“Alternativa per Piacenza, le sponde contrapposte”, un intervento di Antonella Lenti, giornalista a margine della divisione nel centro-sinistra piacentino

Stefano Cugini (Pd), Luigi Rabuffi (PC in Comune) e Sergio Dagnino (M5S) in conferenza stampa per illustrare i motivi della crisi dell’unità del centro-sinistra piacentino

E’ rottura. Sì. Forse… ma anche no. Se Alternativa per Piacenza si scinderà in due tronconi – nella sostanza potrebbe essere la costola del Pd a proseguire su un altro percorso con altri compagni di viaggio e altri programmi – lo si vedrà nel dibattito che si svilupperà nell’assemblea plenaria convocata per giovedì 20. Il polso si misurerà sui numeri della partecipazione di quel “popolo” che per mesi ha lavorato intorno al progetto di un centrosinistra unito, impalcatura che anche stavolta scricchiola parecchio. Tre esponenti di spicco di Alternativa per Piacenza Stefano Cugini, Luigi Rabuffi e Sergio Dagnino hanno parlato alla stampa per oltre un’ora spiegando che cosa proprio non va nel rapporto che sembra profondamente incrinato all’interno di Alternativa per Piacenza e in particolare nel rapporto con il partito maggiore il Pd, indicato come fosse il dominus di una coalizione che resta virtuale. L’impressione che si ricava dalle loro parole è che la distanza sia molta. Quasi incolmabile. Una distanza ampliata (e di molto) già nel momento (un paio di mesi fa) quando all’assemblea delle idee (la plenaria di Alternativa per Piacenza) si è affiancato in parallelo, e talvolta anche in collisione, il tavolo politico con il compito di arrivare al dunque: la scelta di candidature possibili o immaginate regolarmente bruciate da indiscrezioni di stampa e puntualmente disconosciute dagli stessi interessati. Uno stillicidio di possibilità e di ritiri che certo può aver contribuito a destabilizzare i nervi di una sperimentazione ancora tutta in corso d’opera. Al tavolo politico parallelo ad ApP oltre a Pd, a rappresentanti del M5s, alla sinistra, a Rifondazione (che ha già abbandonato) ci sono rappresentanti di associazioni e dei gruppi tematici attivi sul programma in Alternanza. E’ dalla nascita di quel tavolo che ha cominciato a scriversi la storia più recente, giunta fino a questa settimana quando è stato formalizzato il gran distacco. Un arresto segnato da un documento di qualche giorno fa in cui i firmatari: Davide Bastoni, Enrico Caruso, Giuseppe Castelnuovo, Sergio Dagnino, Stefano Forlini, Luigi Rabuffi, Giovanni Toscani, Milvia Urbinati, Davide Vanicelli denunciavano il venir meno delle condizioni per proseguire un confronto politico – sulle modalità di scelta di una candidatura – all’interno del tavolo politico che si riunisce da oltre due mesi. Troppo tira e molla, troppe condizioni incalzanti, troppi chiarimenti negati o posticipati e poi il nodo delle primarie piovuto improvviso come un fulmine a ciel sereno. Ma problemi o schermaglie politiche a parte, la storia di questa è esperienza è più complessa. Si tratta di due mondi che seppure diversi si erano trovati sulla stessa lunghezza d’onda. Incontro durato un periodo significativo (un anno non è poco) e che ora sembra abbiano sancito la separazione. Sembra. E da quanto è emerso nella conferenza stampa del “distacco” non sembrano evidenti motivi di possibile riconciliazione. I principali protagonisti prima uniti si trovano ora su due sponde contrapposte. Da un lato c’è il Pd, partito regolamentato dalle ovvie ritualità di un partito. Ora porta con se un bagaglio pesante come un congresso imminente la cui celebrazione è stata discussa, rinviata, contestata e successivamente imposta. Il congresso e le dinamiche che ne conseguono certamente ha un ruolo in quello che sta succedendo in questi giorni. Il Pd, non è un mistero, ha sulle spalle anche una divisione interna che è storia antica e lunga, irta di personalismi e steccati che si rinnovano. Accanto a questo schema si aggiunge anche la non unanime adesione di tutto il partito al progetto di Alternativa per Piacenza. Non è un mistero infatti che una parte dei Dem (area che fa riferimento all’ex sindaco Reggi) critichi su questo punto lo stesso segretario Silvio Bisotti. Sull’altra sponda ci sono persone rappresentati di partiti e associazioni che hanno “fatto saltare il tavolo” e denunciano che metodo e contenuti “si stavano pericolosamente allontanando dallo spirito iniziale con cui aveva preso il largo ApP”. E lo hanno ricordato i promotori: i tre consiglieri comunali di opposizione  Stefano Cugini, Luigi Rabuffi e Sergio Dagnino “Tutto è partito il 12 ottobre del 2020”. E’ stato quello il momento in cui ha iniziato a delinearsi una visione politica per un’alternativa unitaria alla giunta Barbieri che facesse perno sull’unità delle forze di centrosinistra. Come a promettersi “mai più in ordine sparso come nel 2017”. E invece… Ma c’è di più. Ora che è il tempo della chiarezza si va fino in fondo e non si risparmiano situazioni maldigerite. Tutto fluentemente viene detto e sottolineato. Così nel rilanciare la bontà della proposta sottolineano come sia grave il fatto che nessun esponente del Pd si sia mai interessato al lavoro serio e approfondito compiuto dall’assemblea di ApP che ha snocciolato idee e proposte programmatiche degne di attenzione. Nulla a che fare con un supposto “principio della rappresentatività politica” come qualcuno sottolinea – ha messo in chiaro Dagnino – un conto è il tavolo politico un conto è l’assemblea di ApP “aperta a tutti e in cui si discute di contenuti. Come mai nessun esponente del PD è mai stato incuriosito e non ha mai partecipato ai lavori?”. Quella coesione ricercata e subito messa in primo piano al debutto di Alternativa per Piacenza nel primo autunno scorso si è arenata. Decisamente arenata. Difficile ricongiungere i pezzi. Questione di posizioni e prospettive diverse tra le parti che portano con sé contenuti e linguaggi a cui si attribuiscono significati diversi. Si potrebbe dire che è stato un tentativo non riuscito di unire un centrosinistra che il concetto di unità non lo conserva nella sua identità. Del resto è un fattore ricorrente che raramente viene smentito. Sarà così? Forse. Intanto Cugini, Rabuffi e Dagnino hanno spiegato lo stato dell’arte politico dei lavori intorno ad Alternativa per Piacenza che oggi si trova di fronte a un evidente stop nel suo percorso. Linguaggi diversi? Pragmatismo contro ideali? Difficile stabilirlo. Forse un po’ di tutto questo. Ecco una sintesi delle loro parole durante la conferenza stampa per illustrare il perché dello strappo.

