Giorno 23 di maggio, sabato mattina a Caminata. Paese della nostra provincia piacentina. Piccolo agglomerato urbano. Contenuto il numero d’abitanti. Comune orgogliosamente autonomo, se pensiamo ch’era annesso a Nibbiano. Carico di storia per la sua particolare collocazione geografica. Ha fatto parte della provincia di Pavia. Posto tra il ducato di Parma e Piacenza e lo Stato Sabaudo, storicamente rilevante come dogana della Contea di Bobbio della cui diocesi faceva parte. Crocevia di quei territori che oggi vanno sotto la denominazione delle quattro province: Alessandra, Genova, Pavia, Piacenza. Quattro province, ma anche quattro regioni. Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna. La denominazione di “Quattro province” è stata coniata intorno agli anni settanta per studi di carattere eminentemente musicale, ma è una espressione che può tranquillamente essere usata per meglio comprendere questo territorio dal punto di vista, geografico, storico ed etnografico.
Superfluo dilungarsi a tale proposito. Oggi intendo sottolineare perché mi trovo a Caminata. Occasione per presentare miei quadri e libri. I quadri sono stati tutti dipinti a Piacenza, anche quando rappresentano paesaggi vulcanici e squisitamente mediterranei. I libri sono raccolta di opinioni, riflessioni, considerazioni pubblicate come note su Libertà. Rappresentano una storia personale, privata e pubblica, dal 2010 al 2014. non a caso i titoli sono: “2011-1” , “NOTE 2012”, “NOTE 2013” e l’ultimo semplicemente “2014”. Sono stai pubblicati dalla casa editrice youcanprint, ed acquistabili online anche in forma cartacea. Quadri e libri che sono frutto di condivisione di valori del Nord e del Sud. Un po’ come Caminata per le quattro province, le mie opere, pittoriche e letterarie, rappresentano la realizzazione simbolica dell’Italia unita. “Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani” come scrisse ne “I miei ricordi” Massimo D’Azeglio. Perché noi italiani siamo legati più che all’idea di Stato e Nazione a quello di Paese. Infatti quando si parla d’Italia si dice il Paese. Spesso ironicamente il Bel Paese. Perché d’altronde bisogna dire che, con tutti i limiti ed i difetti, bella infine lo è davvero, l’Italia. Quindi ciascuno di noi e noi tutti, ci sentiamo appartenere ad un Campanile, al nostro piccolo paese, alla nostra città. “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Così scriveva Cesare Pavese, così noi continuiamo a credere che sia!
Me lo face notare lo scrittore Gaetano Savatteri, apostrofandomi, un giorno che ci siamo casualmente incontrati: “Stai, con i tuoi interventi, unendo l’Italia!”. Mi piacque questa affermazione e per questo la riprendo volentieri. Soprattutto qui, a Caminata, dove si è realizzato politicamente quello che io faccio con i miei interventi letterari, si è collegato il Sud ed il Nord. Un sindaco originario di Avellino che si è innamorato di questo paese, ne ha fatto dapprima il suo “buen retiro”, come luogo appartato e tranquillo, per poi divenirne un cittadino a tutti gli effetti.
Avellino faceva parte del Ducato di Benevento. Il ducato di Benevento era una diretta emanazione dei domini Longobardi in Italia. Ancora una volta la storia mescola le carte in tavola! E mescola le grandi storie come quelle personali di ognuno di noi: le vite di uomini comuni che comunque sono il lievito delle grandi storie.
C’è in questa iniziativa, un valore aggiunto che è rappresentato dall’amicizia. Negli anni ottanta, ci siamo conosciuti, io e l’attuale sindaco Carmine De Falco. Una storia simile, un incontro che inizia nel sentirsi appartenenti ad una stessa comunità, quella della parrocchia di San Giuseppe operaio. Di condividere una scuola: il nido dell’Ottolenghi. Scuola frequentata da Alessandro e Giuseppe, allora bambini, nostri figli. Ecco allora tornare, in modo preponderante, il concetto laico di campanile: la rappresentazione rituale della vita quotidiana di ognuno di noi. La comunità che si basa sui rapporti umani diretti, sullo scambio di opinioni, sulle divergenze che fanno discutere animatamente come sulle condivisioni. È il principio che con parole semplici viene espresso nel Piccolo Principe: “che cosa vuol dire addomesticare?” vuol dire “creare dei legami”. Legami sociali in questo caso, e di amicizia. Oggi il nostro cammino si arricchisce di nuovi tesori, come nella poesia Itaca, Kafavis bene ci ha indicato ed io così parafraserei: …”nei paesaggi e nella storia di queste colline e vallate indugia e acquista tutta la merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta, più profumi inebrianti che puoi, come lo sono quelli delle terre d’Appennino ed impara dalle storie della gente di queste valli una quantità di cose dotte”. Cosa che ho fatto il 23 maggio, cosa che ancora farò, senza indugio!