“Il Clan dei Mahé”, romanzo di Georges Simenon, Biblioteca Adelphi 496

Le vicissitudini interiori di un quarantenne che, nella vita, ha seguito quel che imponeva l’essere parte di un Clan, quello appunto dei Mahé, gruppo familiare ‘allargato’ che a grande maggioranza popola il piccolo paese di Saint-Hilaire e dove tutti sono destinati ad un ruolo predefinito. La panetteria, l’ufficio postale, la farmacia, ovunque sulle insegne domina l’indicazione di appartenenza al ramo diretto della famiglia oppure a qualche parentela ormai allungata o addirittura persa nella memoria del tempo. Per lui la mamma ha scelto la carriera da medico e lui ha studiato diligentemente, ha aperto uno studio, è diventato il medico del paese. La mamma gli ha scelto la moglie, Hélène, dolce e remissiva e lui l’ha diligentemente sposata. Non gli piace, spesso non la sopporta ma con lei ha fatto due figli rendendo felice la mamma. Da medico condotto va a trovare i malati in motocicletta, per risparmiare la benzina e poter così garantire l’impeccabilità della casa. Ma si può sopportare una vita così banale, dove tutto è deciso dalla nascita fino alla fine? La svolta, soprattutto mentale, avviene in occasione delle vacanze estive, in un paesino sul mare, insignificante, in una pensione banale nella sua normalità, una linea retta esattamente come la sua vita. La mamma, la moglie, i due figli sulla spiaggia a rosolare al sole e lui in giro al porto oppure in barca con qualche pescatore locale che sembra canzonarlo per la sua incapacità di catturare i pesci quelli buoni.  Fino a quando vede Elisabeth, una bambina poco più che dodicenne, con quel vestito rosso perfettamente in ordine orfana della mamma, un padre guascone spesso a dormire fuori casa dopo serate perse nelle osterie, una sorellina alla quale accudire. Non ancora una donna ma comunque l’esatto opposto della sua vita dove tutto è stato programmato da altri e lui non ha saputo far altro che lasciarsi trascinare, spinto da una brezza leggera, senza niente di veramente suo. Insomma, Simenon nell’occasione non ci porta lungo le trame di un giallo, nessun crimine viene annunciato nelle pagine del romanzo (scritto nel 1945 e pubblicato l’anno dopo), certo possiamo parlare di un’indagine che si sviluppa pagina dopo pagina ma in questo caso un’indagine nell’animo dell’uomo, un uomo costretto, soggiogato dalla madre e dalle aspirazioni di questa, ad una vita chiusa tra i binari invalicabili del mondo piccolo borghese.

Illustrazione di Camilla Guerra

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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