CUGINI – Cari amici una notizia: gli avversari sono altrove

Ho deciso di esserci perché era la cosa giusta da fare. Sono qui con Gigi e Sergio – ha spiegato Stefano Cugini, capogruppo Pd in consiglio comunale (non è tra i firmatari del documento di contestazione) – perché è con loro che è cominciato tutto. L’impostazione di Alternativa aveva l’obiettivo di cambiare l’approccio della politica troppo indifferente alla gente e incapace di ascoltarla. Ma sono questi gli obiettivi concreti che si stanno cercando? Non sembra che sia così secondo Cugini e quindi ha aggiunto “Vincere è ok, ma non costi quel che costi. Non è l’unica cosa che conta. Sento dire da tanti: attenzione, senza il Pd non si vince… ma è questa l’unica cosa che ci interessa?” Altre sono le ambizioni che nutriva Alternativa per Piacenza ha elencato Cugini “Si è lavorato su contenuti che indichino scelte nette e riconoscibili. Sono i programmi elaborati nel corso di un anno di lavoro che non devono rappresentare solo “una traccia” per il candidato. “Siamo tutti d’accordo su questo” si è chiesto e ancora “Quel lavoro ha delineato un solco da seguire oppure il candidato avrà mano libera?” Interrogativi e infine una considerazione amara “Ho avvertito da parte di Alternativa per Piacenza – ha detto – una sorta di sollievo per l’uscita della parte più critica. Un tono da epurazione. Un fatto è certo in questa partita non c’è contrapposizione tra buoni e cattivi e deve essere chiara la consapevolezza che gli avversati stanno dall’altra parte”.

