon, De Amicis, Lilloni, Spilimbergo sono i giovani amici che affiancano De Rocchi nel nuovo orientamento espressivo condividendo l’ideale romantico di un rapporto tra arte e sentimento, fra arte e vita, un percorso che conduce a quadri che sono sentimento ed emozione.

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Taxi rosso nella neve, di Renato Birollo

http://www.artearti.net/magazine/articolo/il_chiarissimo._omaggio_a_de_rocchi/

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Rappresentano piccoli uomini, figurette disorientate, pervase da un sentimento di piccolezza oppure figure inconsistenti ed eteree. Come ‘lo schermitore’ di Del Bon, un atleta impacciato e indeciso, con la spada con la lama storta che non riuscirà mai a parare i colpi dell’avversario e tantomeno quelli della vita.

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Ragazzo in bicicletta, di Renato Vernizzi

http://www.clponline.it/mostre.cfm?idevento=4506c18d-c112-03ab-70a0a0baf17a8cba

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Una pittura che comunica senso di fragilità, con i contorni e le ombre tracciate direttamente con il colore, emblemi della vulnerabilità di tutto ciò che esiste. Luce pallida, intimidita, per nulla trionfale, una luce da limbo non certo da paradiso terrestre.

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Il passato e il presente, di Roberto Lilloni

http://unilitacagli.blogspot.com/2010_05_01_archive.html

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Una pittura dell’attesa, di eventi terribili. L’ultima speranza che qualcosa possa fermare l’olocausto. Un avvertimento di qualcosa nell’aria, di una paura, di un timore. Ma a nulla servirà. Mussolini e il Re riempono di moschetti i granai d’Italia e per il chiarismo e i suoi esponenti si conclude un ciclo, si esaurisce il ruolo. Parlano le bocche dei cannoni, il cielo s’oscura, la luce muore, l’unico colore è quello tetro delle divise militari , della morte.

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Pioppi in Lombardia, di Francesco de Rocchi

http://www.ilchiostroarte.it/CHIARISMO/fotoDelBon.htm

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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