“L’invisibile ovunque”, romanzo di Wu Ming, Einaudi editore

Un romanzo del collettivo ‘Wu Ming’, ovvero cinque scrittori che, soprattutto nel primo decennio del secolo in corso hanno deciso di condividere parte della loro produzione letteraria fondando una Fondazione, un blog, un’officina di narrazione, attività musicale e altri gruppi di lavoro. ‘L’invisibile ovunque’ è costituito da quattro racconti dedicati alla prima guerra mondiale ispirati sia da testimonianze sia da ricerche d’archivio. Entusiasmanti i primi due racconti, il primo che segue le vicende di un piccolo uomo (piccolo nel senso di bassa statura con i problemi di accettazione sociale che possono derivare da questo dettaglio fisico) che si scopre vera e propria arma vivente ed indossa la divisa degli Arditi segnalandosi per ardore e, diciamola, gusto nell’uccidere il nemico affrontando a viso aperto le situazioni più pericolose. Il secondo racconto che invece esplora il mondo (diffusissimo nella realtà) dell’affermazione della deficenza psichiatrica finalizzata all’esonero dai combattimenti laddove però attenzione a quando la finzione rischia di trasformarsi in realtà. Un fatto che mi riconduce al mio periodo di naja e a quel ragazzo che manifestava comportamenti anomali, schizofrenici. Fingeva? Era veramente in bilico tra normalità e anormalità. Ricordo che era venuto tra noi dopo essere stato escluso dal corso per ufficiali, ricordo il giorno che lo prendemmo a forza e lo costringemmo alla doccia spogliandolo: indossava sette paia di mutande! Riuscì ad essere esonerato dall’esercito. Così come tanti ai tempi della Grande Guerra si sparavano volontariamente un colpo d’arma alla mano sinistra ma, dopo un pò di tempo, gli ufficiali medici sentenziarono che potevano sparare con la mano destra. Più ‘lenti’ gli ultimi due racconti, legati più a ricerche d’archivio rispetto all’esistenza sul Grappa di una misteriosa ‘brigata camaleonte’. Nata da una valutazione: le politiche d’assalto del generale Cadorna che, in nome di un malcelato ‘onore militare’ mandava migliaia di ragazzi all’assalto vero le trincee austo-ungariche poste in cima alle vette quando più logico sarebbe stato accerchiare le truppe nemiche semplicemente tagliando le strade per i rifornimenti alle loro spalle, in pianura. Invece ecco i battaglioni spediti all’assalto a viso aperto attraverso la terra di nessuno lungo le ripide salite delle montagne. Uccisi dalla mitraglia come mosche quasi senza sparare un colpo. Perchè, per i comandanti a partire dal comandante in capo, l’infame generale Cadorna, arrivando fino al Re, quei ragazzi non erano altro che carne da macello da sacrificare al Dio della guerra ottenendo tanti morti e corrispondente tanto onore per sè. Ma ecco l’idea, la valutazione di un modo diverso di condurre la guerra che comunque è una tragedia, che inevitabilmente fa morti ma potrebbe non essere un macello di vite umane. L’idea della brigata camaleonte che finirà chiusa e dimenticata in un archivio ma sarà determinante per i giorni nostri. I dettagli? Beh, il libro va pur letto!

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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