“Nelle fauci degl’Agnelli”. Sabato 28 a Cerignale, Massimo Castelli, Sindaco, dialoga con l’autore Claudio Arzani: i lavoratori possono ancora ambire al Paradiso?

Quando Piacenza si classifica al 307° posto per l’inquinamento dell’aria che respiriamo tra centinaia di migliaia di Comuni europei, quando le aziende (che prendono finanziamenti dallo Stato) il giorno dopo in piena e assoluta libertà delocalizzano all’estero oppure licenziano lavoratori via WhatsApp senza alcuna remora di etica sociale, se il governo cerca di porre dei limiti e il Presidente di Confindustria insorge nel nome della liberalizzazione totale nell’azione industriale, allora qualcosa non funziona nel nostro modello di sviluppo. Per fortuna esiste Cerignale che, sia pure nel suo essere “piccolo” Comune dell’alto Appennino ligure-emiliano distante 80 km da Genova e 65 da Piacenza, ci indica una via di civiltà possibile, un futuro basato sul diritto alla salute e al rispetto delle persone, a partire da chi lavora. Per questo realizzato messaggio – un insieme di fatti concreti – di un Paradiso possibile dobbiamo ringraziare l’impegno e la fantasia del Sindaco, Massimo Castelli col quale sabato avrò l’onore di entrare a confronto per la presentazione del mio ultimo libro partecipando alla chiusura della stagione estiva ricca di iniziative culturali capaci di portare centinaia di persone ai 750 m s.l.m., tra case di sasso, acqua che scorre tra le strade del villaggio, fontane e soprattutto aria pulita. Una diversa qualità della vita che é possibile. Nell’occasione ripropongo in Arzyncampo un articolo pubblicato sul Corrierone a firma Giangiacomo Schiavi. Buona lettura e, per chi affronterà la stupenda Route SS45 di Val Trebbia per non mancare all’appuntamento di sabato … buon viaggio e buon divertimento, senza dimenticare di mettere in programma una sosta all’Albergo del Pino per gustare le prelibatezze della Signora Teresa.

Massimo Castelli: «Sono il sindaco di un milione di alberi»

Massimo Castelli: «Sono il sindaco di un milione di alberi»

La sua Cerignale sui Colli piacentini conta 122 abitanti e un’area di verde sconfinata. Gli ingredienti della ricetta che sta riportando i giovani nel paese sono: economia circolare, forno comune, giornale pagato agli anziani per non perdere il postino

di Giangiacomo Schiavi (articolo tratto da Corriere della Sera – clicca qui – )

Cerignale, abitanti 122, alberi un milione. La natura generosa nella sua abbondanza spiazza la statistica e il sindaco Massimo Castelli può rivendicare con orgoglio un primato, rovesciando i numeri che condannano un piccolo comune dell’Appennino a una difficile sopravvivenza: troppi vecchi, niente lavoro, un solo negozio, il bar che resiste con il ristorante, la fatica di tenere insieme una comunità di valori antichi ma di salute precaria. «La città ha gli abitanti, io ho gli alberi. Sono anche il sindaco di un milione di alberi». Nell’Italia che insegue il green deal e semina piante c’è un tesoro ignorato e calpestato che la pandemia ha fatto riscoprire. Fatto da borghi e Comuni tenuti per anni ai margini dello sviluppo, svuotati di servizi, poveri di risorse, lontani dai radar dell’innovazione. Spazi senza persone dove boschi e foreste si allargano tracciando nuovi confini. Riserve d’ossigeno. Luoghi che nel 2020, anno internazionale delle piante ma anche del Covid, hanno avuto la prima rivincita sulla storia.

Fantasia creativa

Cerignale, in provincia di Piacenza, è uno di questi. Un bricco isolato tra Emilia e Liguria lungo la Valtrebbia che porta a Genova, animato dalla fantasia creativa di un sindaco capace di presentarsi alla Camera dei deputati con il lutto al braccio perché ogni giorno nell’Italia minore c’è un paesino che muore. «Siamo il salvadanaio del futuro – dice – e meno male che qualcuno se ne accorge. L’Appennino è una risorsa, uno spazio importante per la green economy e per una nuova occupazione in equilibrio con la natura». Oggi tornano i giovani, racconta il sindaco Castelli: «Sono loro i nostri pionieri». E si cominciano a tessere rapporti con le città «perché le nuove generazioni sono in cerca di una felicità senza fiction, di luoghi da vivere con l’aiuto della rete, senza sentirsi distaccati dal resto del mondo».

Gli alberi e il verde in Valtrebbia sono un museo vivente per reimparare a vivere, direbbe il sociologo Edgar Morin: non c’è niente da seminare o da inventare. Fanno parte di un paesaggio che offre risposte alla crisi pandemica e a quella climatica, ma hanno bisogno urgente di cura e di attenzione. Come la montagna. «Il bosco abbandonato è un disastro – spiega Castelli- e va governato come si faceva un tempo, quando dipendevamo dalla natura e ne facevamo parte. Oggi vanno ricostruiti i legami con le terre marginali, ma soprattutto bisogna ricreare condizioni di vita e di lavoro in questi luoghi. Noi siamo un po’ come i congolesi: quello che c’era di buono se lo sono presi gli altri».

