«Una risata vi seppellirà» è una frase dell’ottocento attribuita all’anarchico Michail Bakunin, la si era vista scritta sui muri di Parigi nel Maggio del ’68. In Italia, questa frase aveva avuto fortuna e di conseguenza grande diffusione circa dieci anni dopo, nel 1977 veniva scritta o urlata durante le proteste studentesche, le ultime manifestazioni politiche di massa, prima che si arrivasse alla comparsa della P38 ed ai famigerati anni di piombo. Il completo e ricorrente ritornello era il seguente: “la fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!”. Una frase che faceva paura, non a caso a Bologna lo Stato inviava, oltre le normali forze di polizia, i carri armati come deterrente alle manifestazioni studentesche. Oggi credo comunque che quella frase continui a mantenere una carica dirompente contro un certo sistema politico precostituito. Tutte queste considerazioni sembrano appartenere ad un “dejà vu”, ma così, a ben vedere, non è. È risaputo: la storia segue logiche che rimangono sconosciute, nonostante tutti gli sforzi teorici per renderla “razionale” e prevedibile. Dopo più di un secolo, la risata infatti continua ad essere rivoluzionaria, a dimostrarcelo un film americano uscito nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni: “Joker” del regista Todd Phillips. Il nostro personaggio non ha niente a che vedere con il personaggio malvagio acerrimo nemico di Batman, anche se Arthur Fleck – Joker, vive nella stessa Gotham City. Una città degradata e sporca, tanto da somigliare a tante città italiane, alla gran parte delle periferie metropolitane come a quasi tutte le strade extraurbane del nostro Paese.<
Sarà per questo che le musiche della violoncellista islandese Hildur Guonadottir si ispirano a musiche anni cinquanta, anche se il leit motiv è “that ‘s life” di Frank Sinatra, canzone del 1966. Il testo di “Questa è la vita” esprime bene i sentimenti del nostro Joker: i tormenti di un essere malato ed emarginato. Emarginato e malato perché privo di genitorialità: adottato alla nascita e abusato nell’infanzia. Da adulto riesce ad esprimersi in privato con la danza, in pubblico con il sorriso. Il sorriso è una anomalia del respiro, un po’ come il pianto, tant’è che spesso situazioni comiche ci fanno piangere e viceversa, situazioni drammatiche e dolorose ci fanno ridere sguaiatamente in modo isterico.
Bene hanno fatto al festival del cinema di Venezia a premiare il film e Joaquin Phoenix (Joker) con il Leone d’Oro, l’attore è infatti riuscito perfettamente con i suoi movimenti – una danza lenta e dolorosa – a far coincidere movimento fisico e sofferenza interiore.
La danza è una solipsista manifestazione del suo essere, di contro la risata è manifestazione rumorosa ad uso e consumo della collettività.
C’è molta violenza nel film, Joker, da umile lavoratore, da figlio premuroso e dedito a soddisfare i bisogni materni, si trasformerà in un assassino, uno spietato pluriomicida.
Diventerà un esempio da imitare, come lo era stato, per i neri d’America, Tommie Smith del Black Power, nelle Olimpiade di Città del Messico del 1968.
Ma questa volta il Nostro Buffone si troverà, al di fuori di qualsiasi sua intenzione, a capo di una vera e propria rivolta popolare dei ceti emarginati e meno ambienti di tutta Gotham City.
Joker è un anonimo cittadino che per essere qualcuno, per farsi giustizia, è costretto ad usare la violenza. Diventa violento in seguito allo smantellamento del Welfare State, ha bisogno, pur consapevole della ripetitività (e della inutilità delle sedute) di essere ascoltato da qualcuno, da uno psicologo, da un assistente sociale. Per mancanza di fondi pubblici, questo tipo di servizio viene eliminato.
La televisione crede di poterlo usare per aumentare l’audience, le conseguenze saranno disastrose: viene ucciso in diretta il conduttore della trasmissione Murray Franklin (Robert De Niro).
Il tema del lavoro, i rapporti interpersonali, la rappresentanza politica (impersonata dal candidato sindaco Thomas Wayne), la facilità della diffusione delle armi, lo smantellamento dello stato sociale, sono temi che fanno, qua e là, capolino in tutto il film. Temi che dovrebbero fare riflettere la rappresentanza politica che dovrebbe impegnarsi maggiormente per la soluzione dei problemi concreti e vitali dei cittadini.
Sì, è probabilmente vero che alla base di ogni devianza ci sia una “malattia mentale” dell’individuo, come in Joker, ma è altrettanto vero che simili manifestazioni patologiche possono essere neutralizzate e curate adeguatamente da un efficiente sistema sanitario.
Il regista sembra volerci avvisare di fare attenzione perché in una società come la nostra, basta un gesto irrazionale, spiegato razionalmente, a trasformare un assassino in un eroe: un comico fallito in un rivoluzionario. Una massa anonima in una folla scatenata e violenta. Attenti allora, perché una risata potrebbe seppellirvi, attenti alle “risate” anche a quelle apparentemente sconnesse e prive di senso, a quelle “sgrammaticate” perché, parafrasando Vasco Rossi, mi viene da dire che tutto ciò che non ha senso… Domani arriverà… Domani arriverà (ad avere un preciso significato)”.