Domenica 25 luglio “Nelle fauci degl’Agnelli” a Monticelli d’Ongina, confronto con Mario Miti, Presidente sezione ANPI

Nelle fauci degl’Agnelli” (Pontegobbo edizioni) , il mio libro di testimonianza rimasto impigliato nelle strette maglie del Covid 19 e dei diversi DPCM che, da novembre a giugno, hanno vietato le manifestazioni culturali al chiuso, comprese mostre e presentazioni di libri. Ma finalmente, arrivata l’estate, diminuita e limitata l’emergenza sanitaria, domenica 25 luglio per iniziativa del Comune di Monticelli d’Ongina, della Biblioteca, dell’associazione Amici del Po, sarò a pochi passi dal Grande Placido Fiume a confronto con Mario Miti, Presidente dell’ANPI di Monticelli conversando dei contenuti del libro e delle prospettive future del mondo del lavoro per poi, alle 20.00 circa, trasferirci nel vicino spazio allestito dall’Associazione per servire la “pastasciutta di Alcide Cervi” ma, di questo, parleremo nei prossimi giorni. Ritorniamo dunque ai contenuti del libro che saranno oggetto del confronto con Mario Miti. C’era stato il ’68, la crescita civile degli anni ’70, il Movimento del ’77, i sogni degli indiani metropolitani, la fantasia al potere, operai e studenti uniti nella lotta per un mondo diverso, più equo, di pace, giustizia, rispetto ambientale. Invece, il 18 marzo del 1978 “Furia cavallo del West” (simbolo soprattutto del Movimento giovanile progressista), viene azzoppato dal sistema con il rapimento e il successivo assassinio di Aldo Moro. Cambiò tutto. I signori della grande industria, con la Fiat degli Agnelli in prima fila che avviò una politica di licenziamenti e di delocalizzazione di alcune linee di produzione all’estero, nei Paesi dove il costo del lavoro rasentava livelli di sfruttamento dei lavoratori da ‘800. Una politica alla quale sindacato e lavoratori risposero con un lungo sciopero durato 37 giorni, compresa la minaccia di occupazione di Mirafiori con l’appoggio del PCI di Enrico Berlinguer. I casi sono due, disse Giorgio Benvenuto, leader socialista della UIL, “o la resa della Fiat oppure la Fiat si arrende“. Sembrava che la sconfitta di quel padronato industriale fosse nei fatti, nella logica della politica, nella sensibilità degli italiani a tutte le latitudini (Piacenza compresa) ma non fu così: gli Agnelli erano lupi e gli operai… licenziati a migliaia negli anni a seguire, compresi quanti, dirigenti, capetti, impiegati, si erano schierati dalla parte della proprietà con la famosa “marcia dei 40mila“. Fu una sconfitta epocale, per il sindacato e per il movimento dei lavoratori: i dipendenti Fiat erano nel nostro Paese 135mila, oggi sono ridotti a meno di 50mila! Il mio libro testimonianza (che comprende la prefazione di Gianluca Zilocchi, segretario generale della Camera del Lavoro piacentina), commenta quei fatti e prosegue con “racconti ora in prosa, ora in versi” ricordando i successivi anni del riflusso, della crisi delle ideologie, delle tendenze al governo della cosa pubblica dell’uomo solo al comando sul quale accentrare il massimo dei poteri esecutivi. Esattamente l’opposto di quanto sostenuto negli anni della partecipazione diffusa, di un modello di società basato sulla capacità dei lavoratori di elaborare un forte progetto di sviluppo equo e solidale. Sogni che oggi sembrano sepolti come ben sintetizza l’illustrazione di copertina del libro realizzata da Edoardo: un gruppo di lavoratori di fronte ad una lapide con la scritta “Qui giace un sogno“. Dunque la classe dei lavoratori non ambisce più al Paradiso e comunque continua a mangiare pasta e fagioli? Niente affatto, conclude il libro, “inevitabilmente la direzione, la prospettiva è ancora quella di un futuro che garantisca la distribuzione della ricchezza per un equo soddisfacimento dei bisogni prima di pensare al successivo soddisfacimento del merito, riducendo innanzitutto la forbice tra ricchezza e povertà“.

Pubblicato da arzyncampo

14 febbraio 1954, bassa pianura emiliana, Fiorenzuola d'Arda, quell'era le debut. Oggi vivo e lavoro a Piacenza. Giornalista pubblicista, il destino ha voluto mi impegnassi in tuttaltro campo, al servizio dei cittadini nella sanità pubblica. Tuttavia scrivere, per me, é vitale, divertente, essenziale, un mezzo per esprimere la mia presenza nel mondo e dir la mia. Così dal giornalismo sono passato, per passione e non per lavoro, alla poesia, alla narrativa, ai resoconti, agli appunti ovunque e su tutto, fino alla scoperta del blog. Basta scrivere, appunto, per dire di aver qualcosa da dire alla gente di questo nostro mondo. Fin quando avrò una penna, ci sarò.

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