“Dignità”, lirica di Francesco De Girolamo per tutti i licenziati vittime dei profitti facili

Acciaieria, olio su tela di Cecilia Ravera Oneto

Per i lavoratori dell’ILVA, miei fratelli Tarantini, che al momento devono scegliere, lasciando che altri decidano per loro, sulla loro pelle, tra mantenere un lavoro che gli dà da vivere, ma diffonde una dilagante sorgente di morte, o la definitiva perdita dell’occupazione; per tutti i licenziati, vittime dei profitti facili, per l’imprenditoria, della delocalizzazione, che, per la tredicesima, in vista del prossimo Natale, troveranno in busta paga l’importo, per la loro famiglia, di una manciata di Euro, obolo di un’indennità, corrisposta per le nostre leggi di tutela sul lavoro degna di un rimborso di trenta denari, da parte di un “Giuda” ormai divenuto emblema istituzionale. Per tutti i traditi, i dimenticati, gli ingannati, gli oltraggiati di questo nostro paese sempre più sciagurato, continuo a invocare:

DIGNITÀ

Ti ho vista soffocare
nelle aule del potere,
tappezzate di menzogne,
nelle fabbriche incendiate
come celle a gas segrete,
nelle scuole devastate,
nei trapezi senza rete
dei cantieri improvvisati,
nei sorrisi imbarazzati
dietro appalti d’assassini,
nello strazio dei bambini
di padri morti in croce,
a testa in giù, colpiti
dai più vili cecchini,
nascosti negli uffici,
tra dismissioni ottuse
e milioni di scuse
di calo dei profitti.
Ti ho vista scomparire
dal viso rassegnato,
votato al compromesso
dell’arreso sindacato,
indegno del passato,
delle lotte che un tempo
lo videro all’assalto
del lavoro promesso
di un salario più alto
per chi vola tra il ferro
senza portarsi accanto
neanche l’ombra di un santo,
o un bicchiere di latte
per ingoiare l’amianto
senza il vomito in gola
di un’atroce tagliola
che stringe lentamente,
ma un giorno non perdona.
Ti ho sentita invocata
da voci troppo roche,
da grida troppo fioche,
da lingue ormai tagliate
da aguzzini e gerarchi
delle schiere di armate
di mafie liberate
da condoni e amnistie,
da leggi spudorate,
scritte con sangue e fango,
da cui erano cancellate,
le tue lettere alate,
da una mano di bianco
sul tuo nome rimpianto,
che il tempo brucerà
nella storia di stato:
dignità, dignità.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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