“Diario di un cacciatore”, di Pier Luigi Peccorini Maggi, LIR edizioni, 2010

Un diario acquistato anni fa per la curiosità di conoscere la penna di un celebrato giornalista e scrittore piacentino ma alla fine rimasto per anni tra le letture in attesa del momento giusto. Considerato l’argomento, non proprio tra i miei interessi più alti. Anzi. Ricordo, da giovane. Con mamma e papà avevamo acquistato e risistemato la vecchia casa dei nonni, in Val Chero, a mezza collina. Ero arrivato tardi, dopo una notte insonne a chiacchierare con amici giù in città. Così m’ero steso sul divano nella sala (avevamo quattro stanze, al piano terra cucina con stufa a legna e camino oltre alla sala mentre al piano sopra due camere da letto, quella dei genitori e quella degli ospiti). Naturalmente dormivo quando arriva, venendo dall’altra riva del torrente, da località Boschi, Enzo, mio cugino di qualche anno più grande e una stazza di tutto rispetto. Vede la mia macchina, la 127 rossa con gli adesivi “No al nucleare”, “Né Tornado né uragano, ciel sereno a San Damiano” (la base militare che all’epoca ospitava i Tornado, i caccia in grado di portare missili nucleari). Naturalmente integrati da un bel “No alla caccia”. Enzo non la tirò tanto per le lunghe. Senza una parola entrò in sala e … giù botte!!! Dei bei plattoni al cugino che placido dormiva sonni allegri! Lui, cacciatore provetto e guardiacaccia della zona. Perché, diceva, i cacciatori non erano assassini, vivevano in simbiosi con la natura, sviluppavano un grande rapporto d’amicizia, d’intesa e affetto reciproco coi loro cani ma nello stesso tempo di rispetto per la fauna che cacciavano prima di tutto appunto con rispetto. Difficile da credere e da capire (dove sta il rispetto quando togli la vita ad una creatura che vola in cielo o vive in terra, che prova emozioni, pensa, ha rapporti di gruppo o di famiglia, sia pure, per quanto ne sappiamo e possiamo capire, a livello elementare?). Il libro di Pecorini Maggi alla fine dice le stesse cose, espone il proprio punto di vista, parla del grande rapporto con gli altri cacciatori, di uomini e cani, d’amore per la natura, di battute che inevitabilmente finiscono in grandi mangiate pantagrueliche in qualche trattoria di campagna, di lunghe camminate nei boschi seguendo le tracce di una lepre o di un cinghiale, delle sparate sempre più grosse che si rivelano prontamente delle panzane, di uscite di mattina presto quando il paese dorme, col carniere già pieno per poi comunque tornare millantando grande esito. Comunque no, non riesce a convincermi, come non è mai riuscito Enzo, cugino sfortunato (temeva che nessuna donna volesse accompagnarsi con lui e, quando finalmente l’ha trovata, dopo un tempo tutto sommato breve ci ha lasciati). Rimango dell’idea che comunque la caccia, da quando non è più indispensabile per garantirsi il cibo e la sopravvivenza, non sia uno sport. Felice comunque alla fine di aver conosciuto una penna di tutto rispetto, fine, intelligente, a tratti capace di grande ironia. Purtroppo apprendo che, a 83 anni, nel 2017, Peccorini Maggi ha lasciato la sua campagna di Mottaziana. Chissà, forse in futuro, se mai troverò su qualche scaffale più o meno polveroso uno dei tanti suoi libri, sarà un piacere stavolta approfondire la conoscenza. Naturalmente laddove non si parli di caccia, di fucili che sparano, di vite animali spezzate.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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