Di sottrazione in sottrazione, Cerignale ha perso negli anni funzioni e abitanti. Si è allargato il bosco e sono diminuiti i bambini. I quattro rimasti si alzano all’alba per andare a Bobbio o a Ottone, la vecchia scuola è in disuso da tempo. I settecento residenti degli Anni 60 oggi sono nonni o anziani soli. «La logica spietata dei numeri – racconta il sindaco – è stata questa: meno abitanti uguale a meno servizi, meno servizi uguale a meno abitanti. Nel triangolo industriale serviva manodopera, così davano i contributi a chi vendeva il bestiame». Castelli ha 58 anni, la faccia da tupamaro buono e l’entusiamo di un ragazzino che insegue gli aquiloni: è sindaco per la sinistra da dodici anni e si batte per i piccoli Comuni di cui è diventato coordinatore nazionale. Sollecita una fiscalità di vantaggio per le imprese che non delocalizzano e semplificazioni burocratiche per chi ristruttura e crea occupazione. «Tutela e manutenzione dei territori rendono più degli interventi necessari dopo un’emergenza. Ma anche il turismo per crescere necessita di paesaggi curati, decoro, servizi alla persona. La domanda dei nuovi stili di vita può creare un mercato, ma ci vuole una strategia per il futuro».

Da sindaco a Cerignale si è inventato di tutto per evitare la lenta eutanasia all’Appennino che muore. Offre spazi agli artisti, crea incontri letterari, chiede aiuto a Slow food per un presidio sulle tipicità e pensa, come Carlin Petrini, che il benessere a monte crea benessere anche a valle. L’unico negozio di alimentari l’ha fatto diventare un’impresa sociale: è il riferimento per tutti, come l’ufficio dello sceriffo nel Far West. Per non perdere il servizio postale, cinque anni fa, ha inventato un compito speciale per il portalettere: la consegna del giornale. «La popolazione è anziana e spesso senza rete parentale – spiega – così ho fatto l’abbonamento a chi vive solo nelle frazioni isolate. Il postino consegna e controlla se tutto va bene».

Cerignale: un borgo tra tradizioni e futuro | L'Emilia dei bambini
I vicoli del paese

Il bar-ristorante gestito dalla madre novantenne, specialista in tagliolini ai funghi e pini, la pasta della povera gente, resta aperto anche d’inverno. «Quattro caffè e un grappino al giorno quando va bene», dice il sindaco. Non si può chiudere, anche se il fisco poi ti fa i conti in tasca e ti tratta come il gioielliere di Montenapoleone. Nella piazzetta ci sono un lavatoio comune e un forno in condivisione per pane e pizza, basta prenotare giorno e ora: «Con la stessa quantità di legna e acqua si fanno più cose e si risparmia». Una volta il sindaco, per riattivare l’allevamento e scongiurare la scomparsa della razza ottonese, ha proposto l’adozione a distanza delle mucche: duecento euro e diventavi proprietario. Gli hanno risposto da tutta Italia ma è andata buca: nessuno disposto a gestire l’operazione. «Certe attività e capacità imprenditoriali sono tutte da reinventare».

Effetto magico

Con gli alberi l’altra abbondanza a Cerignale è l’acqua. Chiuse le stalle e abbandonati i mulini è rimasta l’eccedenza. Pronti: si fa energia. «Con la centrale idroelettrica produciamo più energia di quanta ne consumiamo, meglio del protocollo di Kyoto». Quella che avanza, d’estate il sindaco la fa correre nei canali scavati di fianco alle case. Un architetto geniale, Davide Groppi, compasso d’oro per le lampade ergonomiche, ha suggerito di eliminare i lampioni e illuminare i muri di sasso. L’effetto di sera è magico, elimina ogni inquinamento visivo nelle notti stellate d’agosto. Qualcosa oggi si muove, e gli alberi di Cerignale diventano la metafora di come si può percorrere il dislivello tra territorio e città. Ecco L’Emilia Romagna che lancia un grande piano per la forestazione da Rimini alla Valtrebbia, quattro milioni di nuove piante, informa il presidente Bonaccini. Si torna ai fondamentali del monaco Colombano, che dall’Irlanda arrivo a Bobbio nel 614 per costruire un grande monastero tra i boschi e il fiume Trebbia: la civiltà della terra e quella dei libri, l’Europa cristiana che unisce i popoli e si affida alla natura.

Nel nuovo mondo delocalizzato il passato può essere un aiuto per il futuro, per una valle «dove a ogni svolta / la sorpresa / sovrasta l’attesa», come scrive il poeta Caproni. Ma servono infrastrutture digitali e nuove professioni, «giardinieri di un altro benessere», ricorda Castelli. Come Giovanna Zucconi, che l’estate scorsa a Cerignale ha portato aromi e fragranze di lavanda, raccontando la sua storia di cittadina che ha scelto l’Appennino per lavorare e vivere. O come Ludovico Del Vecchio, che al festival Transumanze ha presentato un green thriller sul movimento delle foglie intitolato «La compagnia delle piante». Il sindaco Castelli l’ha letto e si è adeguato, la scrivania per un giorno l’ha portata nel bosco, dove gli alberi sono anche loro cittadini: non votano, ma indicano la via per un futuro sostenibile.

Cerignale | Emilia Romagna Turismo

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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