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“Il commento alla proiezione del film di Fabrizio pubblicato su Libertà, quotidiano di Piacenza, edizione di mercoledi 21 aprile 2010” |
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Giovedì scorso, nella sala parrocchiale di San Giorgio, ho assistito alla prima del film “Madre”, un buon lavoro di Fabrizio Arzani: la sua seconda impresa cinematografica con cui conferma di saper usare con talento la macchina da presa. Belle le immagini, bella l’interpretazione della giovane attrice, bello il lavoro di gruppo che, pure nella modestia dei mezzi economici disponibili, ha reso con efficace drammaticità il sentire d’una ragazza che le circostanze della vita hanno costretto ad abortire.
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E’ un lavoro forte, che bene ha espresso il sentimento di Fabrizio su un tema attuale qual’è l’interruzione volontaria della gravidanza: né di approvazione, né di condanna, ma di comprensione del tormento che accompagna una donna che deve forzatamente scegliere di rinunciare alla maternità. Forse sarebbe stato opportuno indagare più profondamente le ragioni che portano ad un gesto così disperato: quella proposta da Fabrizio è una delle tante possibili, ovviamente non l’unica. Ma mi è parsa una ragione un po’ condizionata da dubbi adolescenziali, che denunciano l’ancor tenera età dell’autore (beato lui) e forse anche un qualche condizionamento etico sull’incontro sessuale di due ragazzi.
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Unico limite, il tentativo di suggestionare con l’uovo che perde sangue che mi è parso una forzatura eccessivamente didascalica e un tentativo di imporre, da parte del regista/autore, il suo sentire: uno stimolo moralista, che forse poteva essere evitato.
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Ritengo comunque che “Madre” sia un film da vedere perché é un film che fa pensare col suo linguaggio moderno, con la sua capacità di creare un equilibrio tra etos e pathos proposto da un autore giovane che parla soprattutto ai giovani. Anche se giovane non sono più, anch’io ho provato emozioni forti e una grande invidia per quel ragazzone barbuto che, poco più che adolescente, sa così bene comunicare. E uso la parola comunicare nella sua accezione etimologica: mettere in comune sentimenti ed emozioni con l’obiettivo di socializzare un problema a cui ognuno darà la sua risposta. E qualunque sia, sarà la risposta giusta, perché, come bene ha evidenziato Fabrizio, l’aborto non è un problema sociale, ma resta problema solo di un individuo o, al massimo, di una diade, che si nega la possibilità di far nascere un figlio.
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Bravo Fabrizio. A quando il prossimo?
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