Chi non conosce facebook? Chi non ha mai cliccato per senso di conformismo, per il semplice fatto che “così fan tutti“, un “mi piace” ad un sito o “conferma” ad una richiesta di amicizia? Credo che son poche le persone che non l’abbiano fatto, anche chi di tecnologia informatica ne mastica poca e non l’usa quotidianamente per lavoro.
Ho sempre pensato, facendolo, sull’inutilità di questi gesti, ma l’ho fatto e ripetuto. Ritenendolo un mezzo come un altro di comunicazione sociale. Ho letto di uno studio che formulava, attraverso un semplice numero, le capacità di connettersi dell’uomo con il gruppo sociale di appartenenza. Quale è il rapporto che il singolo debba avere per giungere, attraverso una rete di relazioni, ad una corretta evoluzione? In altre e più semplici parole quale è il sistema matematico (numero e/o equazione) che ci ha portati alla formazione di un cervello sociale? Partendo dall’unità, si sono formate degli agglomerati sempre più numerosi fino a giungere alle vere e proprie megalopoli.
Amicizie, sia ben chiaro non conoscenze! Ed avere amici è sinonimo di salute psichica e fisica, è quella serie di rapporti che ha permesso all’uomo primitivo di sopravvivere ed a quello moderno di progredire. Dalla caccia in gruppi (la si pratica ancora, come quella al cinghiale) alla ricerca sperimentale contemporanea dove si lavora per gruppi.
Non avere amici equivale ad avere problemi di natura psichica, l’isolarsi dell’individuo spesso denota l’inizio di una depressione che può avere effetti nefasti sul sistema immunitario, indebolendo le difese, e su quello relazionale, mettendone in discussione la stessa sopravvivenza.
Ma l’amicizia di cui abbiamo accennato attraverso l’introduzione di una equazione, e di cui hanno parlato i filosofi, in modo sistematico fin dal IV secolo a. c., ha qualcosa in comune con l’amicizia, perno e motore primo di Facebook? Come si è giunti dopo appena dieci anni ad una rivisitazione e riformulazione di tanti canoni che le convenzioni sociali avevano elaborato e garantito per secoli?
Praticamente è avvenuto nelle relazioni parentali e sociali quello che è avvenuto nel mondo della comunicazione, nel campo dell’informazione. Oggi si hanno tante notizie, diversissime tra loro, pur mantenendo lo stesso oggetto. Conseguentemente sono di gran lunga molteplici anche i commenti alle notizie, diversissimi: si contraddicono e si escludono a vicenda.
Sia nella forma -il riportare- sia nella sostanza -l’argomentare-. Quindi avere tantissime notizie equivale a non averne alcuna. Conosciuto un “fatto”, ognuno di noi dovrebbe avere “una cassetta degli attrezzi” che gli permetta di crearsi il suo commento, di scrivere i propri editoriali. Ma sappiamo che così non è! Difficilissimo avere notizie di prima mano, impossibili quelle in cui si è testimoni oculari. Una via d’uscita potrebbe essere rapportare ciò che accade a fatti simili precedentemente avvenuti.
Ma anche questo sistema è fallace. Perché nel riportare esperienze passate (inutile il riportare il parere dei filosofi che hanno detto di tutto e di tutto l’opposto), si rimane spesso nel terreno dell’indecisione perenne, con il rischio di finire nel puro cinismo.
Ed allora che risposta diamo alla conoscenza oggi. Forse con un richiamo a quella facoltà primaria che ci ha distinto nell’evoluzione e ci distingue (forse ancora oggi) dagli animali. Se la comunicazione non può basarsi nell’avere tantissime notizie (che spesso ne negano la conoscenza), così l’amicizia non può essere calcolata basandosi sulle amicizie infinite di facebook, che amicizie non sono (relazioni virtuali che negano il concetto stesso di amicizia, mancando il rapporto reale che sta alla base di questo primordiale sentimento).
Ma… intelligenti si diventa, ci si può salvare dall’ignoranza. Bisogna sviluppare tali e tante capacità critiche che ci permettano di orientarci nel mare magnum dell’informazione che poi è pura e semplice disinformazione, che tende a trasformare il cittadino in mero esecutore dei diktat del potere.
In conclusione: se viene a mancare la comunicazione e la conoscenza rischiamo di far crollare tutto l’impianto sociale dell’uomo moderno. La comunicazione che rileviamo nei moderni sistemi di comunicazione come FB, è fallace.
Basta guardarsi intorno, a passeggio notiamo intere famiglie, gruppi di simili (studenti, lavoratori) o semplici cittadini che si mettono in comunicazione attraverso portatili o similari. Si connettono con tribù di amici che sono in tutto il globo e che amici non sono. In pratica si connettono in un mondo virtuale che non ha nessun effetto sulle relazioni sociali reali, anzi le peggiorano.
Nel momento stesso in cui il figlio (l’individuo n. 1) comunica col genitore “on line” fa crollare la base costituita da quell’iniziale 3,5 che rappresenta la famiglia.
Avendo questi strumenti bisogno di tempo per alimentarsi è evidente che, essendo il tempo una variabile non comprimibile, tolgono tempo alla vita, la svuotiamo di significato. Se togliamo tempo alla vita quotidiana, corrompiamo tutto ciò che ci ha permesso una certa evoluzione e rischiamo di ricacciare l’uomo nel buio delle caverne!