Della mostra e delle opere esposte alla Galleria Biffi Arte di via Chiapponi fino al 27 novembre sinceramente, da semplice osservatore d’arte, non sono andato oltre ad un generico interesse. Quantomeno fino all’inizio della produzione degli anni ’80, gli ultimi della vita dell’artista, nato a Udine il 12 luglio 1925, vissuto nella nostra Piacenza (trasferito nel 1930, aveva lo studio in via Campagna all’ultimo piano di un vecchio e fascinoso palazzo a due passi dalla chiesa della Madonna di Campagna), ci ha poi lasciato il 5 agosto 1986.
Artista surrealista, dice chi l’ha conosciuto che viveva sognando come ben si percepisce ammirandone le opere che raffigurano un mondo parallelo al nostro, dolce e poetico, quasi mitologico, un mondo nel quale tutti noi, sull’onda della fantasia e della tenerezza, possiamo sentirci protagonisti.
La sua pittura, fino a tutti gli anni Settanta, propone sempre un mondo favolistico e onirico, tuttavia di ispirazione primitiva e geometrica (pur densa di simbolismi) riferibile allo stile di Klee e Mirò e, come si diceva, risulta personalmente la parte meno coinvolgente e meno attraente della mostra, contrariamente alla scelta più figurativa (per quanto sempre simbolica) dei successivi anni ottanta.
Susanna Gualazzini e Carlo Scagnelli, curatori della mostra, hanno privilegiato le opere su tavola che forse rendono al meglio e sono le più adatte a rappresentare i sogni e il mondo fantasioso ‘vissuto’ dall’artista che, con un vago senso di malinconia e talvolta di nostalgia per l’infanzia propone una realtà serena, innocente, remota e inesistente racchiusa nel romanticismo della mente.
Concludendo va evidenziato che la mostra, realizzata in collaborazione con Enrico Mazzoni, storico gallerista piacentino molto vicino all’artista, propone un imperdibile catalogo, ‘Foppiani Inedito’ curato da Leonardo Bragalini (Tipleco) nel quale oltre alla riproduzione di opere inedite di Foppiani se ne ripercorre la vicenda artistica e umana con contributi testuali da parte dell’amico Armodio, di Eleonora Barabaschi e di Enrico Mazzoni.