Ma cosa resta nella mente o nella vita di una donna che ha amato e subisce la violenza dell’uomo? L’uomo che diceva di amarti, al quale ti sei affidata ed ora chiami “il mio sequestratore“.
“Quando conobbi l’amore, racconta la protagonista del racconto, solo promesse di felicità e rispetto riempivano i miei giorni. Solo dopo mi resi conto di quanto sia difficile riconoscere l’Amore vero. Spesso i sentimenti si confondono con la passione e si tralasciano avvisaglie che sfociano in drammi. Non mi sono mai preoccupata di una gelosia che non annullava il buono che c’era. Confondevo la sua invadenza con una sorta di parsimoniosa attenzione. Era, invece, marcare il territorio. Ritenersi proprietario e non compagno. Era arrogarsi il diritto di esclusività e non di condivisione. Era considerarsi succursale dei pensieri e della libertà dell’altro. Non era Amore. Amore è un’altra cosa! L’Amore vero è semplice perché è incondizionato: nulla in cambio, se non il bene!”
Questo uno dei tanti passaggi del libro di Renza attraverso il quale una donna, vittima degli abusi da parte del compagno, si racconta, giorno dopo giorno, rivela delle sue paure, delle sue delusioni, delle sofferenze per un corpo martoriato, della rinuncia a coinvolgere la madre che forse potrebbe aiutarla ma a sua volta soffrendo, così fino al rifiuto di rispondere al telefono, alla consueta chiamata di controllo, sapendo che al suo rientro lui sfogherà la rabbia bestiale di uomo padrone. Fino alla soluzione finale che finalmente la riporterà verso la libertà, verso la riconquista della sua dignità di donna.