“Fantasmi in trincea, la sottile linea rossa della paura: miti e leggende della Grande Guerra”

Non questi fili ruggine colora: del nostro sangue son vermigli ancora

La paura. Cos’è che spinge a combattere, e soprattutto accomuna i soldati in trincea? La paura.
Da una parte la paura di morire, dall’altra la paura di essere marchiati come vigliacchi e traditori della Patria. La guerra può essere celebrata solo nei libri di storia, sui monumenti e nelle parole scolpite di un bel memoriale. La guerra è bella solo nei romanzi e nei film, dove gli eroi, i trionfi e le imprese epiche sono ingigantite dalla lente della magniloquenza.

No, la guerra non è romantica e non è epica, ma presuppone preparazione, freddezza, autocontrollo e distacco dalla realtà. Realtà che in tali condizioni di follia vissuta al fronte, è sicuramente una realtà distorta, capace di partorire fantasmi, visioni e dunque leggende. Ma a chi verrebbe in mente di instillare l’ombra del dubbio nella ratio di un soldato che in quel momento si sta giocando la vita? Non dev’essere stato bello assistere a commilitoni, amici e fratelli annegare in buche piene di sangue.

Sì perché la Grande Guerra fu un conflitto davvero atroce. Il limitato sviluppo dell’industria bellica non consentiva uccisioni “efficaci”, si moriva lentamente e in situazioni orribili.
E dove falliva l’Iprite ci pensavano il gelo e il fango delle trincee, un fango capace di rallentare eserciti, invadere uniformi, pensieri e soprattutto di uccidere infettando graffi e ferite.

In uno scenario devastato e devastante come quello, le ragioni della scienza a nulla servirono per giustificare le brutture infernali e le esperienze terrificanti.
L’ignoto, come la morte, vuole spiegazioni.
E laddove le spiegazioni latitano, ecco che anche la più piccola interpretazione, è sempre meglio del buio pesto del mistero. Ogni piccolo appiglio è utile per dominare e superare l’incomprensibile.

Ecco il bisogno degli Angeli, di una forza luminosa capace di fronteggiare l’arcano e governare la paura della morte. Perché negare la forza di una visione a un soldato che sta morendo, dopo aver visto tutti gli abomini della guerra? Perché riabilitare il dubbio?
Cosa importa se un soldato protagonista delle leggende della Grande Guerra abbia avuto un’allucinazione?

A me non interessa. La veridicità delle leggende di guerra è ormai sepolta nelle trincee, insieme ai corpi dei Caduti. Una verità univoca però esiste: il soldato combatte e muore obbedendo agli ordini, ma alla dittatura della ragione no, a quella non soccombe. Il soldato che sta vivendo (e morendo) l’orrore della guerra, vede e sente cose.
E se ha visto gli angeli io ci credo.

Perché in guerra, come in amore, tutto è lecito.

Fonte: orsanelcarro.it

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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