DAGNINO – Tanti di ApP avrebbero potuto essere candidati

Che dire? Ritengo che per il progetto cui abbiamo lavorato sia tanto bello e tanto nuovo che il centrosinistra non ha la maturità per interpretarlo e portarlo avanti. E con tutta evidenza i 5 anni trascorsi non hanno insegnato nulla. Sergio Dagnino (M5s) non nasconde una punta di tristezza nel fare queste affermazioni. E aggiunge: a nulla hanno sortito le richieste di incontri, chiarimenti e confronti. Ci siamo trovati di fronte a scelte obbligate. E quindi la scelta è arrivata. Quello che abbiamo scritto – ha detto – è una presa d’atto. Come dire la misura è colma. ApP per noi era necessaria per impostare una politica diversa. Volevamo un laboratorio per la gente per dare vita a un’azione politica nuova e questo forse è stato un problema per qualcuno. Ha spiegato Dagnino. Perché il nostro convincimento e obiettivo è quello di cambiare davvero le cose in questa città attraverso programmi coraggiosi. E poi il percorso si è inceppato. Lo scoglio è stato la scelta del candidato. Tema su cui sono emersi i soliti meccanismi della politica. E pensare che in Alternativa per Piacenza ci sono tante persone che potrebbero svolgere questo ruolo. Quindi si è arrivati alla proposta di primarie, strumento previsto dalle regole interne a un partito ma questo percorso non può valere per un gruppo come Alternativa per Piacenza. Dagnino ha sottolineato anche un elemento di sfiducia nei confronti dello strumento “pericoloso che può portare a situazioni molto spiacevoli. Ci ricordiamo tutti – ha detto – quello che è accaduto nel 2012.” Quanto alle candidature ha puntualizzato che i nomi in campo erano una decina ma si è poi deciso di affidare al partito più rappresentativo della coalizione, il Pd appunto, il compito di lavorare sulle candidature. Poi è andata come è andata.

RABUFFI –  Possibilità di ripartire? Incerta

Possibilità di ricucire? Saremo in assemblea per spiegare le ragioni della nostra presa di posizione e se ci sarà la volontà di ripartire… Restano sospese le parole di Luigi Rabuffi sulla prospettiva che attende Alternativa per Piacenza. Se riprendiamo il percorso originario, costruire la Piacenza del futuro, Alternativa per Piacenza è in grado di vincere le elezioni. Ha segnalato all’inizio del suo intervento. Dopo un anno di lavoro intenso che ha coinvolto tante persone sui temi importanti per il futuro della città siamo arrivato allo stop. Un anno e tutto è cambiato. Rabuffi ha ricordato quando nel 2014 due anni prima delle elezioni si era dimesso dalla giunta Dosi presentandosi poi da solo nelle elezioni del 2017 poi – ha ricordato – insieme a Cugini e Dagnino è stata ricercata la convergenza politica che ha portato a tracciare un progetto comune: provare a dar vita a un tentativo di centrosinistra per le comunali del ‘22. Mi son detto ci sto. Ed eccola Alternativa per Piacenza. Da qui – ha segnalato – si è allargato al mondo associativo e siamo arrivati a questo punto. Al punto – dice – che si volevano fare le primarie quando non c’erano candidati scelti e indicati.

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Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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