“Ancora sul Coronavirus, una chimera che ha cambiato il mondo”, intervento di Carmelo Sciascia

A dover parlare della Chimera che sta cambiando il mondo, a partire dal nostro quotidiano operare, non si sa da dove iniziare. Bombardati da tante notizie, in modo martellante ed ossessivo, già da inizio anno, per non parlare del periodo buio dell’isolamento nazionale, rimaniamo disorientati, oggi si rivela ancor più vera l’equazione che avere tantissime informazioni equivalga al non averne alcuna“

A dover parlare della Chimera che sta cambiando il mondo, a partire dal nostro quotidiano operare, non si sa da dove iniziare. Bombardati da tante notizie, in modo martellante ed ossessivo, già da inizio anno, per non parlare del periodo buio dell’isolamento nazionale, rimaniamo disorientati, oggi si rivela ancor più vera l’equazione che avere tantissime informazioni equivalga al non averne alcuna.

L’analisi del fenomeno clinico ha lasciato spesso il posto a supposizioni politiche, o meglio, si è usato il movente sanitario per delineare e prospettare una certa visione geopolitica.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha affermato e sostenuto ufficialmente che “tutte le prove disponibili indicano l’origine animale del coronavirus: non è stato manipolato o costruito in laboratorio né da nessuna altra parte”. L’OMS ha sottolineato in più occasioni che “il virus sia di origine animale ed abbia il suo serbatoio ecologico nei pipistrelli”.

Il nostro Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha condiviso la tesi dell’OMS ed ad essa si è allineata: “La comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, precedentemente circolanti solo nel mondo animale, è un fenomeno ampiamente conosciuto (chiamato “spillover” o salto di specie) e si pensa che possa essere alla base anche dell’origine del nuovo Coronavirus”. 

Nonostante queste autorevoli affermazioni, qualche recente pubblicazione continua a sostenere che il virus sia stato creato in laboratorio e che maldestramente abbia iniziato a circolare, partendo dalla Cina, per le vie le mondo. Il laboratorio additato sarebbe l’Istituto di Virologia situato nella città di Wuhan, regione di Hubei, facente parte della Repubblica Popolare Cinese.

Scelto non a caso, ma perché ultimo in ordine di stampa, il libro: “Cina Covid-19” (2020 Edizioni Catagalli – Siena). L’autore è il prof. Joseph Tritto (Giuseppe per gli amici), Presidente dell’Accademia Mondiale di Tecnologia Biomedica ed esperto di conoscenze tecnologiche di Cina ed India, per limitarci ai titoli attribuitigli dal professore Luigi Frigerio che ne ha firmato la postfazione. In realtà l’elenco dei titoli accademici è talmente lungo da occupare l’intera quarta di copertina. Un titolo che non lascia spazio ad equivoci: indica la Cina come luogo originario dell’epidemia e principale responsabile nella creazione del virus!

L’Autore sa molto bene la posizione del consesso scientifico internazionale che riconosce le origini naturali dei vari cambiamenti del virus fino ad arrivare alla carica patogena attuale, ma strizza l’occhio ugualmente alla tesi complottista che vede il Covid-19 come il prodotto finale di una implementazione di successive tecniche virologiche.

La lettura medico-scientifica risulta intramezzata da una concezione politica orientata verso una precisa scelta di campo filo-atlantica. La conflittualità economica tra Cina ed America, nel quadro della globalizzazione, è presa come cartina di tornasole per spiegarci un fenomeno che dovrebbe avere altri punti di riferimento con caratteristiche forse prettamente ed esclusivamente scientifiche. In verità, va detto senza riserve, diversi capitoli trattano l’aspetto puramente scientifico della ricerca biologica: biochimica e manipolazione genetica.

L’Autore sembra caldeggiare la tesi pubblicata su “Defense One” a cura del generale Joseph Votel e dell’ammiraglio Samuel J. Locklear. I due fedeli militari dello zio Sam, sostengono la necessità di attribuire agli Stati Uniti il ruolo di paese guida nella formazione di una coalizione internazionale capace di contrastare l’espandersi di questa pandemia come di altre possibili (e probabili) future varianti epidemie virali. Tutto ciò darebbe inizio ad una nuova era di sicurezza e di prosperità mondiali. Così come gli Stati Uniti, dopo l’11 Settembre 2001, sono stati capaci di guidare la lotta al terrorismo internazionale, sarebbero capaci oggi di affrontare e debellare le sfide della pandemia in corso.

Che lo scrivano e lo dicano due alti ufficiali dell’esercito statunitense posso comprenderlo ma non condividerlo. Trump docet, tutte le sue iniziative per contrastare la pandemia negli USA sono state frutto di una sua opinione politica che nulla ha avuto a che vedere con i suggerimenti di una valida risposta scientifica che altri Stati hanno comunque cercato di dare. L’iniziativa dell’Amministrazione americana è stata disastrosa, qualsiasi pretesa leadership internazionale, in questo campo, si è smentita da sola, nei fatti.

A scanso di equivoci: come tutti i libri, anche questo è da leggere. Sono tantissimi i momenti di riflessione proposti, dalla genesi del virus ai rimedi farmacologici, dagli annunci di nuovi farmaci antivirali alla scoperta di nuovi vaccini che probabilmente non arriveranno mai. “Dulcis in fundo” l’accenno all’Etica delle Biotecnologie. Tema che sarebbe stato meglio sviluppare maggiormente, perché l’Etica costituisce l’essenza di qualsiasi comportamento umano, ne costituisce le fondamenta: come tale sarebbe indispensabile tenerne conto anche in qualsiasi ricerca scientifica. Usare invece la filosofia orientale, ed in particolare un’interpretazione di Ren Li che ha curato “L’Arte della guerra” opera di Sun Tzu del V secolo a. C., per accusare la Cina odierna di guerra biologica, mi sembra sinceramente un tantino fuori luogo, prosaicamente e cronologicamente lontano almeno diversi secoli!

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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