“Scalabrini e Alganesh nel giardino dei giusti ad Akragas (Ag)”, la meraviglia di Carmelo Sciascia di trovarsi a 1500 km di distanza ed avere la sensazione di trovarsi a Piacenza

Chi oggi percorre la Via Sacra, la passeggiata archeologica tra il Tempio di Giunone e il Tempio della Concordia, nella Valle dei Templi di Agrigento, scopre un inatteso “Giardino dei Giusti del Mondo” piantato tra le rovine monumentali dell’antica Akràgas. Il Giardino è dedicato alle donne e agli uomini che in ogni tempo e in ogni luogo, hanno fatto del bene salvando vite umane, si sono battuti in favore dei diritti umani e hanno difeso la dignità della persona. Tra questi San Giovanni Battista Scalabrini (canonizzato da ottobre 2022), Vescovo a Piacenza consacrato nel 1876.

Non a tutti capita di fare un viaggio in Sicilia a novembre, mese di giornate corte, dove si fanno sentire i primi brividi invernali. Non a tutti capita di trovarsi a novembre sulla spiaggia di San Leone e dovere, anziché fare una semplice passeggiata sul litorale, nuotare nell’acqua scaldata dall’ultimo sole. Non a tutti capita di andare in Sicilia a novembre e visitare il Parco archeologico della valle dei templi. Ma sono cose, che vi assicuro, possono capitare, ne sono testimone! Ma ciò che fa più meraviglia è trovarsi a 1500 chilometri di distanza da Piacenza ed avere la sensazione di trovarsi a Piacenza. Può capitare, passeggiando, di leggere un nome, ed è come non essersi mai mossi dall’ ombelico della pianura padana.  Percorrendo, dicevo, nella valle dei templi, la via sacra che dal tempio di Giunone Lacinia porta al tempio della Concordia, ci si imbatte in un inatteso Giardino dei Giusti del Mondo. Un Giardino della Memoria, che sorge nel cuore della Valle, e che costeggia la via sacra. Un giardino che ha per sfondo gli arcosoli bizantini scavati nella cinta muraria dell’antica Akragas.  La tinta dorata della pietra calcarea delle vestigia si integra armoniosamente con il paesaggio, ancor di più si armonizzano gli arcosoli che fanno intravedere, attraverso il vuoto delle arcate, il blu del mare. Questo il contesto dove i Giusti nella valle del Parco vengono ricordati con il proprio nome e cognome ed un breve cenno biografico inciso su stele in ferro. Tra queste lastre il nome del Beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza.  Beato solo perché la lastra è stata inserita qualche anno addietro, la santità è fatto recente. Così recita la scritta che compare sulla sua targa: “Vescovo di Piacenza, nel periodo postunitario, difese con passione e determinazione i diritti e la dignità dei migranti. Colpito dalla condizione penosa di milioni di italiani che lasciavano la patria per le Americhe, fondò nel 1887 una Congregazione di Missionari e di Suore, e la Società San Raffaele, un comitato di laici che presentò in Parlamento il disegno di legge sui migranti. Viaggiò nei continenti organizzando centri di accoglienza. Unì all’azione una riflessione teorica profetica sul tema migratorio. Per questo è stato definito da Papa Giovanni Paolo II Padre ed Apostolo dei Migranti”. C’è poco da aggiungere, o molto, dipende. Ciò che non figura in questa targa ce lo testimonia benissimo il MES, il museo dell’emigrazione scalabriniano nella casa madre di Piacenza in via Torta.

L’emigrazione di allora, fine Ottocento inizio del Novecento e l’emigrazione di oggi, un tema amaro e carico di storia, una storia che ci impone più d’una riflessione. Riflessione che proprio il Giardino dei Giusti di Agrigento, per il semplice motivo di avere collocato oltre la stele del Beato Scalabrini, la lastra con inciso il nome di un personaggio meno noto, ma a noi cronologicamente più vicino, Alganesh Fessahua, ci costringe a fare. Chi era costei? Si chiederanno in molti. Anche in questo caso anziché dilungarci, in maniera sintetica ci viene in aiuto la tavola sinottica della lapide: “Attivista di origine eritrea per i diritti umani, cittadina italiana e del mondo, ha scelto di stare in prima linea per soccorrere e salvare i migranti che affrontano i viaggi della disperazione in fuga dalle guerre, dalla fame, dalla violenza. Ha lottato contro i trafficanti di esseri umani nel Sinai, in Sudan, in Libia. Ha organizzato corridoi umanitari e non esita a mettere a rischio la propria vita per salvare e dare voce alle tante vittime del mare e del deserto”.

Nomi che si trovano incisi su lastre di ferro così come per caso, come pietre di inciampo, che ci impongono di fermarci, fermarci per riflettere. Si ha, trovandosi ad Agrigento, la sensazione di essere a Piacenza. Anzi no! Si la netta percezione di essere cittadini del mondo, di far parte non di una nazione ma dell’intera umanità. Mons. Scalabrini è una presenza costante che con l’opera missionaria, dalla casa madre di Piacenza, si irradia nei continenti. Così come Alganesh è diventata un simbolo nel mondo per il soccorso prestato agli eritrei come a tutti gli immigrati d’Africa. Lampedusa, porta d’Europa, conosce le tragedie che arrivano dal mare, ed è riconoscente a chi, come Alganesh, in più occasioni è accorsa a portare aiuto ai migranti.

Ad Agrigento, in questo giardino, sono state collocate lo stesso anno le stele di mons. Scalabrini e di Alganesh su iniziativa dell’Accademia di Studi Mediterranei. Presente c’era, quando si scoprirono questi ceppi, un noto scalabriniano, nominato da poco cardinale da Papa Francesco, mons. Silvano Maria Tomasi. Questa la frase pronunciata all’inaugurazione: “E’ un momento di speranza e di fiducia nel futuroPartendo dall’esempio di tante persone che hanno impegnato la loro vita per gli altri o addirittura sono morte per compiere il loro dovere abbiamo l‘impulso a continuare su questa strada, a servizio per il Paese”.  Dobbiamo avere l’impulso a continuare su questa strada proprio perché la storia dell’emigrazione moderna può essere compresa tra questi due nomi. Mons. Scalabrini che rappresenta la storia di chi assiste gli emigranti in altri continenti, va cioè dall’Italia all’estero cercando di mantenere vivo il legame culturale e religioso con la propria terra e rappresenta l’emigrazione italiana di fine Ottocento e primo Novecento. Alganesh che va direttamente nei luoghi d’emigrazione per salvare vite umane, dalla fame, dalla guerra, dai trafficanti di esseri umani, per salvarli dal deserto e dal mare.

Gli arcosoli scavati nelle mura dell’antica acropoli che fanno intravedere, attraverso il vuoto delle arcate, il blu del mare, rimandano ai tanti naufraghi che non hanno avuto la fortuna di avere un loro “solium”, ma come sarcofago l’acqua salata del mare. Guardiamo il vuoto delle arcate dagli arcosoli e vediamo il mare, un mare percorso da rotte conosciute e sconosciute, rotte di speranze, di vite precarie, di uomini e donne che rischiano ed affrontano la morte perché non possono, anche volendo, ritornare più a casa. Ma io, oggi faccio il bagno, all’ultimo sole autunnale, sono cose che possono capitare, ne sono testimone!  Il mare è azzurro e l’Africa è lontana… Da Agrigento, da Piacenza!

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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