Le elezioni politiche italiane del 1919, che per la prima volta utilizzavano il sistema proporzionale, videro una forte affermazione del Partito socialista italiano che riscosse il 32,4% dei voti, mentre il Partito popolare ebbe il 20,6%; la maggioranza dei voti andò così ai due partiti di massa, mentre le varie liste liberali e liberaldemocratiche (che fino ad allora avevano dominato il parlamento italiano post-unitario) per la prima volta persero la maggioranza dei seggi alla Camera. Le liste di ex combattenti (presenti in diciotto collegi) ottennero il 3,37% del totale dei voti; i fascisti non ebbero nessun parlamentare eletto. I vari governi liberali che si succedettero fra il novembre 1919 e l’ottobre 1922 poterono reggersi solo grazie all’appoggio esterno del Partito Popolare.
La scelta “eversiva” fatta dal Partito Socialista Italiano con l’affermazione dei massimalisti (a partire da Amedeo Bordiga che al Congresso bolognese aveva proposto il cambio del nome in Partito Comunista), e la contestazione alle istituzioni lo poneva automaticamente all’opposizione senza possibilità di stabilire alleanze con gli altri partiti bollati come “borghesi” annullando di fatto il grande successo elettorale e scontentava parte dell’elettorato che desiderava imprimere un cambiamento nella politica nazionale.
Fonte: Wikipedia