“Quella sconfitta cambia la storia”, introduzione a cura di Gianluca Zilocchi, segretario CGIL di Piacenza, al libro “Nelle fauci degl’Agnelli” che riflette su passato (lo sciopero di 35 giorni del 1980 contro la decisione di licenziamenti da parte Fiat), sul presente, sul futuro dei lavoratori

Gian Luca Zilocchi, segretario generale della Camera del Lavoro di Piacenza insieme ad Antonio Mosti, protagonista negli anni quando il cambiamento sociale a favore dei lavoratori sembrava a portata di mano, e all’autore del libro-testimonianza “Nelle fauci degl’Agnelli” Claudio Arzani, martedì 10 agosto saranno presenti alle 21.45 alla Settimana della Letteratura promossa dal Comune di Bobbio e da Pontegobbo edizioni per la presentazione del libro e per un confronto sulle prospettive del mondo del lavoro: la classe operaia e dei lavoratori può ancora ambire al Paradiso, credere nel sorgere del sol dell’Avvenire?

Il grande merito del lavoro di Claudio Arzani, lucido e critico
testimone di una stagione decisiva nella storia del movimento
operaio e del Paese tutto, è quello di riuscire a raccontare una
storia personale, la sua, collocandola in un più ampio racconto
collettivo che, attraverso vent’anni di eventi, chiude un periodo di
grandi lotte e conquiste e ne apre uno nuovo, fatto di arretramenti
e di rinunce.
È sì, quindi, la storia di un uomo, ma è la Storia di una

generazione intera, di un pensiero, di un agire comune, di un
senso di appartenenza che si dipana attraverso gli anni delle lotte
del ‘68, e poi gli anni del terrorismo, della strategia della tensione,
e che con il tempo diventerà individualismo e assumerà il sapore
sempre più amaro della sconfitta collettiva, anticipata in modo
emblematico dalla vicenda Fiat.
Non è, quella, “solo” una sconfitta sindacale, seppur pesante,
ma un passaggio cruciale della nostra storia recente, una svolta

netta e radicale che segna un cambiamento (definitivo?) in
peggio nell’organizzazione dei processi produttivi, nelle relazioni
industriali, nei modelli contrattuali. Nei rapporti di forza.
Una trasformazione repentina del modello sociale che rovescia
il paradigma intorno al quale il pensiero di sinistra si era articolato
e che riconsegna al capitale la chiave del governo unico e totale
del lavoro.
Non è un caso che è proprio da lì che parte il processo, tuttora
non arrestato, di allontanamento della politica dai temi del lavoro, i
cui effetti sulle dinamiche sociali del Paese si fanno sentire ancora.
Ma è anche una storia attuale perché, appunto, ci consegna oggi

una serie di criticità e di sfide da affrontare che hanno dei tratti di
continuità con le vicende raccontate nel testo, a partire dai temi della
democrazia nei posti di lavoro e della necessità di un intervento
legislativo sulla questione della rappresentanza. Pesare l’effettivo
grado di rappresentatività delle Organizzazioni Sindacali, anche
datoriali, e garantire regole certe per la gestione della contrattazione
e della misurazione del consenso dei lavoratori intorno ai risultati
prodotti è, oggi più che mai, lo strumento migliore per garantire
democrazia reale ed evitare che il costo del lavoro non venga
utilizzato come leva su cui agire in funzione del profitto.
Ancora di più, però, gli effetti più devastanti delle trasformazioni
avvenute riguardano la sempre più violenta destrutturazione dei
processi produttivi e la progressiva destrutturazione del mercato
del lavoro, con il moltiplicarsi di forme precarie di lavoro, di
aumento di falso lavoro autonomo e con il venire meno di tutele
e garanzie per i lavoratori di cui la cancellazione dell’art. 18 è solo
la parte più in evidenza.
Il mondo del lavoro oggi è costituito da un esercito di
persone, spesso giovani, che convivono quotidianamente con una
precarietà che è sociale ancor prima che lavorativa, e che parla
di difficoltà a garantirsi una condizione dignitosa con il proprio
impiego sottoutilizzato, sottopagato, anche a causa di forme di
attività part time che sono spesso involontarie, imposte cioè dal
mercato e non da scelte individuali.
La difficoltà a inserirsi nei modelli di protezione sociale, il
sentirsi emarginati, esclusi, non considerati da un sistema che
ti vuole efficiente e autosufficiente, non fa altro che creare
rabbia e sfiducia, producendo effetti con i quali siamo ormai
quotidianamente chiamati a fare i conti.
Ed è questa quindi la battaglia più grande che il Sindacato
oggi deve compiere, l’eredità pesante che gli anni raccontati nel
libro e nelle vicende degli anni successivi ci consegnano, con
l’obbligo morale di sapere che non è più rinviabile il momento
per affrontare questa sfida , quella cioè di rimettere al centro le
persone, le loro condizioni materiali e lavorative quotidiane, il
controllo dell’organizzazione del lavoro, invertire quel processo
di frammentazione e di segmentazione riportando a unicità di
rappresentanza le persone partendo dal tema fondamentale dei
diritti.
Occorre creare una base solida di diritti che devono
essere considerati universali per tutti coloro che lavorano,
indipendentemente dalla loro tipologia contrattuale, e che
affrontano i temi della malattia e della sicurezza, della formazione,
della previdenza, della retribuzione, dell’accesso a tutele e sistemi
di protezione.
Una vera e propria Carta dei Diritti Universali del lavoro, unita
a una strategia contrattuale e a una nuova modalità organizzativa
del Sindacato che siano in grado di ricomporre ciò che il capitale
ha parcellizzato, affrontando compiutamente il tema degli appalti,
delle esternalizzazioni e delle troppe precarietà, sono i compiti
che la Storia ci ha assegnato, e sarà ancora una volta lei, la Storia,
a dirci se saremo stati all’altezza.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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